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Corriere di Gela | Governance e responsabilità
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notizia del 29/01/2012 messa in rete alle 14:39:02

Governance e responsabilità

“Governance e modelli organizzativi. Sistemi di gestione per la trasparenza e la mitigazione del rischio, in applicazione del decreto legislativo 231 del 2001”. Questo il tema discusso giovedì 26 gennaio scorso al Palazzo Ducale alla presenza di un folto pubblico per la maggior parte composto da dottori commercialisti ed avvocati. A fare gli onori di casa ed a coordinare gli interventi, il sindaco di Gela Angelo Fasulo. Relatori il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gela dott. Lucia Lotti, il dott. Pino Nicoletti (nella foto durante il suo intervento), presidente dell’Ordine dei Commercialisti, l’ing. Federico Tosi dell’università di Palermo, l’ing. Davide Ferrara docente universitario e amministratore Ispema servizi Consulting & Training, il dott. Claudio Provetti direttore IMQ (Istituto Marchio Qualità).

In assenza dell’avv. Tonino Gagliano impegnato per motivi d’istituto al Tribunale di Gela, ha porto il benvenuto a nome dell’Ordine forense l’avv. Lillo Giardina. La prima domanda sulla quale si è avviato il dibattito è stata: quale significato annettere ai modelli organizzativi che scaturiscono dal decreto 231 del 2001? Perché il legislatore ha inserito una terza forma di responsabilità amministrativa e penale? Nel ricordare che la nuova norma ha trovato difficoltà ad essere applicata e soprattutto nel meridione adesso costituisce motivo di dibattito e strumento fondamentale per la definizione delle responsabilità che non sono solo del dipendente o del caso, ma anche della società e dell’Ente.

Il sindaco Fasulo ha augurato quindi un buon lavoro ai presenti per dare la parola successivamente al dottor Pino Nicoletti.

“Si tratta di una innovazione – ha detto il presidente dell’Ordine dei commercialisti – cui si debbono attenere Enti e società private per non incorrere in sanzioni violando gli obblighi derivanti dalla 231. Non è qualcosa che andrà a restringere la gestione delle imprese, ma un nuovo processo che porta l’azienda ad assumere una nuova veste imprenditoriale. A noi commercialisti sono queste, le imprese che interessano e nei loro confronti siamo protesi per informarli della nuova normativa. L’attenzione a questi nuovi modelli deve essere massima, soprattutto per le refluenze di ordine amministrative e penale che ne derivano. Per esempio per i reati ambientali le responsabilità vengono fatte risalire non solo all’amministratore, ma a volte addirittura anche ai soci della società”.

Ad illustrare l’impalcatura del decreto legislativo 231/2001 con l’ausilio di un grande schermo è stato l’ing. Davide Ferrara. Il legislatore con questo decreto ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, la previsione di una responsabilità personale e diretta dell'ente collettivo (intendendosi come tali sia gli enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica) per la commissione di una serie di reati da parte delle persone fisiche ad esso legate, che abbiano agito nell'interesse o a vantaggio dell'ente. Resterebbero esclusi dall’ambito della normativa oltre allo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, anche gli imprenditori individuali. L’ing. Ferrara in un certo senso utilizzando anche delle vignette scherzose ma per dare il senso della norma, ha detto che è ormai superato il noto principio del “societas delinquere non potest”. Infatti è stabilito che esiste una precisa responsabilità anche per la società o l’ente che si è avvantaggiato della condotta penalmente rilevante del soggetto a cui è scrivibile il reato, reato che deve essere compreso tra quelli elencati espressamente nel decreto.

Nel decreto l'ente collettivo risponde in prima persona del reato realizzato passando dai soggetti operanti in "posizione verticistica" (amministratori, direttori generali, preposti a sedi secondarie, direttori) ai lavoratori subordinati od equiparati, ma anche i collaboratori, come agenti, distributori, consulenti. E’ evidente che la ratio a cui ispira la norma che prende le mosse dalle normative e convenzioni internazionali in materia di lotta alla criminalità d'impresa, è quella di sensibilizzare gli enti alla prevenzione dei reati economici, sancendo la loro "responsabilità personale" per il caso di omissione o negligenza.

