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notizia del 13/06/2009 messa in rete alle 14:09:26
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La 1ª volta di un gelese all’Europarlamento
Rosario Crocetta ce l'ha fatta. Candidato al Parlamento Europeo nella lista del Partito Democratico, è stato eletto nella circoscrizione insulare (Sardegna e Sicilia) con oltre 150.000 voti alle spalle della capolista Rita Borsellino (220.000 voti): ad entrambi vanno i 2 seggi assegnati al Pd, tanti quanti il PdL, mentre Udc e IdV ottengono 1 seggio a testa. Un'affermazione storica: Gela ha per la prima volta un suo europarlamentare. Questo il commento a caldo del sindaco: "Un dato enorme che ha dell'incredibile, quando penso che in una città di 80.000 abitanti ottengo quasi il doppio in termini di preferenze in tutta l'isola e ci tengo a sottolineare che in moltissimi casi si tratta di preferenze secche", per poi proseguire: "Ho ricevuto critiche da tutte le parti, mi dicevano che l'elettorato mi odiava e s'è visto, invece, quanto avessero torto: la gente ha capito che non c'è sviluppo senza legalità ed è a tutti coloro che vogliono un reale cambiamento in Sicilia a cui dedico questo successo".
Trainato dalla performance elettorale di Crocetta, il Pd stravince a Gela ed è il primo partito in molti comuni nisseni. Particolarmente soddisfatto, il deputato regionale, presidente della commissione antimafia e coordinatore provinciale del Pd, on. Lillo Speziale: "nella Provincia di Caltanissetta siamo assolutamente in contro-tendenza, riuscendo ad avanzare sia rispetto alle politiche del 2008 che rispetto alla media nazionale: è un risultato che ci permette di ripartire anche in vista delle prossime amministrative a Gela dove siamo di gran lunga il partito di maggioranza relativa, in sintonia con i bisogni della collettività e portando alto i valori della legalità e dell'antimafia come ci insegna il riscontro conseguito da Rita Borsellino e Rosario Crocetta". Ed invero, laddove in tutto il resto d'Italia il Partito Democratico perde ulteriore terreno, il dato siciliano è quello di una sostanziale tenuta, così come sottolinea il deputato gelese del Pd, on. Miguel Donegani: "siamo unica forza d'opposizione a fronte di un governo regionale palesemente inadeguato e ci candidiamo ad essere una reale alternativa alla destra". Con tutta evidenza, "il successo del Pd – continua Donegani – si spiega semplicemente perché abbiamo costruito una lista forte e competitiva, con le candidature di Borsellino e Crocetta a rappresentare un valore aggiunto rispetto al voto strutturato espresso dalle candidature del deputato regionale, ex Cisl, Giovanni Barbagallo e dal segretario uscente della Cgil siciliana Italo Tripi, dimessosi giusto per l'occasione".
A pagare lo scotto del clamoroso exploit del sindaco in città è il centro-destra ed in particolare il PdL, ma ciò non sembra impensierire più di tanto il coordinatore cittadino Tringali: “Crocetta, peraltro da sindaco in carica, era l'unico candidato gelese sceso in campo ed avrebbe potuto prendere qualche voto in più, per un risultato che tutto sommato è inferiore a quanto presupponevamo. Paghiamo, non solo a Gela, ma in tutta la Sicilia, la crisi di governo in piena campagna elettorale e considerato ciò, al PdL è andata discretamente bene”. Più caustico, il segretario cittadino del MpA, Costa: “il consenso a Gela attorno il 14% e, quindi, vicino al 15% di riferimento regionale non è risultato da buttare. Le recenti vicende a Palermo non ci hanno aiutato ed anche se non entusiasti, possiamo ritenerci moderatamente soddisfatti”. Sulla stessa via il deputato regionale on. Federico: “sicuramente m'aspettavo un risultato migliore ma siamo grosso modo in linea con quello regionale. Non mi preoccupo più di tanto e penso semplicemente che abbia vinto il campanilismo, com'era inevitabile che fosse”.
