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notizia del 29/11/2008 messa in rete alle 10:04:56
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Tra rimpasto e terzo mandato
Nonostante le elezioni amministrative siano avvenute poco più di un anno fa, il mutato quadro politico ha posto un’esigenza di rimodulazione della giunta, per quello che anche nel linguaggio comune abbiamo recepito col termine «rimpasto». Tenuta nel debito conto la sua buona fede, il nostro primo cittadino ha perso un’altra occasione per far passare, una volta tanto, il messaggio che la politica sia, comunque ed in ogni caso, una cosa seria, aprendo invece al triste «balletto delle poltrone»: perché questa è sostanzialmente la logica, a dispetto di slogan elettorali di successo del tipo «indietro non si torna» (anche se riferiti ad altro).
Pur nel rispetto delle professionalità umane che qui non si vuole nemmeno lontanamente mettere in discussione, sorvolando sullo spessore politico a cui dovrebbe alludere il tanto proclamato «alto profilo» della nuova giunta, è certo che l’assegnazione delle branche assessoriali, oggettivamente, continui a “sbeffeggiare” il «criterio di competenza». Cosa di poco conto? Tutt’altro, dato che è proprio la legge a consigliarlo tra le righe, giacché il sindaco eletto con voto popolare e dotato di una legittimità democratica sovrana, ha per norma il potere di nomina e (soprattutto) revoca assessoriale, senza dover passare il permesso a nessuno, partiti compresi.
Con la riforma del governo locale, qualunque sindaco espressione diretta dell’elettorato non ha bisogno per governare di una maggioranza in consiglio comunale: tant’è che Crocetta (foto) non ha mai avuto una vera maggioranza in consiglio, né formalmente come nella precedente legislatura, né di fatto come in questa.
L’unico momento istituzionale in cui sia auspicabile l’apporto di una maggioranza consiliare per l’amministratore delegato municipale attiene all’approvazione del bilancio e Gela, sotto quest'aspetto, com’è oramai noto rientra, infatti, nell’elenco delle città commissariate: altro che maggioranza consiliare. L’obiezione secondo cui il consiglio può sempre sfiduciare il sindaco e costringerlo alle dimissioni, tenendolo sotto scacco nella nomina e revoca assessoriale è vera, ma a metà. Perché va assolutamente detto che nello sfiduciare il sindaco, il consigliere comunale firma al contempo le proprie dimissioni considerato che si andrebbe a nuove elezioni tanto per il sindaco quanto per lo stesso civico consesso: una circostanza, quest’ultima, non affatto secondaria e dalla valenza chiaramente inibitoria come dimostra inequivocabilmente la relativa casistica.
Con un panorama politico letteralmente stravolto dal terremoto elettorale (tra politiche, regionali e provinciali nel giro di pochi mesi) di quest’anno, l’azzeramento in giunta e la formazione di un governo monocolore Pd, onestamente, non avrebbe fatto gridare nessuno allo scandalo e questo ancor prima che il partito veltroniano accogliesse poi a braccia aperte il sindaco antimafia, con tanto d’investitura nell’appassionato intervento di Crocetta alla manifestazione del 25 ottobre a Roma. Si può discutere quanto si vuole, ma la scelta di aderire al Pd e di aprire, contemporaneamente, a quanti più partiti possibili nel procedere al rimpasto (sottogoverno incluso) senza esserne costretto per legge, dipende dalla volontà di Crocetta di candidarsi alle prossime europee, evidentemente col massimo consenso possibile. La partita in gioco non è tanto sul tema dell’incompatibilità tra i ruoli di europarlamentare e di sindaco; quanto piuttosto, come si evince chiaramente dai salotti televisivi nazionali, sul tema delle preferenze dell’attuale legge elettorale o delle eventuali liste bloccate auspicate dal proposito di riforma del governo Berlusconi: di sicuro, non è così scontato che all’interno del Pd venga consentito all’ultimo arrivato Crocetta di avere una candidatura blindata per Bruxelles.
Tuttavia, dalla lettura di un articolo apparso in un noto quotidiano, apprendiamo (chi con piacere, chi con dispiacere) che anche in caso di una candidatura alle europee il sindaco non abbandonerà la carica, mantenendola addirittura (tra il tempo che passa che sollevare l’incompatibilità e quello che passa per opporsi sollevandone l’incostituzionalità) fino a fine legislatura anche in caso di successo alle elezioni europee ed ipotizzando, come se non bastasse, financo l’eventualità di un terza sindacatura perchè il primo mandato non è stato svolto per intero.
Orbene, appurato l’amore incommensurabile di Crocetta per la sua città, ci sarebbe un comma, il terzo dell’art. 51 («Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati») del «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», che dispone: “è consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie”. Qualcuno dica al sindaco che a nulla valgono le acrobazie argomentative più disparate, se l’intenzione di completare questa legislatura s’avverasse: a quel punto, non potrebbe più ricandidarsi perché il primo mandato è durato più della metà dei 5 anni previsti. Paradossalmente, l’unico modo per ricandidarsi è, semmai, farsi sfiduciare dal consiglio comunale, ma lungi dal chi scrive il vorrebbe essere un giorno additato come colui che, quand’anche distrattamente, l’aveva suggerito.
Autore : Filippo Guzzardi
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