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Corriere di Gela | La resilienza politica gelese
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notizia del 30/05/2010 messa in rete alle 12:25:12
La resilienza politica gelese

La campagna elettorale volge alla sua conclusione. Gli esiti di una competizione politica sui generis, tutta Geloa, ci diranno chi reggerà le sorti di questa città. Sempre che qualcuno non voglia non considerare conclusa la competizione con la fine delle elezioni amministrative. I messaggi politici, le parole utilizzate, le semantiche veicolate, le enfasi variamente dosate ci hanno fatto capire quanto è cambiata la classe politica o quanto si è mantenuta uguale a se stessa.

Messaggi affettivi verso Gela: amata, difesa, riscattata, giudicata, ne hanno fatto più un oggetto femminile che un luogo geografico e comunitario. Promesse amministrative più che politiche hanno visto una danza di capitoli di spesa da impiegare, distogliere, riutilizzare per il bene della collettività, in alcuni casi configurando interventi di pura indennità per la condizione di alcuni cittadini, senza un nesso evolutivo che ne configuri una condizione produttiva e dignitosa. Insomma, una campagna elettorale come molte, ma con in più un senso di apocalittica attesa per le sorti di una città che si sente capace di fare grandi salti ma con il minimo dello spostamento. In realtà qualcosa di importante è cambiato e forse non nei metodi di acquisizione del consenso e di comunicazione dei programmi dei candidati, o meglio dire, delle “intenzioni” dei candidati, perché un programma nasce dalla consapevolezza dei limiti e delle risorse disponibili, le intenzioni invece scaturiscono solo dall’attenzione verso le aspettative.

Dicevo che qualcosa è cambiato e questo è il contesto storico italiano, europeo, mondiale. Per nulla lontano o remoto rispetto alle influenze che può indurre nella nostra stessa città. Ma per capirlo occorre citare una parola nuova che si fa avanti da circa un anno. Una parola, un concetto, che si sta presentando all’interno di contesti aziendali e che finisce per entrare anche nel panorama sociale e pubblico.

Il nuovo termine è “resilienza”, “resilience” nel mondo anglosassone. Il termine è ormai in uso tra le prerogative che le aziende più competitive vogliono perseguire e viene spesso esplicitato tra gli obiettivi aziendali cui uniformarsi. La resilienza viene tradotta, dai meno accorti, come robustezza, in realtà non ha nulla a che vedere con ciò. Il termine trae origine dall’ingegneria meccanica è indica la capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni esterne impulsive. In altri termini denota la capacità di un materiale di incamerare l’urto, magari deformandosi, ma senza spezzarsi. Come un paraurti di una automobile. Il termine si candida pertanto a denotare la capacità di incassare reazioni esterne non compromettendo la propria funzionalità. Le aziende, con la crisi globale del 2009 e del 2010 stanno sviluppando tale requisito: incassare colpi e sconfitte ma mantenere intatta la loro capacità di operare nei mercati. Una dote certamente più idonea di quella perseguita prima della crisi finanziaria mondiale che spingeva le aziende ad essere “vincenti” in un mercato che, tramite l’eccellenza, premiava le più competitive. Oggi, “essere vincenti”, in un mercato globale depresso, è impossibile, anche se si è eccellenti nel proprio settore. La resilienza, così intesa, è invece la prerogativa che assicura almeno la sopravvivenza.

Applicare in politica tale termine consente di avere nuove indicazioni.

Infatti non sfugge a nessuno che la crisi globale dei mercati, la recente crisi dell’euro, il colossale indebitamento dello stato italiano, le varie forme di federalismo che si vogliono attuare e le condizioni depresse dell’economia siciliana determineranno certamente una penuria di risorse, netta e tangibile. Le amministrazioni locali dovranno, sempre più, autoalimentarsi economicamente, assumersi, sempre più, le responsabilità dei deficit e del taglio di servizi, rispondere ai cittadini delle proprie scelte di bilancio. In questo contesto la vecchia politica non funziona più. La politica che pensa che i servizi e le infrastrutture vengono solo da consistenti investimenti economici entra in crisi. Appunto perché i grossi investimenti e i consistenti flussi economici verranno drasticamente ridotti.

Cosa cambia allora nella “nuova politica”?

Gli amministratori dovranno lavorare più con le priorità, scegliendo cosa sacrificare e dovranno intervenire con le idee e le iniziative a basso costo più che con l’impiego di ampi flussi economici. D’altra parte non è difficile far bella figura quando si investe massicciamente su un’opera pubblica. E’ più difficile trovare idee a basso costo che incidano sui servizi e la vivibilità delle comunità. E’ su questo che i nuovi politici e amministratori dovranno misurarsi. La nuova resilienza politica è questa, saper incassare ridimensionamenti economici, ottimizzazioni, ristrutturazioni, senza compromettere lo scopo di una istituzione pubblica, agendo su un impiego attento e innovativo delle spesa, che è poi la vera e più alta funzione della politica che amministra.

Ne sono consapevoli i nostri futuri amministratori che la resilienza li attende nelle stanze del Comune di Gela per il prossimo futuro?

Vogliamo sperare di si, ma se dovessimo fidarci degli slogan elettorali e delle ultime baruffe geloe forse, a molti, gioverebbe un corso, anche sintetico, di ingegneria meccanica.



Autore : Sebastiano Abbenante

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