|
notizia del 27/10/2012 messa in rete alle 12:32:52
La parola alle urne
Con un forte frazionamento del quadro partitico ed un clima elettorale alquanto sfavorevole, è già molto difficile che uno dei 10 candidati alla presidenza superi il 40% dei voti validi, figuriamoci la metà (50%) e quindi la maggioranza dell'elettorato. Se invece dovessero trovare conferma le previsioni nei sondaggi che vedono il “Partito degli Astensionisti” oltrepassare nettamente il 40% a perdere comunque sarebbe la democrazia, anche se invero ad essere sconfitta sarebbe piuttosto la partitocrazia, cioè il potere dei partiti, specie nella sua più recente degenerazione, in quella che potremmo definire “elettocrazia”, vale a dire il potere degli eletti, che ha la sua pura e piena esaltazione nell'assemblea elettiva per eccellenza, qual è appunto il Parlamento nazionale, composto da nominati previa cooptazione, eletti per designazione non popolare. Secondo la Costituzione il voto è un diritto ed un dovere. Ma è soprattutto un diritto e non andrebbe mai dimenticato. Se nella democrazia rappresentativa si concede col voto una delega (“in bianco”) ai propri rappresentanti nelle assemblee elettive, con l'astenersi tale delega non viene meno. In assenza di un quorum, per dirla tutta, chi non vota non può asserire di non aver delegato alcuno, giacché in realtà sta solo delegando altri cittadini a decidere per lui.
Fra poche ore sapremo se si è trattato davvero di una corsa a 2 per la Presidenza o no. In tanti lo hanno detto, scritto e ribadito. I papabili sarebbero da un lato Musumeci e, dall'altro Crocetta. Due candidature peraltro caratterizzate da diverse vicissitudini.
Il grosso punto interrogativo di Musumeci è la tenuta elettorale del Popolo della Libertà, nonché la “prima volta” elettorale del Pid dopo la diaspora con l'Udc. Sotto i riflettori anche nazionali, in particolare, è il voto al Pdl che ha subito un tracollo nel centro-nord in occasione delle ultime amministrative, difendendosi strenuamente nel sud.
La forte impressione è che, per vincere, Musumeci debba puntare ad ottenere molti più voti della coalizione, oltre a sfondare letteralmente nel suo “feudo” etneo, sfruttando come contraltare il non appoggio del sindaco Orlando, fresco di plebiscito alle recentissime amministrative palermitane, alla causa di Crocetta nel capoluogo regionale.
Per l'ex sindaco di Gela il rischio voto disgiunto a sfavore rimane e ci riferiamo all'elettorato cattolico-centrista, benché sia stato proprio l'Udc a rompere gli indugi nel candidare Crocetta cogliendo di sorpresa ed anticipando di fatto lo stesso Pd.
La scommessa dell'europarlamentare, come abbiamo già scritto, è quella di “compensare” l'eventuale gap con l'effetto trascinamento delle liste in appoggio e più specificatamente con un gran risultato del gruppo di liste provinciali “Crocetta Presidente”.
Si parla di un testa a testa fino all'ultimo, reso possibile anche dalla lacerazione nei due poli. Micciché e Lombardo hanno pensato bene di svincolarsi da Musumeci dopo averlo praticamente candidato e quasi imposto a ciò che rimane del centro-destra siciliano (Pdl e Pid). A suggerire la mossa i finiani. Il ragionamento, del tipo “se non vinceremo al 1° turno, in ogni caso è da noi che dovrete bussare dopo le elezioni, perché nessuno dei due avrà la maggioranza all'Ars”, è pragmaticamente plausibile. Altrettanto dicasi per vendoliani e dipietristi. Schiacciati nella morsa del Pd la scorsa tornata elettorale in sostegno ad una candidatura unica del fronte di centro-sinistra, lo scopo primario è stato da subito oltrepassare - con una candidatura autorevole e di riferimento a fare da traino - quel 5% solo sfiorato 4 anni e mezzo fa. Soprattutto Sel con Fava prima e la Marano dopo, vuole tornare ad essere una forza parlamentare, a cominciare dall'ambito regionale. Così più in generale la sinistra radicale (quindi anche Fds e Verdi), estromessa negli ultimi appuntamenti elettorali dalle assemblee che contano (europea, nazionale e regionale). Raggiunto tale obiettivo, in quest'ultima settimana definitivamente svelato dallo slogan “batti il cinque”, l'aggressiva e monocorde campagna elettorale di Fava in particolare, acquisirebbe una sua valenza ed un suo specifico significato, anche a rischio di “consegnare la Sicilia alle destre” come gli è stato sovente rimproverato. Insomma, dal punto di vista di Fava e/o Marano e compagni, il gioco potrebbe valere la candela. Discorso assolutamente da capovolgere, anche per l'Italia dei Valori, allorché tale scoglio del 5% non venisse superato.
