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notizia del 03/12/2013 messa in rete alle 22:52:28
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L’economista Maurizio Caserta «A Gela è mancato lo sguardo lungo»
Prima all’Istituto di istruzione superiore Luigi Sturzo e poi al museo archeologico di Gela, il prof. Maurizio Caserta (nella foto),venerdì 22 novembre ha trattato in due distinte conferenze un tema molto attuale come la questione economica e la relativa crisi che ha determinato turbolenze dei mercati europei.
Professore ordinario di Economia politica presso l’Università degli Studi di Catania, già presidente del corso di laurea in Economia dell’ateneo etneo, e presidente del parco scientifico e tecnologico di Catania, Maurizio Caserta ha incontrato gli studenti del quinto anno dell’Istituto tecnico Sturzo, facendo un’analisi di come le attività parlamentari influiscono sui risultati economici e sociali di un Paese.
Il seminario, come ha affermato il dirigente scolastico dello Sturzo Angela Scaglione, era inserito all’interno di un piano organizzativo che prevede la collaborazione della scuola con imprese, territorio e università, finalizzata alla creazione di una comunità di apprendimento per permettere di sviluppare attitudini e competenze degli studenti.
La conferenza che l’economista Caserta ha tenuto al museo archeologico ha mirato a creare un dibattito con il pubblico presente sulla partecipazione civile, intesa come promozione di una cultura della cittadinanza. L’economista, candidato a sindaco nelle scorse elezioni amministrative, ha più volte ribadito la necessità di un nesso tra la società civile e la società politica, e di come le soluzioni di breve termine non hanno guardato alle prospettive future. Ne abbiamo parlato con lui.
– Esiste un sistema politico che possa garantire un’economia vantaggiosa per tutte le classi sociali?
«Sarebbe un fallimento della nostra esistenza pensare che non esista un modo per migliorare la vita di tutti, e nella modernità non avrebbe nemmeno senso parlare di un sistema politico vantaggioso per tutti, un fondamento già incorporato nella nostra costituzione. Purtroppo molti governi locali, nazionali e internazionali si caratterizzano per una certa rigidità. Una vera democrazia deve dare la possibilità di un cambiamento per tutti e le istituzioni democratiche devono essere sensibili a tale necessità»
– Quali sono le politiche economiche regionali che possano garantire una ripresa della Sicilia, considerata fanalino di coda nazionale?
«L’economia regionale sta attraversando un periodo di estrema difficoltà, di ricerca di identità che ancora non ha ritrovato, avendola persa nel passato. Questa è un’isola che ha un tesoro sconfinato ancora non pienamente riconosciuto e utilizzato. E la cosa più grave è che non abbiamo tale consapevolezza e distruggiamo ciò che abbiamo, puntando a creare ciò che non è realizzabile. La politica economica deve partire dal riconoscimento di ciò che abbiamo e non puntare su qualcosa che non si adatta al territorio, che magari può portare ricchezza nel breve termine, ma distrugge il tesoro che abbiamo nelle mani e Gela ne è un esempio»
– Gela è un esempio nazionale di un territorio prettamente agricolo trasformato forzatamente in una città industriale, con aspettative superiori a ciò che si è concretamente realizzato. Quali sono stati gli errori commessi allora? È possibile ancora attuare un modello di sviluppo alternativo?
«La situazione di Gela può essere inserita nella storia dell’intervento straordinario del mezzogiorno. Molti errori sono stati fatti nel passato perché si è garantito a questa parte del Paese uno standard di vita che via via è cresciuto nel tempo, solo che è cresciuto a discapito di chi è venuto dopo. Sono tanti i giovani che stanno andando via. Perché è mancata la capacità di vedere lontano. Si possono avere dei vantaggi a breve termine, ma se non si fa una programmazione oculata ci saranno costi a lungo termine. Abbiamo avuto a Gela e in Sicilia degli esempi di politiche che sono stati nel passato in grado di garantire un aumento della qualità di vita della popolazione, non puntando però sulle reali risorse che sono energia, cultura e agricoltura. Altri paesi hanno fatto la loro fortuna su tali fattori»
– Lei oltre ad essere un economista è presidente dell’associazione Per Catania,, quali obiettivi in tal senso persegue?
«L’associazione nasce dalla mia esperienza breve e intensa di partecipazione alle elezioni politiche, dove noi come gruppo abbiamo ritrovato il piacere di fare politica scontrandoci con limiti e rischi di un mercato politico. Per Catania ha l’obiettivo di rinnovare la politica e la classe politica che ha perso quella dignità che si può riottenere puntando sulla consapevolezza di non poter avere risultati nel breve tempo»
– Qual è il suo pensiero sulla partecipazione civile? Che significa adottare un modello partecipativo per una città come Gela?
«Penso che la politica non debba essere un mestiere, il mestiere deve produrre ricchezza e la politica deve creare quelle condizioni perché ognuno possa produrre e generare i progetti attraverso l’impresa, l’arte, la cultura, la famiglia. La politica invece ha distrutto risorse. Esiste una società vera che noi chiamiamo civile, che include quel piccolo nucleo di persone che si occupa della gestione della cosa pubblica. Quel che manca e che bisogna creare è quel nesso che dalla società civile porta alla società politica».
Autore : Filippa Antinoro
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