|
notizia del 06/10/2010 messa in rete alle 12:32:41
|
Giovanni Ferro (Cgil) lascia il Pd: “Manca di strategia politica”
“In questo momento, in grande solitudine, ho deciso che non parteciperò al congresso del Pd. La mia tessera scadrà il 31 dicembre prossimo e non ho alcuna intenzione di rinnovarla. Nessun ripensamento. Vorrei aggiungere che non è importante che io la rinnovi, ma è importante invece comprendere perché tanti la pensino come me e rimangono. Forse costoro potrebbero ricredersi solo nel momento in cui vedono finalmente un partito democratico che sta nel dibattito nazionale e regionale che incide dove amministra, che crea le condizioni di progresso del popolo, che dà risposate soprattutto al mondo del lavoro”.
Questa la sofferta decisione che ci confida il segretario generale della camera del lavoro Cgil di Gela, Giovanni Ferro, dopo oltre trent’anni di militanza nel partito democratico a partire dal vecchio Pci percorrendo le altre tappe di Pds, Ds ed infine l’attuale Pd.
Una decisione, la sua, che gli pesa troppo e che forse domani potrebbe farlo ritornare sui suoi passi a condizione che riveda un partito capace di guidare la sinistra cacciando via Berlusconi ed il centro destra. Ma per ora non c’è nulla all’orizzonte che possa far vedere la luce oltre il tunnel in cui versa l’Italia. Il suo è un ragionamento lucido e consequenziale a fatti di natura politica nazionale e regionale. Quanto invece è successo nel Pd locale lo ritiene il riflesso di un andazzo nazionale e regionale, dove non vige il rispetto di regole e di disciplina di partito, ma di un modo di concepire la politica come qualcosa di personale e spesso affaristico. Ferro è deluso e fortemente preoccupato del momento storico che sta vivendo il Paese e non comprende come un partito, con una sua storia fatta di conquiste per i lavoratori, possa frantumarsi in pettegolezzi e beghe personali, anziché trovare strategie unitarie da contrapporre alla linea politica portata avanti dall’attuale governo per nulla sensibile al mondo del lavoro su cui riversa il peso della crisi economica internazionale e nazionale.
Con Ferro ci dilunghiamo in una conversazione dove al centro ci sono i comportamenti del Pd degli ultimi giorni anche riguardo a quelli che si riferiscono a casa nostra.
– Ferro, ma veramente sta pensando di non rinnovare la tessera del Pd e di non partecipare al congresso?
“Per il momento sì. Sono veramente stanco. Oggi sul blog di Repubblica leggo che il Pd chiede una mozione di sfiducia al governo Berlusconi. Arriva Franceschini e chiede la conta al segretario Bersani. Le sembra una cosa normale? Nel momento in cui il centro destra ha perso il lume della ragione, un Bossi che va in escandescenza, un Fini, terza carica dello Stato, che litiga quotidianamente con Berlusconi, in un momento di estrema debolezza delle nostre istituzioni, arriva un Veltroni a gamba tesa e smorza il dibattito anziché alimentarlo e supportare il segretario. Ma dov’è il Partito democratico come forza di opposizione che dovrebbe svolgere un ruolo di contrasto indicando un’alternativa candidandosi alla guida della nazione? Che cosa ci si aspetta dalle opposizioni? Che si organizzino al punto di potere vincere le elezioni sconfiggendo questo tipo di governo”.
– Cosa disapprova dell’operato del Pd?
“La mancanza di una strategia politica. E’ la strategia che deve mettere in scacco il re. Questo partito sta disilludendo un po’ tutti. Quelli che in questo momento pensano di stare attorno al Pd perché esso rappresenta la guida di un prossimo partito di governo, lo guardano con distacco. Illuminanti le parole di Cicchitto che ci rinfaccia di guardare a casa nostra prima di criticare il Pdl. Ed ha perfettamente ragione. Ma a che serve cincischiare nel partito democratico con le conte interne? Ci sono state le primarie, Bersani è stato eletto segretario, perché metterlo in discussione nel momento cruciale della vita politica nazionale?”
Per il segretario della camera del lavoro di Gela sono questi elementi che gli fanno perdere la pazienza ma anche i recenti fatti politici regionali dove il Pd si trova alleato di Fli, per non parlare poi dei fatti accaduti a casa nostra a partire dalle primarie fino a giungere alle elezioni amministrative.
– Parliamo del caso Gela, della candidatura a sindaco di Speziale che si contrappone a Fasulo? A differenza di qualche suo collega lei si è mantenuto lontano e non ha preso posizione. “Mi pare che sia la prima volta che accade una vicenda politica che ci ha ferito profondamente. Non mi sarei mai aspettato di vedere contrapporsi due esponenti del Pd, uno storico e l’altro più giovane competere e contendersi la poltrona di sindaco. E’ fuori da ogni logica e dalle regole che chi perde le primarie continua a proseguire nella corsa. Pensavo che chi perde le primarie, successivamente avrebbe dovuto sostenere chi le ha vinte”.
– In quel caso i dirigenti di partito regionale avrebbero dovuto intervenire immediatamente, cosa che non è stata fatta.
“Giusto. Tutto ciò è accaduto perché non c’è stato l’intervento del Pd regionale. Nella Cgil c’è un centro regolatore che stabilisce le cose che si possono fare e quelle non possono farsi. Stessa cosa non esiste nel Pd. In sostanza si è andati a ruota libera e al posto del Pd sono intervenuti i deputati regionali e europei. Il partito quindi non c’è e ad organizzare la campagna elettorale sono stati i deputati. Lo sforzo di Montagnino di ricomporre il quadro è un’azione giusta e doverosa, ma giunge tardiva”.
– Con questa sua decisione ha fatto proseliti?
“Le rispondo che ho ricevuto molte telefonate da persone che mi dicevano di avere abbandonato il Pd. E questo mi ha dato tanta tristezza. Allora mi sono detto che se la considerazione generale dell’opinione pubblica è che bisogna abbandonare il Pd, non siamo messi bene. Posso solo dire che ho rotto l’incantesimo e che sono il primo segretario della camera del lavoro che non ha tessera di partito”.
– A quali condizioni ritornerebbe sui suoi passi?
“Vorrei vedere il Pd che assumesse la guida delle opposizioni e li guidasse alle prossime elezioni mettendo in difficoltà il centro destra, un partito che rafforzi i sindacati e la Cgil in particolare e allora farei una riflessione in più per ritornarvi. Avevo diciassette anni nel 1977 quando presi la tessera del partito comunista italiano. Non ho mai lasciato il partito seguendolo in tutte le sue evoluzioni, mi candidai anche. Adesso non lo riconosco più. Lo lascio per ora senza nessun rimpianto”.
Autore : Nello Lombardo
» Altri articoli di Nello Lombardo
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|