Il Pd è il maggiore partito a Gela ed addirittura supera la soglia del 50%. A prima vista si potrebbe asserire che se i tre onorevoli moschettieri, Speziale, Donegani e Crocetta, si mettessero davvero d'accordo, potrebbero esprimere non solo il futuro sindaco, ma addirittura correre da soli. In realtà c'è da fare i conti con oltre il 60% di astensionismo e quella che potrebbe sembrare una maggioranza assoluta in città, lo è solo del 40% - più precisamente a Gela l'affluenza per le Europee è stata del 39,12% (hanno votato in 23571 sui circa 60.000 aventi diritto) - e quindi torna ad essere una maggioranza relativa. Inconfutabilmente, il vero ed unico vincitore è proprio Rosario Crocetta che non ha fallito un colpo dal 2003 fino ad oggi. Crocetta è, elettoralmente, un vincente: negarlo sarebbe stupido. Memore dell'esperienza del fratello Salvatore nel 2004, quando ancora non c'era lo sbarramento ed il PdcI del sardo Diliberto non ottenne seggi nelle due isole, il sindaco antimafia ha azzeccato il colpo aderendo al Pd ed incassando i voti di lista e quelli nella terna, accanto le preferenze secche su cui ha costruito gran parte della sua campagna elettorale. Avevamo avvertito di alcuni rischi insiti nella sua candidatura: non era certo che un centro destra disunito - come dimostrano le cronache regionali - ne incoraggiasse il successo, con conseguente abbandono della carica e le nuove elezioni a breve, in relazione a cui rischia di trovarsi ancora una volta impreparato. Per non parlare di un intero consiglio comunale che dovrà ora rinnovarsi fra un anno quando ne sono passati appena due dall'ultime amministrative. Idem per giunta e sottogoverno. E c'era il pericolo astensionismo che puntualmente s'è confermato. Ma avevamo, al contempo, individuato un'unica chance di successo, proprio al di fuori dei confini di Gela. Orbene, appurato che una buona fetta della città del golfo ha premiato il suo sindaco, Crocetta ha vinto la sua scommessa in lungo e in largo nell'isola, pescando ovunque, anche in fortini apparentemente ostili alla sua battaglia, ma che non si sono rivelati tali nel segreto delle urne; ovvero in roccaforti del centro destra come Catania e Provincia, sbaragliando sullo stesso terreno gente come Fava, ad esempio, eurodeputato uscente e dal risultato alquanto deludente in queste elezioni, nella neonata creatura di Nichi Vendola, Sinistra e Libertà.
Per capire le dimensioni del successo di Crocetta in questo turno elettorale, basti pensare che nella sola Provincia di Caltanissetta, il Pd s'attesta al 31% come il PdL e diventa il primo partito nella Provincia di Enna con il 29%.
Grazie a Rosario Crocetta e Rita Borsellino, vale a dire i più suffragati nell'isola alle spalle del solo Berlusconi, in Sicilia il Pd si mantiene altresì d'un soffio sotto il 22% (21,9) come alle regionali 2008 (21,8) e tiene botta senza arretrare, a differenza che altrove nello stivale. L'astensionismo nella circoscrizione insulare, in Sardegna ancora più che in Sicilia, punisce il PdL in termini di seggi. Anziché gli 8 totali previsti, la circoscrizione ne arriva ad esprimere 6 e i 2 in meno li sconta proprio il partito del cavaliere che anziché 4 ne ottiene 2 al pari del Pd. L'altro seggio a testa lo conquistano l'Unione di Centro e l'Italia dei Valori. Ai citati Borsellino e Crocetta nel Pd, pertanto, si affiancheranno presumibilmente Antonello Antinoro del Udc (a cui cederà il posto il capolista Saverio Romano) e come anticipato la “grillina” Sonia Alfano (che dovrebbe usufruire delle rinunce in serie di Orlando, Di Pietro e De Magistris) candidata nella lista di Di Pietro. I 2 seggi del Popolo della Libertà, accertata la rinuncia del Presidente del Consiglio, vanno a Giovanni La Via e Salvatore Iaccolino espressione della corrente siciliana che fa riferimento ad Alfano e Schifani. Senza bottino, invece, l'altra corrente del PdL siciliano che fa capo a Miccichè, anticuffariana e vicina al governatore Lombardo. L'azzeramento in giunta operato dal Presidente della Regione in piena campagna elettorale non ha sortito i suoi effetti: sul piano nazionale il poker calato sotto il nome de