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notizia del 06/10/2012 messa in rete alle 17:24:48
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Difendiamo il campanile!
Il panorama che ad oggi tutti i sondaggi sembrano prospettare è che domenica 28 ottobre 2012 molti elettori siciliani non andranno a votare per le elezioni del presidente della Regione Siciliana e dei 90 deputati all'Ars. Si lascerebbe così facendo, ampia libertà di campo ed un margine apertissimo al voto strutturato, specie nella sua variante clientelare: il che, giusto da parte di coloro che si asterranno perché a loro modo disgustati, rappresenterebbe una visibile concessione al paradosso. A meno che, in particolare contesti, i cittadini aventi diritto al voto decidano comunque di esercitarlo, ispirati dall'unica idea che può ancora, benché minimamente, affascinarli: il “campanile”.
Attualmente si stima che l'astensionismo non scenda al di sotto del 45%. Sopra può anche darsi, sotto no. Vedremo fra meno di un mese. Ma se ciò fosse confermato dalle urne, condivisibile o meno, non potrebbe però destare stupore, neanche la minima sorpresa. Basti pensare che nell'ultima legislatura i siciliani hanno visto governare tutti, ma proprio tutti. Un qualcosa, per certi versi, assai facilitato dallo stesso esito elettorale del 2008: all'indomani del voto, di fatto, l'unico partito all'opposizione era il Pd. Se al terzo tentativo ci furono le prove generali con il sostegno sulle riform”, nel Lombardo Quater i democratici ci entrarono con tutte le scarpe e ben 3 (pseudo tecnici) assessori di riferimento in giunta. Come si può, a fronte di ciò, pretendere dall'elettore la formulazione – attraverso la preferenza – di una valutazione ponderata sull'operato di questo o di quello, in una situazione cioè in cui partiti di maggioranza e partiti di opposizione si sono avvicendati nei ruoli a seconda delle, oramai solo esilaranti, congiunture tecnico-politiche del caso? E quando, poi, da un palco prometti posti di lavoro e ricevi fischi in cambio, da gente che alla fine della fiera legge e sente parlare in giro di default, a prescindere se solo presunto o vero, significa allora che il clima generale è definitivamente cambiato.
La politica insomma ha esaurito i bonus, anche sull'argomento più sensibile, qual è appunto la disoccupazione, in una terra così martoriata. Gli unici argomenti che, semmai, continuano a fare breccia sono proprio quelli contro la casta ed i suoi privilegi. Qualche personaggio, impavido, lancia pure alcune proposte, ma la ricezione (anche involontaria e/o accessoria) nella cosiddetta opinione pubblica è flebile. D'altro canto, il dato di fatto è che nelle tre realtà metropolitane così come nei più grossi centri urbani dell'isola, si contano numerosi candidati con rispettivi seguiti, anche in termini di curiosità.
Gela, sesta città siciliana da un punto di vista demografico, non si sottrae a questa tendenza. Ancor più in questa tornata elettorale regionale, giacché oltre ai suoi 12 “gladiatori” disposti a scendere nell'arena, può vantare financo un “cesare” che ambisce a guidare l'isola. Infatti, se la candidatura di Rosario Crocetta è una storica - almeno idealisticamente (e, plausibilmente, non solo idealisticamente) - occasione per la città, parimenti lo è decisamente – e quantomeno pragmaticamente - per la dozzina di aspiranti all'Ars.
Senza girarci troppo intorno, qualora Gela dovesse tradurre questo appuntamento elettorale in una sorta di «referendum» che promuova o bocci Crocetta (compreso voto disgiunto a beneficio o svantaggio), la città avrà fatto il proprio gioco e quello dei “suoi” candidati all'Ars nelle liste provinciali che concorrono ai 4 seggi ripartiti al collegio nisseno. Pro o contro la candidatura di Crocetta, è comunque interesse della stragrande maggioranza dei candidati gelesi all'Assemblea regionale siciliana spingere i propri concittadini ad entrare nelle cabine elettorali ed esprimersi nel merito. La presenza di un candidato gelese nella corsa a Palazzo d'Orleans, è giocoforza una chance ineludibile, a disposizione dei candidati gelesi a Palazzo dei Normanni: “localizzare” il voto regionale, cioè radicalizzarlo nella dimensione locale, avvicinerebbe tendenzialmente l'affluenza per quanto possibile ai dati delle amministrative del 2010 che vide (al 1° turno) 45.970 votanti (70,81 percento), ossia oltre 8 mila in più rispetto ai 37.916 delle regionali del 2008 (59,2 percento), per un “surplus” pari ad un +11,61 in termini percentuali.
Certo, nelle due elezioni precedenti considerate (2010 e 2008) si votò anche il lunedì fino alle 15:00, mentre stavolta si vota in una sola giornata. Se a ciò aggiungiamo il forte vento del dissenso generalizzato che agita l'intero panorama nazionale, la flessione nell'affluenza è, come sopra anticipato, pressocché garantita. Ma un conto è decrescere dal dato registratosi nel 2010 (quasi 46.000 votanti) ed un altro conto è decrescere da quello registratosi nel 2008 (quasi 38.000 votanti).
Per dirla tutta, un conto è che vadano a votare a Gela ad esempio approssimativamente in 30 mila, a seguito di un atteggiamento di totale indifferenza in relazione alla candidatura alla Presidenza della Regione Siciliana da parte dell'ex sindaco ed attuale europarlamentare gelese, altro è che ci vadano ad esempio approssimativamente in 40 mila in qualche modo coinvolti (positivamente o negativamente) da tale circostanza. Nel primo caso ci sarebbero meno votanti rispetto al 2008 a dispetto di un numero maggiore di candidati gelesi (12 anziché 7) che verrebbero così inevitabilmente penalizzati. Nel secondo caso, invece, aumenterebbe il “peso specifico” elettorale degli stessi nelle liste di appartenenza e con esso la potenzialità a posizionarsi utilmente in vista dell'ottenimento del seggio provinciale, previo superamento dello sbarramento a livello regionale. Se poi si pensa che, in ogni caso, 80 dei 90 seggi all'Ars si assegnano sulla base di 9 collegi “provinciali”, il ruolo e l'influenza del “campanilismo” non costituiscono assolutamente nulla di scandaloso, già in linea di principio.
Autore : Filippo Guzzardi
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