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notizia del 11/03/2007 messa in rete alle 16:32:39
Chiariamo qualche equivoco
Non nascondiamoci dietro un dito: il calcio è il veicolo di comunicazione tra i più potenti a disposizione, data l'eterogeneità del destinatario a cui si rivolge. L'industria calcio è la dodicesima in italia, circondata da un consenso diffuso. Passione degli sportivi e senso d'appartenenza dei tifosi, sembrano venir meno se guardiamo agli incassi allo stadio, ma nell'indagine comparativa con gli introiti televisivi, risulta che l'italiano non ha perso l'appettito: la fame di calcio persiste ancora. Ciò non toglie che le pay-tv abbiano sbagliato i conti (i costi sono esorbitanti rispetto ai seppur buoni introiti) ed in molti, dal fallimento del binomio calcio-tv fanno discendere la crisi del colosso Fifa, il cui debito in bilancio è in forte passivo. Purtuttavia, questo format, sarà sempre più uno spettacolo, ma non sembra avere ancora concorrenza. Non a caso, l'interesse delle aziende è sempre più crescente: non solo sponsor, ma anche fornitura di servizi. Per noi, realtà territoriale di periferia, sembrano considerazioni che se ci toccano, lo fanno solo sfiorandoci. In realtà, non è così: ad esempio, il principio della mutualità nei diritti televisivi, è una difesa del calcio di provincia.
In qualsiasi progetto è sempre opportuno riflettere, valutare e considerare lo stato d’avanzamento rispetto alle previsioni stilate, il lavoro svolto in vista degli obiettivi minimi prefissati. E' rassicurante che il presidente del Gela Calcio, nell'ultima conferenza stampa, sia tornato a puntare l'attenzione su come è iniziata la stagione e questa nuova avventura. Siamo partiti “troppo carichi” ed è nato un “equivoco” di fondo, confortato dai risultati subito raggiunti. Oggettivamente, non toccava a noi vincere il campionato. Cionondimeno, per chi scrive, il parco giocatori, compresi gli ultimi ritocchi, è all'altezza della situazione, per quella che è la serie C2. E' una rosa omogenea, con elementi di pari livello. La condizione per far bene è sempre quella del gruppo: chi viene chiamato, di volta in volta, in causa deve farsi trovare pronto. Il sacrificio per il progetto è imprenscindibile in ogni competizione sportiva a squadre, specie in realtà particolari come quella nostrana. Bisogna tenerlo sempre in mente.
Solo così si traduce in campo quella forza che è un tutt'uno di determinazione, energia e compattezza. In una realtà come quella nostra, estendere precisi ragionamenti all'interno dello spogliatoio, coinvolgere i calciatori a tematiche locali, non è una considerazione peregrina.
Non dobbiamo dimenticare, mai, che la storia insegna a non ripetere gli errori. La storica promozione in C1 fu figlia della contingenza senza un vero progetto societario alle spalle. I quadri societari d'allora non ebbero grandi colpe, avendo ereditato una situazione difficile che si è reiterata nel tempo fino alla naturale conclusione che tutti conosciamo. L’incertezza e l’indeterminazione del risultato sul campo, che è la bellezza della competizione sportiva, continua a pesare fortemente sul risultato economico finale. I clubs calcistici non possono far finta di non tenerne conto e debbono, comunque, attrezzarsi (solo all'interno di una seria ed attenta programmazione) per non dipendere esclusivamente dal risultato agonistico. Ad oggi, i due punti fermi devono rimanere quello della permanenza nella categoria e quello della salvaguardia del bilancio: ricordiamoci che non siamo retrocessi in C2 per demeriti sportivi.
Credere che si possa fare di più è lecito ma non deve condizionare il lavoro ed inquinare il progetto di base. Improvvisare può darti benefici nel breve periodo, ma nel medio e lungo termine occorre pianificazione ed aggiustamenti incrementali. In tutto ciò, la classe politica locale non può fare da spettatrice. Da troppo tempo, ormai, s’incrociano veti, ostacoli, assenteismi che non giovano al progresso della nostra realtà. Dobbiamo finire di considerare quasi un folle chi, animato da una sana cultura del "fare", del "produrre", decide d'investire nello sport così come in qualsiasi altra attività. Investire si traduce, spesso, in benessere. Basta con le rendite. I politici devono fare la propria parte. Non devono aspettare che chi investa chieda poi qualcosa, ma devono creare le condizioni per investire. Necessitano infrastrutture e politiche alternative a quelle passate che puntino sulle scuole giovanili, sull’incentivare le manifestazioni, dalle più ludiche alle più competitive. Il calcio e le altre discipline sportive sono il miglior volano di promozione del proprio territorio. Il marketing territoriale non può esistere senza la voce sport. Al riguardo, non posso non esimermi dal congratularmi con l'assessore allo sport, Miguel Donegani. Un giovane politico (solo da un punto di vista anagrafico) proiettato con entusiasmo nel servizio alla collettività, fortemente propositivo nell'amministrare la branca a lui pertinente e, persino, equilibrato nel non cadere nel tranello di provocatorie critiche al suo operato. Avanzare riserve verso chi fa bene il proprio lavoro è vera follia, poichè equivale a gettare fumo negli occhi della gente, arroccandosi in una posizione di retroguardia che non aiuta a crescere. Si rimane cristallizzati nello status quo permanente. E' oltremodo chiaro, che l'intera amministrazione che risulterà dalle imminenti elezioni, è chiamata a fare di più: a prescindere dal colore politico. Stesso dicasi, per il consiglio comunale. Il calcio è di tutti. Facciamoci, allora, un bell'esame di coscienza. Tutti: tifosi compresi.
Non rimane, per ora, che un caloroso in bocca al lupo al nuovo tecnico, al nuovo direttore generale ed una convinta pacca sulle spalle dell'Ing.Tuccio: forza presidente, non mollare!
Autore : Filippo Guzzardi
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