Chi cresce a vista d'occhio, "sentendo" l'umore delle piazze, è il Movimento Cinque Stelle. Il tour di Beppe Grillo ha riscosso un successo in termini di presenze indiscutibile. Parimenti inconfutabile sarà il riscontro in termini elettorali, tanto che possiamo anticipare sin d'ora che M5S otterrà almeno 3 deputati tra i collegi di Palermo, Catania e Messina. Forse anche 5 o di più. Chissà. Chi lotta per un seggio nel collegio nisseno è anche il candidato grillino alla presidenza, nonchè all'Ars, Giancarlo Cancelleri: non a caso, il “leader” genovese del movimento ha chiuso il giro nell'isola con un comizio proprio a Caltanissetta. Chi lotta per superare lo scoglio dello sbarramento è anche il Nuovo Polo-Fli che sondaggi danno ben al di sotto del 5%. Un dato, però, che con tutta evidenza non sembra tener conto della circostanza che vede non pochi esponenti dell'ex mpa, anche di rilievo, prestati alla lista di Futuro e Libertà nei vari collegi: anche qui, dunque, solo il voto ci dirà la verità. Nel collegio nisseno dove vengono assegnati 4 seggi, di conseguenza, il destino di candidati gelesi quali Rinciani, Ventura e Spinello è legato prima di tutto all'eventualità di un superamento del 5% a livello regionale delle rispettive liste: Sel-Fds-Verdi, Fli-Nuovo Polo e Idv. Altre 9 liste che ambiscono a superare tale percentuale su base regionale per poter concorrere ai 4 seggi in provincia di Caltanissetta sono decisamente Pd, Pds-Mpa, Pdl, M5S e Udc; a ruota le due liste di Crocetta e Musumeci, nonché Grande Sud e Pid-Cantiere Popolare.
Non sono escluse sorprese.
Nel Pd, la radicalizzazione del voto frutto della lotta interna tra i gelesi Donegani e Arancio potrebbe favorire uno dei due così come il terzo incomodo, il nisseno Gallè. Fra gli ex autonomisti (Pds), Zoda vorrebbe fare lo sgambetto all'uscente gelese Federico, mentre sembrerebbe una gara ancora aperta tra i candidati Udc fra i quali c'è la gelese Lo Piano. Il nisseno Salvaggio, forte del riscontro ottenuto nell'elezione passata, partirebbe con qualche chances in più, nella lista “Crocetta Presidente”, rispetto ad outsiders quali il niscemese Di Martino ed il socialista gelese, attuale consigliere comunale, Piero Lo Nigro.
Un altro gelese, l'ex deputato nazionale ed avvocato Giacomo Ventura, qualora scattasse il seggio alla sua lista, dovrebbe guardarsi dalla niscemese Interlandi. Il discorso non cambia, come avvertito in precedenza, per gli esponenti gelesi di Sel, Antonio Rinciani, e per quello di Idv, Nunzio Spinello. La nostra sensazione è che tra i grillini, come sopra detto, il candidato unico sia Cancelleri, con gli altri - compreso il gelese Lo Monaco - a fare da contorno: saremmo felici di essere smentiti dalle urne. Nel Pdl Torregrossa resta il favorito numero 1 con il giovane gelese Angelo Cafà impegnato a ridare nuova linfa al partito di Berlusconi in città. Praticamente fuori dai giochi per il seggio i gelesi Totò Sauna (Sturzo Presidente) e Claudio Gambino (Ferro Presidente) che puntano ad un, non meno onorevole, contributo personale.
Autore : Filippo Guzzardi
» Altri articoli di Filippo Guzzardi
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|