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Corriere di Gela | Più cautele con l’immigrazione
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notizia del 28/08/2006 messa in rete alle 11:12:30
Più cautele con l’immigrazione

Uno dei tanti motivi di scontro tra le forze politiche che compongono il governo Prodi riguarda il dibattito sulle nuove norme di cittadinanza per gli extracomunitari.
Il periodo di residenza in Italia, richiesto per l’ottenimento della cittadinanza, dovrebbe essere portato da dieci a cinque anni, secondo quanto chiedono le forze della sinistra radicale, o comunque a sette anni, secondo quanto sostiene, frenando, il ministro Amato. Ambedue le proposte mi lasciano alquanto perplesso, per una serie di motivi. Innanzitutto negli ultimi tempi parecchi Comuni italiani hanno fatto un po’ di confusione, concedendo il diritto di voto agli extracomunitari in assenza di cittadinanza, mentre tale diritto, che ha dirette ripercussioni nella vita delle nostre comunità, non può essere assolutamente scisso dalla cittadinanza, dalla quale deriva direttamente insieme all’accettazione dei doveri sanciti dalla Costituzione.
Adesso, se la nuova normativa verrà approvata, saranno sufficiente cinque o sette anni per ottenere la cittadinanza italiana. Sono sufficienti agli extracomunitari per integrarsi nelle nostre comunità? In alcuni casi probabilmente sì, ma nella stragrande maggioranza credo proprio di no.
La cittadinanza implica, per gli extracomunitari, l’accettazione piena e incondizionata dei valori su cui si fonda la nostra Repubblica. Soprattutto i valori di libertà: libertà di viaggiare, di comunicare, di vestirsi come si vuole, libertà di stampa, libertà della donna, libertà economica, libertà sessuale, libertà di religione, e via dicendo.
Il pakistano che a Brescia ha ammazzato e sepolto la figlia perché “vestiva e si comportava all’occidentale” e non da buona musulmana è sintomatico di come certi valori, da noi ovviamente non condivisi, resistano nelle comunità straniere.
A quel padre omicida, residente da cinque anni in Italia, il governo avrebbe concesso la cittadinanza italiana?
Ecco, non vedo alcun motivo per abbassare il periodo di residenza di dieci anni, e credo inoltre che sia necessario valutare caso per caso l’opportunità di riconoscere la cittadinanza, perché è una presa in giro il preteso giuramento di accettazione della Costituzione: serve accertare chiaramente se i nostri valori sono accettati e condivisi dai richiedenti.
E non si dica che dobbiamo “adeguarci all’Europa”: è il solito ritornello di chi non ha migliori giustificazioni. La cittadinanza si ottiene dopo cinque anni di soggiorno in Gran Bretagna (ma la gestione è controllata) e in Francia (ma occorre conoscere bene i diritti e doveri dei cittadini). Ser-vono dieci anni in Spagna e otto in Germania, dove però si deve frequentare con profitto un corso sui valori fondamentali dello Stato e della Costituzione.
Infine, due parole sulla reciprocità, di cui si parla poco o non si parla proprio. La libertà economica che l’Italia concede agli stranieri corrisponde a quella che potremmo avere noi italiani in altri Paesi? Se un italiano volesse stabilirsi in Pakistan, o in Siria, o in Algeria, avrebbe le stesse tutele? In Italia costruiamo moschee per permettere ai musulmani di pregare, ma nei Paesi musulmani, se un occidentale fa il segno di croce rischia di essere arrestato.
E allora cosa facciamo, non diamo una mano agli immigrati? Certo che glie la dobbiamo dare, certo che dobbiamo favorire la loro integrazione, ma con cautela, con rigorosi accertamenti e pretendendo che anche all’estero si rispettino i nostri connazionali. Altrimenti il Governo avrà dimostrato soltanto, una volta di più, la sua debolezza morale e civile.


Autore : Giulio Cordaro

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