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Corriere di Gela | A rischio l’equilibrio sociale
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notizia del 11/10/2009 messa in rete alle 15:01:48
A rischio l’equilibrio sociale

Gela, 2 ottobre 2009, un nuovo giorno si apre accompagnato da una persistente pioggia, residuo della tromba d'aria scagliatasi sulla città nel corso della precedente notte: percorrendo le strade ci si accorge in fretta delle offese arrecate dalla forza della natura; diversi cartelli pubblicitari e i tradizionali segnali stradali sono divenuti veri ostacoli alla regolare circolazione, poiché scaraventati proprio al centro delle arterie viarie; molti alberi hanno perso rami o sono addirittura precipitati al suolo, abbandonando per sempre la loro eretta postura; molti quartieri, soprattutto in periferia, hanno dovuto affrontare, come al solito verrebbe da dire, l'emergenza allagamento. Quello che, invece, nel periodo estivo assume tutte le caratteristiche di perno del divertimento vacanziero, ovvero il lungomare Federico II, si presenta transennato e strettamente presidiato da esponenti delle forze dell'ordine: la ragione di un tale assembramento, si dirà, deve rintracciarsi proprio nei nefasti effetti delle intense piogge, invece no, la spiegazione va individuata al di fuori della meteorologia.
Quel che resta di una saracinesca metallica depositato sulla spiaggia distante almeno centocinquanta metri, sedie deformate e strutture varie sbattute disordinatamente per la strada: un'attività commerciale, il bar-centro colazione, “Vanità”, di proprietà di Lucrezia Greco e Giuseppe Cassarà, letteralmente smembrato da una violenta esplosione, evento ultimo di una più subdola operazione condotta, stando alle prime indiscrezioni, da anonimi attentatori, probabilmente incapaci di comprendere che le fiamme appiccate all'interno del locale avrebbero potuto cagionare una reazione così violenta.
Lasciandosi alle spalle lo scenario, tristemente conosciuto dai cittadini gelesi, dell'ennesimo attentato incendiario, il lungomare comincia a declinare per lasciare spazio all'area industriale, dominata dalla maestosa conformazione dello stabilimento petrolchimico: incuranti della copiosa pioggia decine di lavoratori sono fermi innanzi ai cancelli di ingresso, intenti nel solidarizzare con venticinque loro compagni destinatari di un provvedimento di licenziamento emesso dall'azienda, “Edil Ponti”, di Giovanni Salsetta.
Gli autori del blocco quasi totale dell'attività della fabbrica sono pronti a persistere fino a quando non verrà individuata una soluzione favorevole, non solo per loro, ma in prima battuta per le rispettive famiglie; modalità e strategie praticamente conformi a quelle attuate, due settimane addietro, da altri quattro lavoratori, a loro volta fuoriusciti, alla stregua dei venticinque in lotta, dall'azienda “Cedis” di Vincenzo Romano.
Una giornata, quella dello scorso 2 ottobre, che in altre e ben distanti realtà urbane verrebbe descritta mediante l'uso dell'aggettivo “straordinaria”, inizia ad assumere, a Gela, tutti i caratteri di una drammatica consuetudine.
I violenti attacchi incendiari, nonostante l'evidente inasprimento dei controlli condotti dalle forze dell'ordine, non appaiono diminuire (gli ultimi in ordine di tempo hanno colpito due automobili in uso a Giacomo Giurato, export manager di un'azienda, l' “Andromeda”, attiva nel settore dei videogiochi da bar), a testimonianza dell'esistenza di una criminalità, organizzata o solo occasionale, lungi dall'essere totalmente debellata.
La vera protagonista di questi ultimi mesi, come mai prima, però, è la protesta sociale: esplosa a Gela sulla scia di quella registratasi nell'intera penisola (si pensi, solo per fare un esempio, al caso dell'azienda milanese Innse oppure a quello della sede di Dalmine della multinazionale Tenaris), ed ancor più delicata in un contesto economico-occupazionale soverchiato dal tasso di disoccupazione, stimato in provincia di Caltanissetta intorno al 34%.
La perdita del posto di lavoro, quindi, può rivelarsi decisiva al fine di un totale mutamento dell'organizzazione, non solo individuale, ma anche familiare di un qualsiasi cittadino.
I lavoratori dello stabilimento petrolchimico rappresentano, così, solo l'apice di un ampio fronte di espulsi dal ciclo produttivo; eclatanti sono state le proteste dei precari del Consorzio di Bonifica Gela 5, costretti a scendere sotto terra, all'interno di un pozzo per la raccolta di acque sulfuree, pur di rivendicare una stabilizzazione tanto attesa, messa però a rischio dall'imminente sostituzione di alcuni di loro con ex dipendenti dell'Ente Acquedotti Siciliani, e di quelli alle dipendenze del Consorzio Asi, capaci di occupare il tetto del Centro Direzionale pur di rendere pubbliche le loro rivendicazioni (con in testa il passaggio ad uno stato di definitiva stabilità); da non trascurare, ancora, quella delle dipendenti della cooperativa, “Progetto Vita”, costrette a subire l'onta di non poter più proseguire in un progetto, quello del sostegno ad anziani e malati, assai importante in un contesto sociale quale quello gelese.
A queste possiamo sommare le periodiche lotte, finalizzate all'ottenimento delle legittime spettanze retributive, degli operatori ecologici al servizio dell'Ati, formata da diverse imprese locali, titolare dell'appalto per lo smaltimento dei rifiuti; oltre ai lavoratori in grado di potersi esporre, reclamando così i propri legittimi diritti, esistono, ancora, quelli privi di simili capacità: mi riferisco, ad esempio, ai dipendenti, assunti utilizzando forme contrattuali cosiddette atipiche (principalmente quella della collaborazione coordinata e continuativa, ovvero il lavoro a progetto), della società “Kaleydos”, facente parte del gruppo Micra di Ellera di Corciano, in provincia di Perugia, risultata vincitrice dell'appalto per lo svolgimento del servizio di front office all'interno della struttura dell'ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela, privati da diversi mesi dello stipendio mensile, e costretti, nonostante ciò, a svolgere regolarmente i turni fissati dai responsabili, in presenza peraltro di un'assoluta inerzia delle rappresentanze sindacali determinata, secondo una spiegazione fornita ad alcuni dei lavoratori interessati, dal loro inquadramento “atipico”. Istantanee da Gela, dove la “straordinarietà” si invera in “quotidianità”.


Autore : Rosario Cauchi

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