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notizia del 26/03/2010 messa in rete alle 23:24:20
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L’indotto si ribella
Tanta rabbia, mista a profonda convinzione, non si percepiva fra le strade di Gela, città certamente poco avvezza a manifestazioni o cortei di qualsiasi genere, almeno dal marzo del 2002, quando il paventato rischio di un totale blocco della locale produzione industriale determinò la “chiusura” di tutti gli ingressi stradali e la costante azione di circa tremila lavoratori, con in mente un unico pensiero: mantenere il posto, senza se e senza ma!
La calda mattina di lunedì, tale non solo a causa dell'agitazione dei manifestanti, ha ricondotto i pensieri di molti testimoni diretti della “guerra del pet-coke” a quei giorni.
Un operaio della coop.“Co.Me.Co”, tra le principali operanti nell'indotto gelese, quasi rassegnato, mi dice che sette anni fa “la battaglia l'avremmo dovuta fare contro il pet-coke, e non a favore, almeno se la magistratura fosse riuscita a proseguire l'indagine l'Eni sarebbe stata costretta ad avviare le bonifiche, e stai certo che in quel caso il lavoro non sarebbe assolutamente mancato”.
I piani occupazionali relativi al 2010, appena annunciati dai vertici della multinazionale italiana, del resto, non possono che suscitare profondo disagio; tra i più in ansia, di certo, i metalmeccanici, in totale 500, destinati a lunghi periodi di cassa integrazione, almeno fino al prossimo bimestre settembre-ottobre, fase temporale durante la quale si porrà l'esigenza di assumere nuove unità, destinate, però, ad accedere a modalità contrattuali solo temporanee, concernenti il solo periodo interessato: scaduto questo, infatti, un nuovo drastico calo di manodopera si abbatterà inesorabile. Niente, allo stato attuale, appare certo, insomma. Neanche il fronte degli operai può dirsi compatto a sostegno dell'attività di mediazione intrapresa da Cgil, Cisl e Uil: per la prima volta da diversi decenni, infatti, in strada le urla e i cori non si rivolgevano esclusivamente contro i vertici Eni.
Anzi, erano perlopiù dedicati alla “debolezza” dimostrata dai loro rappresentanti, ritenuti troppo rinunciatari.
“Non possiamo accettare mesi di cassa integrazione, spacciandoli per un successo della contrattazione collettiva, i sindacati non stanno facendo i nostri interessi”, frase ripetuta più volte durante il tragitto percorso dal serpentone, dipanatosi dall'entrata dello stabilimento petrolchimico fino al quadrilatero di Piazza Umberto.
Centinaia di lavoratori, giovani e meno, hanno, così, voluto far conoscere ad una cittadinanza, a dire la verità molto distratta e poco partecipe, al pari della rete studentesca, una verità inconfutabile: l'industria a Gela, mai assurta a veicolo di uno sviluppo, tanto agognato quanto chimerico, muore ed in pochi se ne curano.
Le saracinesche delle attività commerciali che si chiudevano al passaggio del corteo, hanno voluto rappresentare un binomio, lavoro-consumo, in bilico all'interno di una città che poco altro offre ai residenti.
E' inutile, però, girare intorno alla questione aperta dall'autoconvocazione dei lavoratori: l'astensione del sindacato, resa ancor più “drammatica” dalla presenza di molti delegati, scesi in piazza contro il volere della triplice, acuisce una crisi, a questo punto, non solo occupazionale ma, inoltre, organizzativa e relazionale.
Toni Gangarossa, portavoce ed animatore del coordinamento, “Art.1: diritto al lavoro”, alla base della manifestazione, non usa metafore o particolari figure retoriche, “il sindacato ha sbagliato, non può pretendere di comandare a bacchetta i lavoratori; quella compiuta oggi è una scelta di dignità e libertà”.
Le trattative avviate al tavolo dell'Assessorato Regionale allo Sviluppo Economico, retto da Marco Venturi, non soddisfano in alcun modo né gli aderenti al neonato gruppo né i lavoratori che, seppur da sempre schierati con i propri delegati, non hanno compreso la loro scelta “isolazionista”.
“Io mi sento la Fiom nel cuore, da quando sono entrato in stabilimento sono stato un loro tesserato, ma ora, francamente, non capisco il motivo di opporsi a questa bella manifestazione, che male c'è a voler scendere in mezzo alla gente, in fondo siamo tutti sulla stessa barca”, questo il pensiero di un lavoratore della “Co. Ri.Ma. spa”.
Al fine di rendere ancor più decisiva la giornata di lunedì, il portavoce del coordinamento, Toni Gangarossa, non ha mancato di illustrare una piattaforma rivendicativa “alternativa” a quella ufficiale redatta dai sindacati; tra le richieste più pressanti, accompagnate da lunghi applausi degli intervenuti, l'immediato aumento della disponibilità di manutenzioni, l'adozione di norme trasparenti per l'assegnazione dei lavori, l'istituzione di un'anagrafe dei lavoratori dell'indotto, l'assoluta tutela dell'accordo Morese; l'Eni, però, non è stata l'unica destinataria dei tanti messaggi formulati dagli operai, all'azienda si è aggiunta la Regione Sicilia, spronata ad una radicale riforma degli strumenti di formazione da convertire in integrativi salariali, alla realizzazione di un centro regionale per la formazione proprio in città, alla defiscalizzazione degli oneri a carico delle imprese intenzionate ad investire nel sito gelese, ed ancora al riconoscimento dei danni cagionati dal contatto con l'amianto.
Una mobilitazione che, seppur non di massa, ha indicato una via, quella della dura critica, accolta dai lavoratori, poiché in grado di tradurre al meglio il risentimento di uomini e donne sempre più in difficoltà nel pervenire alla fatidica fine del mese.
Innanzi al gazebo utilizzato, solo nelle precedenti ventiquattro ore, per la sfida delle primarie democratiche, posizionato proprio sul fronte opposto della piazza, già portatore dei segni di una gara all'ultimo voto: a due lavoratori intenti ad abbandonare la piazza a conclusione di un lunedì di lotta, non rimaneva che constatare che proprio loro, insieme ai compagni giunti al culmine della sopportazione, rappresentavano “la vera politica della città”.
Autore : Rosario Cauchi
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