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notizia del 05/04/2009 messa in rete alle 00:42:19
Interventi promessi ed assenza di risultati
I pericoli costanti sopportati dai lavoratori nell'adempimento del proprio quotidiano dovere, ai quali si assommano, sopratutto in quest'ultima fase storica, le enormi difficoltà economiche, divenute cornice quasi ordinaria dei ritratti di migliaia di famiglie italiane: realtà, solo oggi adeguatamente descritte, a seguito di un interesse sempre maggiore (almeno da un punto di vista formale), necessario già in passato, ma purtroppo desolatamente assente.
Quasi a voler fornire testimonianza pratica di una simile attenzione, il Comune di Gela, indotto dall'azione messa in atto dalla giunta comunale, ha, in questi primi mesi del 2009, pianificato taluni interventi nei suddetti ambiti.
L'uso del verbo pianificare non è certamente casuale, se ne dispone, infatti, con l'intenzione di indicare la costruzione di una volontà, priva, al contempo, di una materiale attuazione.
Mercoledì 28 gennaio 2009 costituisce una data indelebile nel ricordo dei cittadini gelesi, privati, durante quelle tristi ore, della piena serenità, a causa della rapida diffusione di allarmanti notizie provenienti dal “ventre” stesso dello stabilimento petrolchimico cittadino: un lavoratore dell'azienda italo-francese, Ecorigen, aveva perso la vita a seguito di una violenta esplosione, prodottasi presso l'impianto da egli poco prima revisionato.
La vicenda di Salvatore Vittorioso, natio della vicina Licata, costituì il drammatico apice di un'interminabile sequenza di infortuni sul lavoro (più o meno gravi): la società datrice di lavoro venne da subito criticata per la scarsa cura dimostrata rispetto all'intera procedura di messa in sicurezza dei dipendenti oltre che degli impianti di propria pertinenza; la magistratura avviò solertemente un'indagine, affidata al Sostituto Procuratore della Repubblica, Monia Di Marco, fonte futura di inaspettati clamori (tre alti dirigenti sono già stati iscritti nel registro degli indagati).
Non mancò, nel tumultuoso susseguirsi di interventi pubblici, quello di svariati soggetti istituzionali, tra i pochi titolari di attribuzioni tali da permettergli, concretamente, di agire per porre rimedio ad inaccettabili perdite.
Il primo cittadino di Gela, Rosario Crocetta, a nome della giunta da lui rappresentata e dell’intera collettività cittadina, solidarizzò con i familiari ed i compagni di lavoro dell’operaio deceduto, dando vita ad immediate iniziative, prima fra tutte la dichiarazione del lutto cittadino in concomitanza con la celebrazione dei funerali di Salvatore Vittorioso.
Aldilà di gesti simbolici, l’amministrazione comunale sembrò veramente pronta ad un massiccio intervento finalizzato ad imporre, anche coattivamente, il rispetto di tutte le norme vigenti in materia di sicurezza del lavoro, seguendo, in tal modo, gli stessi dettami costituzionali.
Il sindaco di Gela, sinceramente scosso dall’accaduto, propose l’immediata costituzione di una speciale commissione, detentrice di attribuzioni in ordine al monitoraggio di ogni attività economica avviata sul territorio, al fine di procedere, in ipotesi di inosservanza delle disposizioni inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro, al ritiro di ogni licenza o permesso rilasciato ai trasgressori.
La strada imboccata era, in definitiva, quella comunemente descritta con un’unica formula: “tolleranza zero”.
Il paradosso, però, appare assai evidente; a quasi due mesi dai fatti nulla si è effettivamente avviato: la commissione speciale preannunziata dal sindaco Crocetta non si è, fino ad oggi, costituita, né promanano voci interne al Palazzo di Città adatte a smentire una simile constatazione.
L’inversione di rotta dell’amministrazione comunale, criticata negli ultimi giorni dal capogruppo del PdL in Consiglio Comunale, Gaetano Trainito, non è peraltro giustificabile con un’attenuazione del fenomeno degli incidenti sul lavoro, costante assoluta anche nel territorio gelese (gli ultimi casi si sono addirittura manifestati presso un cantiere edile ubicato in pieno centro storico).
Nel dicembre scorso, invece, la stessa amministrazione comunale, cercando di predisporre un argine alla dilagante crisi economia del territorio gelese, capace di travolgere in breve tempo non solo i ceti popolari, oramai inglobati pienamente da essa, ma anche quelli un tempo immuni, annunciò (alla presenza di alcuni rappresentati della Caritas e di Banca Etica) la stipulazione di una convenzione bancaria, destinata all’erogazione di prestiti di modesta entità (da mille a ottomila euro), da onorare entro un arco temporale ampio (fino a tre anni).
L’istituto di credito prescelto, Banca Etica, si impegnava così ad avviare a Gela dei veri e propri progetti di microcredito, assurti agli onori delle cronache grazie alla fama conseguita dal loro ideatore, il premio nobel Muhammad Yunus.
Ma anche in questo caso la convenzione, preannunciata come pienamente efficace già dal mese di Gennaio, non ha mosso alcun passo, disorientando molti cittadini, intenzionati ad aderirvi; in compenso, alcuni giorni addietro, la giunta comunale, aderendo alla volontà espressa dal sindaco e dall’assessore ai servizi sociali, Giuseppe Arancio, ha varato, a favore di un centinaio di famiglie già seguite dalle strutture del menzionato assessorato, la cosiddetta “social inclusive card”: una carta ricaricabile, sull’esempio della social card governativa, mensilmente aggiornata attraverso l’accredito di una somma pari a 200 euro, spendibili per l’acquisto di beni di prima necessità.
La card appena descritta avrà, però, effetti meno significativi rispetto ai microcrediti, sia in conseguenza dell’esigua somma destinata agli utenti che del suo bacino di fruizione, non paragonabile a quello dei microcrediti sociali.
Intenzione ed applicazione concreta rappresentano spesso dimensioni molto distanti fra loro.
Autore : Rosario Cauchi
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