Di qui la necessità dell'attivazione di un organismo di controllo, autonomo ed indipendente, che serve a prevenire eventuali reati. Questo strumento, in caso di gravi reati che ricadono sull’azienda sono ritenuti dal giudice penale, idonei ad escludere la sua responsabilità diretta per i reati che si sono realizzati. In proposito sono state citate sentenze che hanno riconosciuto l’efficacia e la validità del modello organizzativo adottato dalla società imputata esentandola dal coinvolgimento nelle sanzioni.

L'adozione di questi modelli si rende necessaria per scongiurare reati eterogenei, connessi a processi decisionali realizzati in vari ambiti aziendali, spesso presenti nel contesto di una "media impresa": dall'aggiudicazione di gare di pubblico appalto; alla contrattazione con la pubblica amministrazione per la fornitura di beni e servizi; dall'ottenimento di autorizzazioni, licenze, concessioni, finanziamenti alla commissione dei reati penali di natura societaria. Da questa nuova normativa ne risulta una nuova cultura aziendale, una moderna modalità di fare impresa – come ha sottolineato il dottor Nicoletti - conformemente ai principi dell'etica e della trasparenza. E’ stato sottolineato infine che l'azienda che si sia uniformata al decreto legislativo 231 dotandosi, volontariamente, di efficaci strumenti di prevenzione dei reati, acquista anche una patente di "impresa d.o.c.", una sorta di nuovo "marchio di qualità", capace di dare una peculiare connotazione all'azienda, favorendola nel confronto con la concorrenza sul mercato, specie internazionale ed oggi globale.

Il procuratore Lotti ha parlato delle origini storiche della figura delle responsabilità dell’Ente facendo riferimento al sistema legislativo anglosassone. Abbiamo chiesto al sindaco Angelo Fasulo il senso di questo convegno e come si pone in un contesto di grave crisi economica il decreto legislativo 231. “I modelli organizzativi di cui discutiamo oggi – ha affermato Fasulo – servono sicuramente per migliorare e rendere competitive le nostre imprese, ma che possono essere adottate dagli enti pubblici ed il comune di Gela ci sta provando. Il decreto legislativo 231 è d’obbligo e serve per capire che con il miglioramento ed il controllo della procedura, non solo si evita di commettere reati ma si può migliorare l’organizzazione essere più efficienti e per le imprese private ed i professionisti riuscire a dare un contributo in più in termini fattivi ed operativi. Noi in Comune siamo riusciti ad adottare un modello 231 proprio per utilizzare la tecnologia più moderna in modo da dare più risposte ai cittadini. Credo che sia un progetto ambizioso che abbiamo già iniziato ed i primi frutti li stiamo già raccogliendo. Siamo il primo comune nel meridione d’Italia che si è lanciato in questo ambizioso progetto. Per esempio abbiamo già una convenzione per la fatturazione elettronica che potrà dare risultati positivi. Non ritardi, ma efficienza. Credo che dobbiamo cambiare il modo di pensare: quando si fa qualcosa in più e si migliora l’organizzazione non si spende di più ma si risparmia e i accresce la competitività”.

“E’ importante sapere che ogni attività va svolta in modo specifico – ha detto l’ing. Federico Tosi docente Università di Palermo – non si può redigere il libro dei sogni, ma occorre andare ad analizzare la singola azienda ed il contesto socio-economico di riferimento. Ricordiamoci che l’oggetto di valutazione in caso di contestazioni, non è soltanto ciò che l’azienda ha fatto ma anche ciò che ha fatto nel passato, il contesto in cui si muove e da questo punto di vista a quali rischi va incontro. La pubblica amministrazione è fortemente interessata a questo processo, perché molti dei reati trovano il loro momento peculiare di riferimento proprio nei rapporti con la pubblica amministrazione. Si pensi ai casi di corruzione, di concussione, di truffa alla pubblica amministrazione. Con l’utilizzo di questi modelli, c’è in modo indiretto una tutela del tessuto socio economico in cui la società si muove. Chiaramente la finalità primaria sotto il profilo strettamente giuridico è quella di tutela della società”.


Autore : Nello Lombardo

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