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notizia del 20/05/2012 messa in rete alle 17:55:05
Colpevoli tutti
febbraio 2011, ad accordo firmato a Roma e benedetto a Palermo, affollano gli studi di Canale 10 – trasmissione Agorà, condotta da Franco Gallo e di cui se ne risente fortemente la sospensione (un peccato!) – sindacalisti, amministratori e parlamentari di casa nostra. Ognuno difende il proprio recinto, ma nessuno ammetterà che quell’accordo, conveniente solo per il colosso petrolchimico, era passato sulla testa del nostro territorio. Faranno tutti o quasi una figuraccia.
Ricordo che il collega Gallo mi chiamò in diretta telefonica per dire la mia. Non ebbi difficoltà a criticare duramente l’atteggiamento di chi difendeva quell’accordo scellerato, che qualcuno si azzardò a salutarlo come il toccasana per il rilancio e lo sviluppo dell’economia gelese, spacciando le “concessioni” che l’Eni si era impegnata a fare come una conquista per il territorio, quando invece altro non erano che interventi imposti da leggi e sentenze, tra cui la bonifica dei serbatoi e di alcune aree inquinate.
Ci vollero cadere tutti, non si sa per quale recondito motivo. In cambio, la regione si impegnò a rinnovare le licenze per le estrazioni petrolifere e ad accelerare le autorizzazioni per fantomatici investimenti. Anzi di più, c’era pronto sul piatto da offrire all’Eni anche il rinnovo della concessione per l’utilizzo pluridecennale del porto industriale.
La trappola, insomma, era stata ben tesa. Ricordo con quanta difficoltà l’on. Federico, a quel tempo ancora col doppio incarico di presidente della provincia e deputato all’Ars (del partito del governatore Lombardo) tentò di difendere quell’accordo che – disse – era stato molto comveniente per il territorio.
La stessa difficoltà Federico l’ha mostrata in Consiglio, quando è dovuto intervenire dopo Crocetta, Donegani e Speziale.
Ma partiamo da Crocetta. Ecco sostanzialmente cosa ha detto l’europarlamentare.
«La posizione dell’Eni così come l’ha assunta è inaccettabile. E’ una strategia di un abbandono rapido. Una sorta di ricatto per farsi classificare il Pet-coke come combustibile, mai riconosciuto dall’Unione europea. Altro che vertenza, ci vuole una rivolta, chiamando a raccolta sindaci e consigli comunali dei territori che sono stati intossicati».
A seguire, Miguel Donegani, il primo dei tre parlamentari all’Ars a parlare.
«L’Eni snobba la classe politica e le istituzioni locali e lo ha dimostrato in occasione di quell’accordo di Roma e Palermo. Occorre aprire una vertenza forte e costituire una commissione per monitorare tutto quello che succederà da domani in poi».
Lillo Speziale ha parlato della necessità di tutelare i lavoratori.
«Devo ricordare che quell’accordo fu siglato senza un’ora di sciopero. Insomma, si fece passare tutto sotto silenzio. E questo non va bene. Ci sono state debolezza e subalternità rispetto al progetto dell’Eni. Si deve ora trovare un modo come riconnettere il tessuto lavorativo».
E infine, Federico: «Rendiamoci conto che siamo in una fase difficile. Difendo il governo regionale perchè si sono firmati due protocolli autorizzativi che dovrebbero favorire lo sviluppo del territorio. La regione ha fatto la sua parte. Le bonifiche competono al ministero dell’Ambiente, non alla regione. Chiediamo piuttosto dati certi per l’occupazione e gli investimenti».
Insomma, la politica, come i sindacati, cerca di darsi ragione. Resta il colpevole silenzio dell’una e degli altri in tutti questi mesi, sapendo che l’allarme occupazione sarebbe prima o poi scoppiato.
Autore : Rocco Cerro
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