L'Autonomia si è rivelato com'era prevedibile un bluff di fronte alla soglia dello sbarramento e, considerando il solo dato siciliano, L'Autonomia arriva al 15,6% che è ben altra cosa rispetto al 22% del MpA ottenuto alle scorse elezioni regionali (senza considerare l'ulteriore 1,4% de La Destra di Musumeci). Inoltre, sebbene paghi dazio in termini di seggi, il PdL si rafforza in termini percentuali. Dal raffronto tra Elezioni Regionali 2008 ed Elezioni Europee 2009 ristrette alla Sicilia, scopriamo che il Popolo della Libertà nel correre da solo ottiene il 36,4% che è più del 33,4% conseguito lo scorso anno in ambito di coalizione. Ed ancora, dallo stesso raffronto registriamo una sostanziale tenuta del Udc di Cuffaro con un risultato, l'11,9%, che è poco sotto il 12,5% di un anno fa. Non è un caso che a fronte di tali risultati, Lombardo provi a guardare oltre l'MpA, rilanciando l'idea di un nuovo progetto che ricalchi le gesta della Lega Nord, il cosiddetto Partito del Sud, nel chiaro tentativo di intercettare il consenso di quelle larghe sacche dell'Italia meridionale deluse dalla piega nordista intrapresa nell'azione di governo targato Berlusconi, con il permanere di un gap infrastrutturale ed occupazionale che le ha portate a disertare le urne. Infine, l'elettorato siciliano ha nuovamente bocciato la sinistra radicale: se sommiamo il 2,2% di Rifondazione-PdCI ed il 2,1% di Sinistra e Libertà otteniamo il 4,3% che è anche meno del 4,8% conseguito dalla Sinistra Arcobaleno nelle Regionali dello scorso anno. Premiato anche in Sicilia, il partito di Di Pietro. Pur considerando l'1,4% della lista Grillo-Alfano e lo assommiamo all'1,8% dell'IdV con riferimento ai dati dello scorso anno otteniamo il 3,2% che è quasi 4 punti in meno del 7,1% ottenuto in Sicilia nella consultazione per il parlamento europeo.
Provando a trarre le dovute conclusioni, iniziamo col dire che il riscontro ottenuto dal “Eurostar” Crocetta, unitamente a quello di Rita Borsellino, rischia seriamente di oltrepassare i confini locali e diventare un caso nazionale in seno al Partito Democratico. Queste elezioni dimostrano che il progetto di Veltroni non era poi così malvagio. Il bipolarismo a tendenza bipartitica, come prodotto dell'introduzione della soglia di sbarramento, si conferma anche alle Elezioni Europee del 2009 dopo le Politiche del 2008: fino a prova contraria, i partiti rimasti fuori dal parlamento italiano, sono rimasti fuori anche dal parlamento europeo. Peraltro, dei partiti presenti nel parlamento italiano, in queste Europee 2009 l'unico a non guadagnare terreno è guarda caso il Pd, rimasto imprigionato nella morsa reazionaria, che ha visto da un lato l'ex sinistra (morotea e di base) democristiana poi approdata al Pd attraverso la Margherita (che proporrà alla resa dei conti congressuale Franceschini) e dall'altro il ReD di D'Alema ex DS (che proporrà alla resa dei conti congressuale Bersani), stritolare la svolta verso una vocazione maggioritario-governativa impressa al nuovo soggetto politico da Veltroni.
Quello della selezione delle candidature rimane il tema cardine, con il successo che è sotto gli occhi tutti di gente come Crocetta, Borsellino, ma anche lo stesso giornalista David Sassoli (secondo più votato in assoluto dopo Berlusconi) e la giovane Debora Serrachiani (che in Friuli ha superato il cavaliere): cioè né volti vecchi della Margherita, né volti vecchi dei Democratici di Sinistra, ma volti nuovi “semplicemente democratici e basta” come amava dire, per l'appunto, l'ex sindaco di Roma. Per un altro verso, è da dire che il ricorso ad un anti-berlusconismo più accentuato da parte di Franceschini nell'ultima settimana di campagna elettorale ha contribuito ad evitare il tracollo e, di sicuro, il Pd non riesce a tradurre in modo chiaro e trasparente all'elettorato cosa intenda per opposizione costruttiva a Berlusconi, così da presentarsi, eventualmente, come plausibile alternativa di governo. Sicché, rispetto alle europee del 2004 il Pd perde 5 punti percentuale passando dal 31,1% della lista Uniti nell'Ulivo (Ds+Margherita+Sdi) al 26,1% e perde 3 seggi passando da 24 a 21.
