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notizia del 30/06/2013 messa in rete alle 14:07:20
Ma dove sta scritto che le sentenze non si commentano?
Devo aver perso qualche passaggio nelle varie riforme del Codice Penale che si sono succedute negli anni, è probabile che debba rimettermi a studiare. Fino a qualche decennio fa la testimonianza di un paio di testimoni era sufficiente per chiarire ai giudici lo svolgimento dei fatti. Ai giorni nostri, mi riferisco alla condanna di primo grado a Berlusconi (sette anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici), ben 37 testimoni non sono sufficienti per scagionare l’imputato: l’imputato viene condannato comunque, perché così hanno deciso i giudici, ed anzi i 37 testimoni vengono indagati per falsa testimonianza.
Attenzione, non voglio affatto difendere Berlusconi. Ma un simile modo di procedere, da parte del Tribunale di Milano, mi fa veramente rabbrividire. A cosa servono i testimoni se non uno, ma ben 37 non bastano a scagionare un imputato? Qualunque normale cittadino come potrà salvarsi da una condanna se il valore delle testimonianze viene azzerato?
Come se non bastasse, devo ascoltare la squallida e banale dichiarazione del ministro della Giustizia, Cancellieri (foto), che afferma «Le sentenze si rispettano, non si commentano». Eh, no, caro ministro, le sentenze sicuramente vanno rispettate, ma grazie a Dio la Costituzione ci permette ancora di manifestare liberamente il nostro pensiero, quindi abbiamo ogni diritto di commentare e criticare qualunque sentenza, sia essa emessa da un giudice di pace, sia essa emessa dalla Cassazione: nessuno può essere esente da critiche, nemmeno la Magistratura, di qualunque livello.
Ma torniamo a casa nostra. La Sicilia, dopo otto mesi di “cura Crocetta” ancora non si muove. Per motivi di lavoro ho frequentato molto, nelle ultime settimane, vari uffici palermitani della Regione, e posso affermare con certezza che ben poco è cambiato. Sono state decise le rotazioni di decine di dirigenti, ma i problemi sono rimasti, o addirittura si sono accentuati, grazie alla scarsa conoscenza di molti dirigenti delle normative inerenti ai nuovi compiti affidati. La burocrazia continua a complicare la vita delle aziende e dei cittadini allo stesso modo di prima: una pratica protocollata il 6 giugno in uno dei carrozzoni regionali al di fuori di ogni controllo (l’Ircac, per non fare nomi) è giunta sul tavolo del funzionario competente il 13 giugno, dopo una settimana. Sette giorni per percorrere trenta metri di un corridoio pomposo, pieno di marmi, stucchi e luci, in un ente che si autocelebra ma certo non riesce a svolgere un servizio decente per i siciliani.
Se Palermo non si muove, Gela è proprio ferma. In verità qualche movimento, negli ultimi giorni, c’è stato, ma è riferito solo alle fibrillazioni interne al Pd (di cui riferisce Abbenante), alle richieste di rimpasto della giunta, alla voglia dell’Udc di entrare in maggioranza, alla difesa da parte dei socialisti del loro assessorato, ai dilemmi di Pensiero Libero che ancora non riesce a capire se è maggioranza oppure opposizione, alle tensioni dell’Mpa-Pds.
Tutto bello, tutto sacrosanto, ma alla città chi ci pensa? A cosa possono aspirare i nostri giovani se non al fare la valigia e partire per cercare lavoro altrove, con un viaggio quasi sempre senza ritorno? Occorre un piano straordinario che affronti con decisione e fuori dagli schemi preconfezionati i problemi della comunità, dal lavoro alla distribuzione idrica, dalla sanità all’inquinamento, dall’assistenza sociale alla microcriminalità crescente. Barcamenarsi in “rimpastini” tra partiti non porta ad alcun risultato, se non a quello di prolungare, senza speranze, l’agonia della città.
Autore : Giulio Cordaro
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