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Corriere di Gela | Amministrative 2011, governo in minoranza
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notizia del 21/05/2011 messa in rete alle 11:49:58
Amministrative 2011, governo in minoranza

Le forze che governano attualmente l'Italia, saranno ancora maggioranza in parlamento, ma non lo sono nel paese. La sorpresa più eclatante è Milano, capitale della finanza italiana e fino a ieri feudo berlusconiano. La Moratti recita il «mea culpa» per i toni troppo accesi, ma ha ragione a lamentarsi, sebbene a denti stretti, poiché ottiene almeno 15 mila voti in più rispetto alle 12 liste a sostegno e paga a caro prezzo la dèbacle del PdL che dimezza i consensi e passa al 28,75%, praticamente raggiunto dallo stesso Pd (28,64%) quest'ultimo pur orfano di un proprio candidato e del relativo effetto trascinamento.

Persino nella sua Arcore, il cavaliere subisce lo schiaffo del Pd che scavalga il PdL mentre la candidata dello schieramento rivale a berluscones e leghisti è in netto vantaggio. La stessa Lega, d'altro canto, non soccorre l'alleato in difficoltà e frena sensibilmente.

IL FATTO. Nel Nord, la coppia Pdl+Lega vince al primo turno solo alle provinciali di Treviso e va al massimo al ballottaggio nei comuni maggiori, compreso Milano, rischiando grosso a Pordenone e Trieste, non vincendo a fronte di un centro sinistra locale dilaniato a Rovigo, sfiorando la vittoria al 1° turno solo alle amministrative di Varese, nonché alle provinciali di Vercelli. Per contro, incassa la sconfitta alle amministrative di Torino e nei comuni più importanti delle 4 regioni che una volta si definivano “rosse”. Parità assoluta a Mantova. Quello che non fa la Lega al centro-nord, lo fanno per contro Udc e le liste civetta - tra cui il coordinatore pidiellino Verdini fa rientrare anche FdS con Micciché che non la prende affatto bene -, nel Meridione. Pdl e Udc vincono alle provinciali di Campobasso (pure i finiani nel calderone), sfondano alle amministrative di Catanzaro e Reggio Calabria, s'impongono anche alle amministrative di Latina (La Destra dà una mano), Caserta (dentro anche Micciché e Lombardo), sfiorano la vittoria ad Iglesias e sono in forte vantaggio alle provinciali di Reggio Calabria (contro il presidente uscente), pareggiano a Cagliari (nel coalizione anche Pid e MpA). Con ciò, però, asserire che il centro destra si difende vincendo al sud e addirittura pareggiando la partita nel complesso, assume l'aria di una forzatura, in quanto allo stato attuale e fino a prova contraria, l'Udc non è parte integrante del centro destra e, soprattutto, non è forza di governo.

UNITI SI VINCE. Il centro sinistra unito vince nei grandi comuni di Torino e Bologna, ma anche a Ravenna, Savona, Arezzo, Siena, Grosseto, Fermo e Benevento, nonché alle provinciali di Gorizia, Ravenna e Lucca; sfiora la vittoria alle provinciali di Trieste contro un centro destra frazionato e bastonato. Accarezza l'insana (alla vigilia) idea del “colpaccio” a Milano dove la candidatura di Pisapia (quasi 35 mila voti in più della coalizione) conferma, in ogni caso, la bontà di uno strumento come le primarie. In non pochi nel centro sinistra si mordono le mani a Macerata dove alle provinciali si rivela sbagliata la formula dell'alleanza con l'Udc, ad escludere le sinistre radicali il cui candidato coglie invece il 10% dei consensi. Un candidato unico e non due avrebbe consegnato al centro sinistra anche il comune di Rimini. Col centro sinistra unito, insomma, torna a non esserci più partita in Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche. Laddove il centro sinistra si presenta diviso, la musica cambia inesorabilmente. E se nel Pd la linea di Bersani (alleanza con le sinistre radicali e IdV) stravince al centro-nord, lo stesso non può dirsi, come detto poc'anzi, nel Mezzogiorno dove il partito democratico è costretto, volente o nolente, a guardare in quelle regioni al Terzo Polo. Soprattutto, a prescindere dalle decisioni prese da Casini, Fini e Rutelli i merito ai singoli ballottaggi, il discorso si complica in una prospettiva che guarda alle elezioni politiche con una legge elettorale ben diversa da quelle per le regionali e le amministrative (provinciali e comunali).