Il Pd ha anche perso mordente in un certo elettorato per la sua scarsa vena ad assumere posizioni nette in tema di laicità, tant'è che il manipolo di ex radicali attorno alle figure di Pannella e Bonino continuano a raccogliere un 2,4% (contro il 2,3% del 2004) annullato in termini di ripartizione dei seggi (nel 2004 furono 2) dalla presenza dello sbarramento al 4%. Sbarramento che sembrerebbe penalizzare in termini di seggi anche la sinistra radicale, ma la verità è che permangono divisioni di fondo insanabili ed una distanza macroscopica dalle nuove esigenze di quello che era l'elettorato d'un tempo: se è vero che assieme, Rifondazione-PdcI e Sinistra e Libertà avrebbero oltrepassato la soglia di sbarramento accedendo alla ripartizione dei seggi (3,4+3,1=6,5%) è altrettanto vero che la somma dei partiti che fanno parte di queste due liste nel 2004 significava 11% (8,5+2,5) con un arretramento, dunque, di 5,5 punti percentuali. E che gli italiani continuino ad esprimersi contro la proliferazione partitica sin dall'avvento di Berlusconi all'indomani del crollo del pentapartismo della 1^ Repubblica, lo dimostra la circostanza che vede, con un semplice espediente della soglia di sbarramento, ridurre i 6 seggi assegnati alle “Altre Liste” nel 2004, ad 1 solo ed esclusivamente per ragioni di tutela delle minoranze linguistiche (il seggio lo ha conquistato il SVP collegato al PdL). Non perde, anzi guadagna qualcosina anche l'Udc di Casini che non piazza all'europarlamento il rampollo di casa Savoia, Emanuele Filiberto, ma conquista i 5 seggi del 2004 passando da un 5,9% al 6,5%. Se considerassimo il raffronto tra le percentuali delle politiche del 2008 e le Europee del 2009, potremmo concludere che il PdL freni in maniera decisa ma faremmo un chiaro torto al lettore ed alla nostra onestà intellettuale. Trattasi di due elezioni profondamente diverse dove l'unico comun denominatore è lo sbarramento. Per il resto il raffronto è fuorviante, non potendo restringere il campo ad un territorio ed un corpo elettorale ben definito come abbiamo fatto per la Sicilia operando già, di per se, una piccola forzatura. Basta ricordare che queste Europee registrano un PdL primo partito in regioni un tempo rosse come Umbria e Marche, ma nello stesso giorno (election day) in provincia in quelle stesse regioni il Pd ed il centro-sinistra vincono. L'unico termine di paragone adeguato è l'elezione europea del 2004 allorquando il PdL, così come il Pd, non esisteva ancora. Ed allora dalla somma dei voti ottenuti da An e Forza Italia nel 2004, rapportati ai voti ottenuti dal PdL nel 2009, ci rendiamo conto che gli azzurri queste elezioni non le hanno perse, anzi tutt'altro, passando dal 32,4% al 35,3% (quasi 3 punti percentuali in più) ed assicurandosi 4 seggi in più portandosi da 25 a 29. Ciò, da un lato, nonostante un astensionismo che è stato l'attore principale di questa consultazione e, dall'altro, in perfetta sintonia col rafforzamento generale del centro-destra un po' in tutto il vecchio continente a cui ha fatto da contraltare il crollo dei socialdemocratici.
E' vero: Berlusconi non è contento. E' la più bassa affermazione personale da quando è sceso in politica. Ha alzato la posta e fallito, salvando mediaticamente il principale partito d'opposizione, mentre la sua creatura, il Popolo della Libertà, consolida la sua forza come dimostrano gli stessi risultati nelle amministrative.
Autore : Filippo Guzzardi
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Sono assolutamente contendo dell'elezione al parlamento europeo di Crocetta. Ho un altro grande amico al parlamento europeo, Gianni Pittella. A tutt'e due esprimo i miei più calorosi auguri!
Autore: Roberto Fasciana
data: 14/06/2009
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