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Corriere di Gela | Maccartismo all’italiana
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notizia del 07/05/2004 messa in rete alle 09:50:31
Maccartismo all’italiana

Vivo a Gela nel terzo millennio o negli Stati Uniti degli anni ’50, quando venivano licenziati e colpiti tutti coloro che non erano in linea col regime presidenziale o che erano sospettati di “comunismo”?
In verità il clima che Gela sta vivendo in questo periodo richiama il clima intollerante della “caccia alle streghe” del maccartismo: allora erano colpiti i presunti comunisti, oggi e a Gela si viene colpiti per presunta “mafiosità”. Attenzione, perché ognuno è nel mirino, e può bastare un semplice sospetto o un’indagine in corso, magari aperta ad hoc, per perdere la credibilità, la faccia, o anche il lavoro, come è successo al Conapro, espulso dal petrolchimico gelese dopo quasi trent’anni di attività. Come se non bastasse, a Niscemi, cioè ad un tiro di schioppo da Gela, viene sciolto per la seconda volta in pochi anni il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. E allora il pensiero vola al 1992, quando fu sciolto, sempre per infiltrazioni mafiose, il consiglio comunale di Gela. Arrivarono i commissari prefettizi, che per un paio d’anni allontanarono ogni infiltrazione… poi circa otto anni di amministrazioni di centrosinistra, con ulteriori pressanti voci di un nuovo scioglimento che non ci fu. Gallo si dimise e il resto della storia la conosciamo.
Ma torniamo un attimo al 1992: le infiltrazioni mafiose che portarono allo scioglimento del consiglio gelese erano legate allo scandalo delle “fogne d’oro”, ossia il collettore fognario della Via Venezia, per il quale si ipotizzò, grazie anche alle incaute dichiarazioni di un certo consigliere comunale, che fossero stati distribuiti dieci milioni di lire a ciascun consigliere comunale che aveva votato a favore della perizia di variante. Chi fece quelle dichiarazioni non le confermò poi in dibattimento, facendo riferimento a “voci di popolo” e affermando di non ricordare chi glie ne avesse parlato. Torniamo ai nostri giorni, e precisamente nel dicembre 2003, quando il Tribunale di Gela, sezione penale, pronuncia la sentenza, divenuta ormai definitiva, con cui assolve i politici imputati, perché i fatti non sussistono. Ricordiamo chi sono questi politici assolti: l’ex sindaco Ot-tavio Liardi (Dc), Tommaso Cammalleri (Psdi), Giovanni Scaglione (Dc), Grazio Trufolo (Pli), Vincenzo Tignino (Psi), Domenico Faraci (Pri), Giuseppe Marchisciana (Dc), Rocco Cafà (Psi) e Franco Bunetto (Pli).
Ricapitoliamo: questi signori hanno subito undici anni di processo per avere il giudizio di assoluzione. E per quel processo, che si è concluso con la tardiva assoluzione, è stato sciolto il consiglio comunale di Gela. Sarebbe forse il caso che qualcuno, oggi, facesse ammenda per ciò che ha detto undici anni fa. Ma soprattutto, poiché le vicende del passato devono essere ricordate per non commettere in futuro gli stessi errori, sarebbe bene che si smettesse di cercare presunti mafiosi ad ogni angolo di strada e si cercasse, una buona volta, di rasserenare il clima politico per il bene della città. E, per iniziare, si potrebbe affermare con forza che lo scioglimento del consiglio comunale, nel 1992, fu un enorme, incredibile errore. Ma c’è qualcuno che lo farà?


Autore : Giulio Cordaro

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