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Corriere di Gela | San Giacomo e Borgo crocevia degli immigrati
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notizia del 26/10/2013 messa in rete alle 00:03:40

San Giacomo e Borgo crocevia degli immigrati

C’è un intero quartiere nella nostra città che negli ultimi anni è diventato un crocevia migratorio, dove i lavoratori stranieri affluiscono e sempre più consolidano la loro presenza con i ricongiungimenti familiari, mentre i giovani gelesi man mano spariscono, per tentare una vita migliore in altri paesi, soprattutto europei. Si tratta del Borgo, vasta zona in pieno centro storico, ubicata ad Ovest del perimetro urbano dell’antica Gela, costruita sopra una parte della necropoli gelese, e il quartiere di S. Giacomo, nei pressi della omonima chiesa. Una ampio rione che si estende da corso Salvatore Aldisio fino alla via Crispi, e da Via Giacomo Matteotti alla via Nicolò Paci, e che nel tempo ha mutato la propria forma e composizione sociale. Primo insediamento di sviluppo urbano di inizio secolo abitato prettamente da contadini, con edilizia popolare risalente agli anni ’50 destinata alla classe impiegatizia, negli anni ’80 il quartiere è diventato il fulcro della guerra di mafia: come dimenticare la strage nella sala da barba, o quella della famiglia Polara. Oggi quel dedalo di viuzze che man mano che ci si allontana dal corso Aldisio per andare verso nord, diventano sempre più irregolari, è prettamente abitato da anziani e romeni.

«Nell’ultimo censimento Istat del 2011 – ci ha detto Don Gaetano Condorelli, parroco della chiesa di San Giacomo – gli abitanti di questo quartiere sono risultati 8500, nel 2001 erano 11000. Oggi la zona è abitata prettamente da anziani. Pochissimi i ragazzini, lo evinciamo dalle scarse iscrizioni al catechismo. Per i bambini di questa zona non ci sono strutture, c’è solo il cortile della chiesa per le attività sportive. Avevamo chiesto all’amministrazione un parco giochi, ma la mancanza di fondi ne ha impedito la realizzazione. Solo in estate vengono organizzate delle attività ludiche e ricreative come teatro e musical».

Don Gaetano Condorelli è parroco di San Giacomo da appena due anni, pochi ma sufficienti per conoscere un ambiente che ha subito un’ulteriore trasformazione per la presenza di una comunità rumena che è cresciuta nel tempo, anche se la strada per l’integrazione di tale soggetti è ancora lunga. I giudizi che i nostri cittadini danno della comunità rumena sono influenzati dai fatti di cronaca.

«Purtroppo – ha commentato don Gaetano Condorelli – si hanno dei pregiudizi sull’intero quartiere e dei suoi nuovi residenti. Io vivo in questa zona e posso escludere che esista un disagio legato alla presenza di questi uomini e donne che provengono dall’est europeo. Essi si riuniscono nella piazza antistante la chiesa, durante il giorno, e lo fanno in maniera pacifica. La sera la piazza è deserta. Il vero problema della zona riguarda la mancanza di prospettive di lavoro»

L’onda immigrativa è iniziata circa dieci anni fa, donne e uomini dai 18 ai 60 anni in cerca di un approdo a partire del quale iniziare una nuova vita. I romeni imparano presto l’italiano ma, se le donne non hanno difficoltà a trovare lavoro come badanti, in quanto la richiesta di personale per l’assistenza casalinga è in continuo aumento, visto l’alto numero di anziani non autosufficienti, per gli uomini vi sono parecchie difficoltà, solo alcuni di essi riescono a impiegarsi, non avendo altre specializzazioni, nel settore della ristorazione, delle pulizie o dell’edilizia. Tutti sono accomunati dalla non regolarizzazione del contratto di lavoro.

«Sono a Gela da parecchi anni – ci ha raccontano Mariana V. – e non ho mai avuto difficoltà a trovare lavoro come badante. Anche se seicento euro al mese costituiscono uno stipendio scarso, la cosa di cui mi lamento è che nessuno ci mette in regola. Esiste una sorta di lavoro nero dove la collaboratrice domestica non ha contratto. Tra l’altro il nostro è un lavoro molto precario, le persone assistite si trovano spesso nella fase terminale della loro vita e alla morte del malato ci ritroviamo senza lavoro e senza casa, mettendoci in grande difficoltà, e magari devi mandare i soldi alla famiglia di origine all’estero».

Di romeni nel quartieri san Giacomo e nel Borgo ve ne sono tanti, anche se negli ultimi tempi, come asserito da don Gaetano Condorelli, il flusso immigrativo sta rallentando. Essi vivono in una sorta di cono d’ombra esistenziale: lavori pesanti, specie per gli uomini, e mal retribuito, vita all’interno di abitazioni dismesse, precarietà dei mezzi di sostentamento, senso accentuato di estraneità alla cultura e alla vita sociale della città. Non è insolito vederli passeggiare e parlare tra di loro, nei pressi di via 24 Maggio. Dunque si ingaggiano per lavorare, qualche volta si salutano, il più delle volte si tollerano, ma in pratica è come se non ci fossero. Questo è in linea di massima l’atteggiamento dei cittadini gelesi nei loro confronti «La Villa Garibaldi – ha asserito Mikail – diventa il nostro luogo di aggregazione. Purtroppo ci rendiamo conto che abbiamo delle difficoltà di integrazione, e non abbiamo dei locali romeni, che ci permettono grandi svaghi. Negli ultimi tempi sono stati aperti tre negozi di generi alimentari romeni, dove si possono trovare dai dolci alle bibite, ma anche giornali e cd, anche se sono un po’ cari»

I cittadini stranieri, come quelli locali vivono una situazione di diffuso disagio, in quanto il quartiere è molto lontano dagli interessi della politica. Ci sono poche iniziative e anche la Chiesa fino adesso ha fatto poco per evitare l’esclusione di tali soggetti. Anche se per molti romeni la religione non ha un ruolo preponderante come luogo di aggregazione.

«La Chiesa –ha commentato don Guido Condorelli – non è frequentata da cittadini romeni. Si dovrebbero celebrare funzioni religiose congiunte insieme ai fedeli di rito ortodosso, perché senza interventi si rischia la deriva. Spesso, assieme alla Caritas, organizziamo la raccolta indumenti da destinare alle persone indigenti, e tra di essi vi sono molti romeni, ma tutto questo è poco»

San Giacomo e il Borgo sono due quartieri che hanno ospitato biografie molto marginali e complesse. L’irruzione di nuovi gruppi sociali destabilizza equilibri consolidati nel tempo, ma allo stesso tempo sperimenta nuove modalità di convivenza, dove diverse sono le storie, ma unico il disagio.


Autore : Filippa Antinoro

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