I CASI DE MAGISTRIS/DE LUCA. Il centro-sinistra paga dazio a Napoli ed in Campania per l'onda lunga anti Bassolino. Nel capoluogo partenopeo, a tenere banco è la sfida lanciata da De Magistris, candidato di Italia dei Valori, che va al ballottaggio con il candidato del centro destra Lettieri. E' presumibile che i voti di PD e delle sinistre vadano al 2° turno all'ex magistrato che sa di potersela giocare al ballottaggio. Se ce la dovesse fare, Di Pietro realizzerà per la prima volta cosa significa essere a capo di un partito non più a sua immagine e somiglianza, perché ci sarà un altro che, quanto prima, attaccherà la sua leadership. Quel che non riesce a Napoli, si avvera a Salerno con il PD che gioca a nascondino e, soprattutto, in virtù dell'effetto De Luca. Una candidatura quest'ultima, del centro-sinistra (tra cui anche il PD sotto mentite spoglie), che raggiunge percentuali bulgare (attorno al 72%).

LE STELLE DI GRILLO. Nel Centro-Nord, “padania” compresa, a livello locale il boom di Grillo e del suo Movimento 5 stelle è indiscutibile. In queste amministrative i candidati grillini ottengono percentuali da sballo che non temerebbero sbarramenti di sorta alle politiche, specie nelle regioni, come Emilia Romagna e Toscana, in cui il centro sinistra si è imposto. E se estendiamo il quadro da Savona (9%) a Trieste (oltre il 6%), passando attraverso i risultati più o meno altisonanti di Novara, Milano, Varese e Rovigo, più che pescare a sinistra, il movimento del comico genovese sembra aver virato nella sua direzione più naturale, ossia a destra. Passi pure per lettura semplicistica, ma l'impressione è che la Lega abbia continuato a difendersi nelle campagne, incassando però il ritorno nelle fabbriche del rivendicazionismo di sinistra (sospinto da una ripresa del sindacalismo di bandiera nelle vertenze) e, al contempo, lasciando (da buon partito di governo), il populismo di “piazza” all'extra parlamentarismo grillino. Il movimento scompare man mano che si scende giù per lo stivale. Difficile pensare ad una soglia di sbarramento oltrepassata alla Camera. Ma riguardo al Senato (su base regionale) Grillo è tentato dall'osare.

TERZO POLO. Attraverso i propri candidati, il Terzo Polo passa dal 3% di Arezzo al quasi 17% di Siena, con il 10% a Napoli in mezzo. Nella maggioranza dei casi si presenta diviso. Una verosimile stima statistica, in proiezione nazionale, lo attesta al 7% (Udc 5%; Fli 1,5%, Api 0,5%) il che significa superare lo sbarramento alle politiche. L'1,5% è la percentuale dell'esperimento “fascio-comunista” (Pennacchi+Fini) a Latina: un autentico flop. Occhio alle fughe di coloro, tra i finiani, già attirati dalle sirene provenienti dal Pdl, ovvero da Micciché nell'isola. L'Udc vince nella coalizione di centro destra. Ma alle politiche, con “porcellum” immacolato, Casini è conscio che rimarrebbe schiacciato nella morsa tra Pdl e Lega, in quanto i centristi – benché determinanti al centro—sud, da Roma in giù sono inferiori in confronto alla forza della Lega da Roma in su. Diverso sarebbe, cioè, il peso specifico nella coalizione (prenderebbe meno seggi in parlamento rispetto al partito del carroccio), con Bossi che rimarrebbe l'interlocutore privilegiato del Cavaliere. Lo stesso Lombardo è consapevole che con la legge elettorale per le regionali, il Terzo polo ha una sua ratio solo se si allea con uno dei 2 schieramenti. Presentarsi da soli sarebbe come entrare in una galleria al buio. Se a prevalere fosse una logica bipolare, queste elezioni suggeriscono un MpA (a maggior ragione Fli) organico al centro-destra. Ma il vero test amministrativo, tutto siciliano, con le alleanze decise caso per caso, è quello di fine giugno in occasione di un appuntamento come l'election-day (concomitanza con i referendum) che normalmente comporta una buona affluenza e quindi dati più significativi.


Autore : Filippo Guzzardi

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