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notizia del 28/05/2013 messa in rete alle 00:27:02
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Ricordando Nunzio Ruvio, un compagno di lavoro
Mi ci sono voluti alcuni giorni per riacquistare lucidità nel ricordo di Nunzio Ruvio, recentemente scomparso a 65 anni per un male incurabile che lo ha consumato nel giro di pochi mesi. Era un mio compagno di lavoro, oltre che un amico. Preferisco però il termine di compagno di lavoro, perché in esso sono racchiusi ricordi esclusivi. Pochi sanno che in Raffineria operava un’unità di esperti analisti programmatori, gente che ha costruito la storia dell’informatica applicata ai processi industriali del sito, già dai tempi in cui i calcolatori riempivano intere sale grandi quanto un campo da tennis ed il loro funzionamento era garantito da impianti di raffreddamento ad acqua. Sembrerà un paradosso e pochi lo sanno, ma di questa unità hanno fatto parte lavoratori che hanno costituito gran parte della classe dirigente politica gelese e licatese. L’ing. Giuseppe Bulone, consigliere comunale di Licata, Luciano Pistritto assessore del comune di Gela ai tempi del pentapartito, lo stesso Rosario Crocetta, che ha trascorso in questi uffici il suo percorso lavorativo intervallandolo con trasferte all’estero. Il compianto amico Nunzio Ruvio, impegnato tra i progressisti del nuovo partito socialista ed assessore al comune nella sindacatura Gallo, era anche lui uno dell’unità. Lavoratori di grandi abilità tecniche e accomunati da una visione dei fatti ampia e globale.
Di Nunzio avevo una stima particolare, nata quando, io ancora ingegnere neoassunto, lo osservavo nell’interazione con quei lavoratori che, alla fine degli anni ottanta, venivano formati nell’utilizzo del primo sistema informativo di manutenzione, una novità per i processi lavorativi di quell’epoca, caratterizzati da flussi cartacei consistenti che, col tempo, cedevano il passo a digitazioni informatiche sui primi applicativi industriali.
Aveva una pazienza pressoché infinita con tutti, specialmente con coloro che dovevano affrontare una alfabetizzazione informatica sul posto di lavoro, ma non era una pazienza caritatevole, di quelle esclusivamente etiche, no. Lui sapeva unire la disponibilità al supporto con l’ironia ed il linguaggio che rende un rapporto, anche il più sfuggevole, degno di essere approfondito. Aveva sempre pronta una battuta, un’esclamazione, un incitamento o un rimprovero, fatto con quella tecnica tutta siciliana che rende importante chi li riceve. Capii poi che non era solo una tecnica di interazione, Lui si divertiva nell’interagire, trovava importante studiare le reazioni di ogni interlocutore, capirne i bisogni e trovare soluzioni.
Ne discutevamo spesso, tanto che avevamo costruito una sorta di “bestiario” delle mille cose strane che accadevano nell’interazione con le maestranze più varie, come quella volta che un operatore di raffineria telefonò perché, quando introducemmo i primi terminali, segnalava che, digitando sulla tastiera, pigiava con un dito quattro tasti contemporaneamente e di questo si lamentava telefonicamente. Lo incontrammo, era di corporatura robusta con due mani ciclopiche. Mi ricordo che Nunzio si fece serio, lo fece accomodare accanto a Lui e lo rassicurò suggerendogli di usare una matita per digitare i tasti. Erano i periodi in cui la digitalizzazione entrava nelle fabbriche e generava i primi impatti.
Ricordo le appassionanti discussioni, nelle pause lavorative, che si innescavano con Rosario Crocetta quando preparava il ricorso alla sindacatura Scaglione che lo lanciò nel suo percorso politico-istituzionale. Ognuno sosteneva le proprie tesi con animosità e la conclusione era sempre accompagnata da un caffè di riconciliazione che l’amico Nunzio condivideva con tutti.
Un compagno di lavoro splendido, gioviale, ironico ed instancabile nella pazienza e disponibilità. Uno di quei compagni di vita da cui poter apprendere principi empirici, rappresentati quotidianamente e sublimati dal rispetto di ogni rango sociale, di ogni esigenza, dalla più semplice alla più complessa.
Quando andò in pensione lo salutai con rammarico, sapevo di aver perduto un baluardo allo stress quotidiano, ma sapevo che la sua grande disponibilità l’avrebbe riversata alla famiglia e ai nipoti.
Nunzio Ruvio è stato un amico, un compagno, una risorsa lavorativa ed un acuto interprete della socialità gelese e dei suoi problemi, una persona che ricordo con quell’affetto tipico che si ha per coloro che nobilitano le cose che fanno perché le caricano di senso e curiosità.
Mi mancherà Nunzio, mi mancheranno le sue ironie e le sue compiacenze sull’umana fatica.
Autore : Sebastiano Abbenante
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