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notizia del 21/06/2010 messa in rete alle 13:37:36
Elezioni 3/ Fuga dalle urne
La vittoria ottenuta da Angelo Fasulo è stata netta, aldilà di ogni previsione: tutti gli osservatori si aspettavano l'ennesima lotta voto a voto, ma alla fine della partita il candidato ufficiale del Partito Democratico ha avuto veramente poco da temere.
Più di duemila voti di differenza, una divario addirittura superiore a quello registrato nel corso del primo turno elettorale, quando i due concorrenti si distanziarono di soli quattro punti percentuali.
Ben otto punti, in questo ballottaggio, hanno distanziato il vincitore dal vinto, un crollo difficilmente ipotizzabile.
Ma una particolare lista si è distinta più delle altre nel corso della due giorni, quella dei non votanti.
Il tanto citato “dovere di ogni cittadino” è stato adempiuto da 32.805 gelesi, un salasso rispetto ai dati registrati due settimane addietro, già caratterizzati da una diminuzione se confrontati con quelli delle ultime elezioni amministrative.
Al 70,81%, dato definitivo indicato per la prima tornata elettorale, ha fatto da contraltare il 50,53% di domenica e lunedì: una realtà che non può di certo trascurarsi. Non si parla, infatti, di consultazioni europee o di un qualsiasi referendum, quanto, invece, della scelta degli amministratori cittadini, praticamente individuati dalla sola metà dell'elettorato.
Il mare, la spiaggia, il caldo, fattori che in molti hanno richiamato per giustificare la fuga dai seggi: ma può bastare?
La riduzione è palese, assolutamente innegabile: venti punti percentuali in meno costituiscono un'emorragia difficile da tamponare richiamando la sola voglia di prendere il sole.
L'elettore gelese ha deciso, in assenza, peraltro, di eventuali interessi di parentela connessi a candidature in consiglio comunale, di non votare e di dedicarsi ad altro.
Un punto di domanda che cade anche addosso ai protagonisti di questa lunga cavalcata, impegnati ad ottenere un coinvolgimento sempre maggiore, al punto da battere, palmo a palmo, l'intera città: dai quartieri popolari a quelli più borghesi.
Uno scollamento tra la dimensione politica e quella pratica veramente preoccupante; forse, la caduta delle ideologie, da tanti esaltata, non è stata veramente liberatoria.
Il disinteresse verso questo ballottaggio, visto dagli elettori alla stregua di una battaglia fratricida, si è misurato anche innanzi alle sedi individuate per ospitare i settantuno seggi, in talune fasce orarie le uniche presenze erano quelle delle molteplici “vedette” utilizzate dai due schieramenti per monitorare l'afflusso dei possibili elettori ed orientarli, magari all'ultimo momento.
Tra le tante emergenze cittadine, forse, si colloca il sempre più debordante disinteresse verso l'azione politica, oscura ed estranea alla maggioranza dei cittadini.
A prevalere è l'etica del “votare perché tanto si deve votare”: valutazione dei programmi, nulla; nessun orientamento fondato su strenue convinzioni; volontà di assicurare il posto in consiglio comunale all'amico, al familiare, al datore di lavoro. Sintomi inequivocabili di un malessere che si ripercuote entro il tessuto sociale, assai deteriorato ed incapace di autoimmunizzarsi.
Forse, girare per i quartieri, bussando ad ogni porta, al solo scopo di indicare quale casella della scheda elettorale deve essere sbarrata, non corrisponde esattamente ad una corretta forma di “educazione politica”.
Autore : Rosario Cauchi
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