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notizia del 21/07/2008 messa in rete alle 22:52:57
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Verso una bioraffineria?
Lo scenario energetico mondiale, con il prezzo del barile di greggio alle stelle, sta producendo effetti di stagnazione delle economie, molto prossimi ad effetti di recessione con conseguenti cambiamenti nelle abitudini di consumo dei cittadini. Effetti di moderazione dei consumi e spesso di impoverimento di varie fasce sociali. Ma come in ogni malattia, se si guarda bene, vengono sviluppati anche alcuni anticorpi che non eliminano le cause ma che meritano attenzione ed incoraggiamento. Uno di questi anticorpi, che può ispirare alcune interessanti riflessioni, è rintracciabile proprio nella nostra raffineria Eni di Gela. L’evento è stato presentato alle autorità pubbliche ed alla stampa il 7 dicembre del 2007 nell’ambito di un incontro istituzionale teso a comunicare gli interventi ambientali della raffineria. E in questi giorni ne è stata risottolineata l’importanza e la volontà di perseguirne gli esiti. Mi riferisco all’impianto sperimentale di Biofissazione di CO2 (anidride carbonica) mediante impiego di microalghe.
In sintesi, nel piccolo impianto sperimentale della raffineria, utilizzando le acque di scarico e CO2, si stimola la coltivazione di microalghe, che, una volta cresciute, possono generare delle biomasse dalle quali estrarre biocarburante, biogas o fertilizzanti. Il processo, per la potenziale importanza industriale, è stato brevettato da Eni e sperimentato proprio nel nostro sito di Gela.
Il ciclo è estremamente virtuoso per le seguenti peculiarità: il processo di produzione è a bassissimo impatto ambientale, presumibilmente “CO2 free” (emissione zero) in quanto la captazione di CO2 dall’atmosfera, nel corso della fotosintesi clorofilliana delle alghe in crescita, dovrebbe superare o equivalere al CO2 emesso in atmosfera dalla combustione nei motori diesel dello stesso biocarburante prodotto. Inoltre le acque utilizzate possono essere acque reflue o acque di scarto da impianti industriali a cui le alghe sottraggono i composti azotati. Le alghe, alla fine del processo di crescita, vengono spremute per ottenere olio vegetale e biomassa di scarto, quest’ultima opportunamente triturata potrebbe usarsi come fertilizzante naturale. Il tutto con una esposizione solare che dalle nostri parti è del tutto ottimale al processo.
Un ultimo beneficio va sottolineato, non banale per il dibattito in atto sui biocarburanti, le microalghe non sottraggono colture alimentari essendo peraltro possibile coltivarle in ambienti desertici o su piattaforme ed il rendimento in tonnellate di olio vegetale per ettaro va da 2 a 60 volte rispetto a palma, colza, girasole, soia, mais rispettivamente.
La sperimentazione in atto presso la raffineria di Gela é di tipo tecnico/economico, e consiste nel verificare se una coltivazione effettuata con fattori di scala dia i risultati attesi (es. una coltivazione in scala potrebbe generare anomalie di crescita delle alghe) e produca nel contempo una convenienza economica nell’intero ciclo che porta poi alla generazione del biocarburante. Un’opportunità sperimentale di tale genere, che coniuga una convenienza di business con una ecocompatibilità spinta e che in più sfrutta l’energia del sole, alle nostre latitudini mai deficitaria e sicuramente sottosfruttata, costituisce senz’altro una buona notizia.
Tutto ciò merita, anche da semplice cittadino, qualche riflessione sulle prospettive. Se le verifiche su colture più ampie confermeranno la convenienza industriale ed economica, si potrebbe ipotizzare una evoluzione delle raffinerie classiche, beneficiate da latitudini come quella di Gela, verso assetti da “Bioraffineria” che integrino cicli biologici nel business dell’energia. Verrebbe a modificarsi così anche l’immaginario collettivo, per i più consolidato, di un’industria che deve sottrarre risorse all’ambiente per produrre, sostituendosi con l’immagine di un sito produttivo che innova nella produzione coniugando business e processi naturali. Compatibilità ambientale non solo basata sul rispetto delle normative ma sul rispetto dei processi naturali medesimi.
E’ un modo per tracciare iter di evoluzione delle realtà industriali, connesse alla produzione di energia, che pur non sostituendo il proprio business lo integrino con soluzioni che salvaguardino ambiente e ritorno economico, soluzioni peraltro che gli scenari internazionali stanno rendendo convenienti e sotto certi aspetti obbligate.
Lo sterile dibattito: raffineria si o no, di cui si è stati spettatori nella campagna elettorale recente, potrà essere sostituito da un’idea collettiva di evoluzione che va perseguita sapendo che alcuni anticorpi di questo non piacevole scenario internazionale stanno emergendo e che con i tempi necessari e con un consenso propositivo possono trovare soluzioni che siano a vantaggio di chi produce, di chi lavora e di chi convive con realtà industriali complesse.
Autore : Sebastiano Abbenante
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