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Corriere di Gela | Anno nuovo, problemi vecchi
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notizia del 15/01/2004 messa in rete alle 22:53:20
Anno nuovo, problemi vecchi

Anno nuovo, vita nuova, stessa “legalità” di sempre in quel di Gela, città del “nuovo Rinascimento” dove a rinascere sono sempre gli stessi, annosi problemi di sempre.
Problemi causati talvolta da cattiva o inesistente amministrazione, talaltra da atavici comportamenti dei cittadini stessi, poco convinti di fare parte dell’Europa e molto più vicini a qualche tribù del Mato Grosso o dell’Africa nera.
Qualche panchina in legno, anche se di buona fattura e realizzata dai ragazzi di don Ciotti, sistemata in Piazza San Francesco, non è un buon motivo per strombazzare che si tratta di “panchine della legalità”: che c’entra la legalità con la realizzazione, magari anche positiva, di un progetto di arredo urbano? Da dieci mesi a questa parte, questa “legalità” sta creando seri problemi di rigetto in moltissimi cittadini per l’uso sconsiderato che ne viene fatto, legando il termine a qualunque cosa faccia l’amministrazione comunale. Il parcheggio riaperto a sud del Municipio era un elemento di legalità, il referendum truffa sul mercato settimanale era un atto di democrazia e legalità, attendiamo con ansia che si rifacciano i marciapiedi della legalità, che si raccolgano con regolarità i rifiuti della legalità, che dai rubinetti esca l’acqua della legalità, che non vi siano per mesi buche sulle strade della legalità, e infine che in ogni quartiere si realizzino i cessi pubblici della legalità, così anche i bisogni fisiologici saranno perfettamente legali.
Ma la legalità (quella vera, non quella mediatica) non entra facilmente nel cervello di alcuni cittadini gelesi, che mi hanno fatto vincere una scommessa. Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale ha sostituito gli asfittici alberelli del Corso Vittorio Emanuele con dei nuovi alberelli di arancio, carichi di frutti. Avevo scommesso che le appetibili e succose arance non avrebbero resistito più di tre giorni appese agli alberi, e purtroppo ho avuto ragione. Dopo tre giorni ignoti imbecilli avevano colto quasi tutte le arance, lasciandone solo qualcuna non ancora matura o troppo alta per essere “prelevata”.
Le arance hanno fatto dunque la fine del tempio dorico di Mulino a Vento, che nell’800 i gelesi distrussero per farne pietre per le loro case, abusive ieri come oggi, lasciando solo una triste colonna che per la sua presenza è assurta a simbolo della città, ma meglio dovrebbe essere il simbolo della stupidità di una popolazione.
In oltre cento anni le abitudini a Gela sono cambiate ben poco: c’è chi continua a pensare che ciò che è di tutti non è di nessuno, e quindi se ne può fare uso privato. Ma il vero guaio è che raramente si reagisce rimproverando o colpendo chi non è capace di vivere insieme agli altri.


Autore : Giulio Cordaro

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