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Corriere di Gela | L’Ircac? Il carrozzone di sempre
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notizia del 09/02/2005 messa in rete alle 12:24:53
L’Ircac? Il carrozzone di sempre

L’Ircac, a Palermo, è un istituto di mediocredito della Regione Siciliana che si occupa di finanziamenti alle cooperative. E’ come un ministero, anzi di più: una sede di gran lusso, corridoi con decine di stanze in cui si fa sembrare che si lavora, un ambiente ovattato e sterilizzato che mira a mettere soggezione al visitatore non smaliziato. Mi serve il fac-simile di un verbale da presentare e chiedo: “potete mandarmelo per fax o con una e-mail?”. L’impiegato, al telefono, è visibilmente imbarazzato, ma ritorna in sé: “Mi mandi un fax con la richiesta, e vedremo cosa si può fare”. Invio il fax dopo dieci minuti. Ritelefono dopo quattro giorni: “Non ho ricevuto nulla”. L’impiegato si scusa: “Il suo fax sarà fermo al protocollo, a me non è ancora arrivato”. Insisto: “Ma non può andare al protocollo e prenderlo? Stiamo perdendo tempo, tanto valeva utilizzare il servizio postale”. La risposta è sempre la stessa: “Vedremo cosa si può fare”. Sono trascorsi dieci giorni, e non riesco più neanche a parlare con l’impiegato che, mi dicono, “è assente”, e naturalmente nessun altro può svolgere il suo compito.
In un mondo ormai globalizzato, in cui si inviano, tramite Internet, documenti di ogni genere in ogni angolo del mondo in tempo reale, in Sicilia esiste un “carrozzone” burocratico che è come un muro di gomma, un “carrozzone” che costa alla Regione decine di miliardi l’anno per dare mensilmente lauti stipendi a qualche decina di impiegati che lavorano poco, producono poco e devono solo ringraziare i vecchi partiti (dalla Dc al Psi al Pci) che li hanno inseriti in questo “stipendificio”.
Mi verrebbe voglia di fare un appello ai nostri due deputati regionali gelesi, Speziale e Morinello, ma non ne vale la pena: il sistema è ormai cronicamente marcio e non avrebbero alcuna voglia e alcuna necessità di tentare di scrostarlo. Del resto, a reprimere certi comportamenti non riesce, a quanto pare, neanche la Magistratura, nella quale, secondo l’ultima ricerca, hanno fiducia soltanto quattro cittadini su dieci. Ricordate, otto anni fa, gli arresti di una trentina di dipendenti regionali che durante le ore di lavoro si occupavano delle più svariate attività personali? L’inchiesta della Guardia di Finanza fu esemplare: in tre mesi furono fatti pedinamenti, intercettazioni, riprese filmate. Gli impiegati timbravano il cartellino, poi andavano a fare la spesa, o a chiacchierare nei bar, o a sbrigare faccende di famiglia.
La maggior parte di questi signori ha ritenuto di non dovere patteggiare la pena, ha affrontato il processo, e dopo otto anni la Magistratura li ha assolti, perché nei loro uffici mancava l’acqua, e quindi, se uscivano, lo facevano per soddisfare il loro legittimo bisogno di bere!
Dopo una simile sentenza, la fiducia della gente nella Magistratura perderà sicuramente altri punti, e gli impiegati pubblici potranno continuare ad assentarsi impunemente dal lavoro adducendo le scuse più svariate ed improbabili.
Ai magistrati che hanno emesso la sentenza, invece, si potrebbe conferire il premio “Fantasia al potere”. Perché una motivazione così, noi poveri cittadini comuni, ce la saremmo solo sognata.


Autore : Giulio Cordaro

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