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notizia del 09/09/2005 messa in rete alle 17:50:05
Storia di straordinaria onestà
Il telefono cellulare, comunemente chiamato “telefonino”, è la croce e delizia dei nostri giorni: In pochi anni il suo uso si è diffuso a tal punto che ormai viene ragalato ai bambini di otto anni o giù di lì. Di questo oggetto si danno giudizi di vario genere: c’è chi sostiene che, soprattutto per i più giovani, serva a parlare di cose futili; c’è chi pone l’attenzione a come l’uso del telefonino impedisca i rapporti diretti tra le persone; c’è chi (ed io tra questi) critica l’uso esagerato che se ne fa, ricordando che l’educazione vorrebbe che fosse spento in chiesa, al teatro, al ristorante.
Un servizio televisivo di qualche giorno fa ci comunicava che nelle spiagge italiane, da nord a sud, il telefonino è stato l’oggetto più apprezzato dai ladri che circolano tra gli ombrelloni, così che in un paio di mesi migliaia di questi “aggeggi” hanno cambiato proprietario.
A Gela, invece, è accaduta una vicenda che vale la pena di raccontare, una vicenda “politicamente corretta”, come di più non si può (e questa settimana va a farsi benedire il titolo di questa rubrica).
La vicenda si svolge in un’azienda della zona industriale, dove viene trovato, dopo una affollata riunione, un telefonino.
L’operaio che lo trova non se ne appropria, ma lo consegna al caporeparto, suo diretto superiore. Anche il caporeparto, dopo avere tentato di trovare il proprietario, correttamente consegna il telefonino al proprio dirigente, il quale, nel tentativo di dipanare la matassa, telefona al gestore telefonico competente.
L’addetto dell’azienda telefonica, per ovvi motivi di riservatezza, rifiuta di dare il nominativo della persona a cui è intestata la scheda, e occorrono tutta la tenacia e la forza di convinzione del dirigente per far sì che, alla fine, vengano forniti i dati richiesti.
A questo punto il dirigente telefona all’intestatario della scheda per comunicargli il ritrovamento del telefonino, ma – colpo di scena! – si sente rispondere che non è stato perso alcun telefonino.
Il telefonino è ancora senza proprietario, ma ben quattro persone (l’operaio, il caporeparto, il dirigente e l’intestatario della scheda) che avrebbero potuto appropriarsene, vi hanno rinunciato e, con grande senso civico, con onestà e correttezza, hanno rifiutato di appropriarsi di qualcosa che non è di loro proprietà.
Queste quattro persone sono tutte di Gela, di questa nostra città famosa in Europa per la mafia e la delinquenza, per il racket e l’usura, per i ragazzi di quindici anni con la pistola in tasca, per gli attentati incendiari con cadenza giornaliera.
Queste quattro persone sono, nella piccolezza di questa storia che ho raccontato, la dimostrazione che c’è a Gela, a dispetto dei luoghi comuni, un tessuto ancora sano, onesto, su cui innestare la crescita delle nuove generazioni, già educate fin dalle scuole primarie a ribellarsi alle sopraffazioni e a comportarsi con correttezza. E nella piccolezza di questa storia c’è la grandezza di questa città, e la speranza in un futuro migliore.
Giulio Cordaro
Autore : Giulio Cordaro
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