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Corriere di Gela | Fumo, divieto talebano
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notizia del 23/01/2005 messa in rete alle 17:16:21
Fumo, divieto talebano

Tempi veramente duri per i fumatori: dal 10 gennaio è vietato fumare nei bar e nei ristoranti, oltre che nei negozi di ogni genere, negli uffici pubblici ed anche in quelli privati. Il ministro Sirchia è stato drastico, seguendo quell’indirizzo di tipo dittatoriale (stalinista o fascista, fate voi) che prevede i buoni e i cattivi, le se-parazioni nette e definitive, senza vie di mezzo. Nel Paese che di-scende dall’Impero Romano e dalla sua grande cultura ci si è dimenticati ciò che i Romani sapevano benissimo, cioè che in medio stat virtus. E’ giusto, infatti, che non si fumi nei pubblici esercizi, negli uffici pubblici e via dicendo, ma una superficie anche minima di spazio per i fumatori andava comunque prevista.
Negli aeroporti spagnoli non si fuma, ma esiste un’area fumatori di qualche centinaio di metri quadrati con bar e salottini. Anche sui treni spagnoli non si fuma, ma mentre in Italia il ministro “talebano” ha eliminato dai convogli anche l’unica carrozza per fumatori, in Spagna in ogni carrozza c’è un salottino con due posti a sedere, separato dal resto del vagone, dove è possibile fumare in santa pace.
Complimenti, dunque, agli spagnoli, che riescono a perseguire il diritto dei non fumatori con le esigenze dei fumatori, e tutta l’esecrazione possibile per il governo italiano, che si è dimostrato intollerante e barbaro.
E come se non bastasse, ai fumatori che dal ristorante devono uscire in strada per fumare, esposti al freddo, alla pioggia e alla neve, sicuramente pronti a beccarsi il raffreddore o la polmonite, arriva l’altro monito del governo: consumate meno medicine! D’accordo, cavoli, ma dite a Sirchia di metterci in condizioni di non beccare malanni…
Mi lascia alquanto perplesso la linea di intolleranza che sta prendendo piede nel governo, intolleranza che riguarda la normativa antifumo, il recente monito a ridurre i farmaci, ma anche questioni come la legge sulla fecondazione assistita, nella quale il Governo è direttamente intervenuto per bloccare i referendum.
L’intolleranza di chi governa non può certo produrre buoni frutti, e sicuramente non produrrà buoni frutti la reazione del-la Chiesa cattolica e della Conferenza Episcopale italiana ai referendum. Le gerarchie cattoliche, che dal loro punto di vista difendono l’ortodossia del pensiero ecclesiale, dovrebbero riflettere sulle situazioni penose e spesso tragiche, relative alla fecondazione, che questa cattiva legge non risolve. A mio modo di vedere il pensiero della Chiesa dovrebbe rinnovarsi man mano che il progresso scientifico permette nuove soluzioni, evitando posizioni di netta chisura conservatrice e oscurantista. Altrimenti la Chiesa resterà indietro rispetto all’evoluzione del pensiero comune. E potrà succedere quello che già è successo nel 1974 col referendum sul divorzio e nel 1978 con quello sull’aborto: gli italiani hanno accettato i due istituti, che non credo abbiano “minato” alle fondamenta la società e la famiglia (come i detrattori ipotizzavano minacciando fuoco e fiamme), e i cattolici osservanti comunque sono rimasti liberi di utilizzarli o meno.
Quanto è difficile praticare il concetto di “libertà”. E’ molto più facile imporre, anche se poi ci si dichiara “liberali”.


Autore : Giulio Cordaro

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