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| notizia del 30/03/2003 messa in rete alle 11:58:54 Aldisio visto da Andreotti ‘Altri cento nonni della Repubblica’. Con questo titolo Giulio Andreotti ha dato recentemente alle stampe la sua ultima fatica letteraria (Rizzoli editore, 217 pagine, euro 14,00). Cento ‘nonni’, cento nomi, a cominciare da Salvatore Aldisio, in stretto ordine alfabetico, per finire con Mario Zotta. Con questo volume il pluriprimoministro ha voluto porre rimedio alle involontarie dimenticanze del suo precedente ‘I nonni della Repubblica’, per le quali, come é riportato nel risvolto di copertina dall’editore, erano stati rivolti ‘garbati rimproveri’ da parte di alcuni (pochi) sopravvissuti o di eredi ed amici di partito, non inseriti nel volumetto pubblicato appena l’anno scorso. Piccoli ritratti di uomini politici che hanno fatto, chi più chi meno, la storia della Repubblica. Di Aldisio, con cui apre la sua rassegna, Giulio Andreotti dice delle sue origini gelesi ed agricole e racconta del perché e come nel 1953 non venne nominato ministro dell’Agricoltura. Ne parla bene ed alla fine rende omaggio alla grande generosità di quello che ancora oggi consideriamo il figlio più illustre di questa città. Andreotti chiude il suo ‘medaglione’ con questa frase: ‘In morte, Salvatore Aldisio lasciò tutti i suoi beni a opere pie. Non risulta che tutti quelli che lo criticarono abbiano fatto lo stesso’. Il brano su Aldisio La mancata nomina di Aldisio a ministro dell’Agricoltura nel 1953, bloccata dai due Gruppi parlamentari democristiani, suscitò una vivace protesta del presidente Einaudi o, meglio, del suo Segretario Generale Ferdinando Carbone. Dal Quirinale partì una nota scritta, che sarebbe poi apparsa nei sospiri de Lo scrittoio del Presidente. Il tema era mal posto. Nessuna invasione di campo esisteva se i rappresentanti di deputati e senatori in cui numero era determinante per il voto di fiducia avvertivano prima che non vi avrebbero proceduto. E’ vero. Aldisio, nato sessantatré anni prima a Gela, era un personaggio di spicco: antifascista d’annata e coautore dello Statuto speciale dell’isola. Passava però per agrario (ufficialmente era agricoltore) e questo lo contrapponeva in modo insuperabile al ministro Segni che con la riforma fondiaria si era acquistato giusta fama di socialità. E su tale presunto proposito aldisiano di controriforma già gli addetti all’ufficio delle confusioni organizzate stavano predisponendo le batterie della contestazione. Il braccio di ferro durò poco, anche perchè lo stesso Aldisio troncò con decisione la procedura di blocco. Il Segretario Generale Carbone gli rese grazie. Proprio così. Non ringraziava, ma rendeva grazie; in un italiano che nel Settecento avrebbero considerato alquanto lezioso. Meno forbite furono invece le espressioni da lui indirizzate al direttore del ‘Candido’, che aveva disegnato il Presidente mentre passava in rassegna le bottiglie del suo pregevole Nebiolo. Sarebbe stato spiritoso invitare Guareschi a berne qualche bicchiere al Quirinale e non metter di mezzo la carta bollata, rendendo, tra l’altro, più tardi possibile la sospensione condizionale della pena quando Guareschi fu condannato per la pubblicazione della falsa lettera di De Gasperi durante la Resistenza. E’ molto triste che Guareshi, così benemerito e in prima linea nella battaglia del 1948, fosse passato in seguito nel fronte antieinaudiano e antidegasperiano. In morte, Salvatore Aldisio lasciò tutti i suoi beni a opere pie. Non risulta che tutti quelli che lo criticarono abbiano fatto lo stesso. Giulio Andreotti (da ‘Altri cento nonni della Repubblica’ Rizzoli Editore) |
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