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notizia del 18/05/2010 messa in rete alle 11:51:05
Guerriglia o competizione?
L’agone politico gelese è in piena ebollizione. Le truppe elettorali sono schierate su un campo di battaglia sempre più tortuoso e frastagliato. Più che uno scontro tattico tra schieramenti su una pianura, si prospetta un confronto con tecniche di guerriglia in una foresta. La modalità del contendere politico è parafrasabile secondo il seguente schema: ogni qualvolta un successo illude il vincitore su una conclusione positiva della competizione, un’evenienza, che mette in discussione tutto, scoppia in un altro punto del territorio politico, obbligando i contendenti a nuovi scontri. Guerriglia appunto e non battaglia. Forse questa è la nuova evoluzione della politica: insidiare e non fronteggiare, apparentarsi e non allearsi, semplificare il fine anziché articolarlo, usare un linguaggio simbolico al posto di un linguaggio razionale.
Il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti sostiene che la differenza tra uomo ed animale sta nel fatto che l’uomo è privo di qualcosa che negli animali è presente: l’istinto. Infatti gli animali nascono e proliferano in ambienti in cui il loro istinto si può esprimere. L’uomo, non essendone dotato, tende a modificare l’ambiente nel quale si riproduce con un’invenzione: la tecnica. Succedanea dell’istinto, ma enormemente più efficace.
Posponendo il concetto in ambito politico, pare che l’uomo si sia inventato un altro strumento compensativo dell’istinto: la percezione del potere, non però un potere libero e incondizionato, ma uno strumento-potere condizionatissimo e perciò spesso inefficace.
E’ come se un esercito andasse in guerra fiero della potenza delle sue armi senza una bandiera e dei principi da difendere. Con in più il paradosso che le armi, potenti, sono in affitto e a tempo. Questo è lo spettacolo prevalente che la scena politica gelese pare prospettare.
Ma una cosa va detta per non cadere in un qualunquismo ingessante. Una città non si giudica solo per quello che si manifesta e che appare disordinato e contraddittorio. Ogni sistema è dotato di energia cinetica e di energia potenziale, ossia quell’energia che può tradursi in energia di movimento ma che rimane al momento inespressa. La somma delle due costituiscono il bilancio energetico del sistema nel suo complesso.
Fuori dal paradigma è come dire che la logica del consenso, espressa tramite criteri parentali di cui ogni candidato si fa portatore, seppur prevalente, non esaurisce le potenzialità e le istanze della cittadinanza gelese. La cittadinanza si rende conto che questa campagna elettorale ha eclissato le bandiere ed i principi sociali, oscurandoli con l’attenzione agli strumenti del potere, alle alleanze più disparate e contraddittorie e alle ingenuità di poter ridefinire le sorti della città come se i processi evolutivi fossero tutti dotati di reversibilità storica.
No, esiste un grande potenziale a Gela, un potenziale di gente, forse meno intraprendente di tanti personaggi “volitivi” della scena politica ma estremamente volenterosa nel quotidiano e attenta ai processi sociali in atto, che sono e rimangono globali e non locali.
Inaccettabile la definizione dell’On. Pagano, in un trafiletto dell’edizione straordinaria del Corriere di Gela, che definisce Gela come peggiore di Kinshasa, in un’apoteosi di apprezzamenti che prescindono da ogni analisi di contesto, al solo fine di confinare Gela nel peggio del peggio per invocare forse una cura politica di “destra”, che gli italiani ben conoscono nei presupposti. Mi dispiace, questa è una città disordinata nell’erogare le proprie energie, a volte contraddittoria, ma è una riserva di energie che forse fa invidia a qualcuno e che qualcuno forse teme.
Si ritorni dunque alle bandiere ed ai principi, che non sono tutti uguali, si ritorni al linguaggio della ragione e non del simbolismo, si smetta di “amare Gela” perché è una città che non si farà mai possedere da nessuno, si potrà solo servire e per un tempo limitato, quanto basta per cedere il testimone ai migliori rappresentanti delle generazioni più giovani. Un processo naturale, quindi, ove la politica non venga caricata di attese insostenibili o di ambizioni sfrenate e soprattutto ove la complessità dei temi non sia l’alibi per renderli ancora più complicati, ricordandosi che il fare a tutti i costi, senza un’analisi ed un metodo che lo indirizzino,anche in politica genera mostruosità.
Autore : Sebastiano Abbenante
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