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notizia del 22/02/2009 messa in rete alle 22:43:24
La dignità negata
Al fine di poter analizzare, efficacemente, il concetto di dignità mi sembra opportuno richiamare due basilari enunciazioni: la prima, contenuta all'interno dell'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo del 1948, stabilisce che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”; la seconda è direttamente tratta dal dizionario della lingua italiana, ove per dignità si intende “la nobiltà morale che deriva all'uomo dalla sua natura, dalle sue qualità”.
Anche la Costituzione italiana, come ricordato più volte dal Presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, durante l'incontro svoltosi sabato scorso a Gela, attribuisce alla dignità valore fondamentale, a tutela dell'individuo in quanto tale.
Tra i momenti più significativi, a mio modesto avviso, del convegno-dibattito gelese deve annoverarsi la domanda, rivolta al Presidente Flick, di un giovane studente: con la quale lo stesso si chiedeva come potesse parlarsi di rispetto della dignità umana quando i genitori degli alunni di un istituto scolastico ragusano imponevano ai loro figli il trasferimento a causa dell'eccessiva presenza di scolari stranieri, o ancora quando non vi era, in un paese occidentale, la certezza dell'utilizzo dell'acqua corrente, oppure in presenza di carceri nelle quali i prigionieri, senza essere sottoposti ad alcuna formale accusa, dovevano subire trattamenti degradanti ed inumani (Guantanamo, Abu Ghraib).
Nell'attuale fase storica, da taluni definita post-moderna, si registrano, paradossalmente, pericolose regressioni sul versante del rispetto reciproco, in piena violazione dei dettami costituzionali, sia nazionali che sovranazionali.
Il Presidente della Consulta ha espresso chiaramente il suo pensiero: il valore da garantire e tutelare è quello della diversità, fonte di arricchimento anche da un punto di vista culturale, evitando ogni deviazione verso la diseguaglianza, realtà tragica e degradante, da contrastare attraverso l'attuazione pratica e piena del principio di solidarietà, regolato dall'articolo 3 della nostra Costituzione, tra le più aperte e progressiste del mondo. Ma un simile ed importante valore necessita, come è ovvio, di un meccanismo di attuazione e protezione, rintracciabile nell'azione giudiziaria, esclusiva fonte di salvaguardia dei cittadini e dei loro diritti.
Allora viene da chiedersi, sfruttando i dubbi espressi dal giovane studente già citato, come sia possibile agire in una simile direzione quando, come nel caso di Gela, sussistono scoperture presso la Procura pari all'80%, fino a raggiungere veri e propri estremi, si pensi allo sconfortante 100% di vuoto in organico al Tribunale dei minorenni di Caltanissetta.
La dignità diviene, così, un valore di scambio, oggetto di trattative ed accordi, completamente assente all'interno del discorso pubblico, dominato da populismo e violenza verbale. Quando siffatto valore viene pensato alla stregua di una concessione, realizzata da chi detiene il potere in favore di chi debba sottostarvi, il rischio evidente è quello di non garantirlo a tutti, negando loro, al contempo, vera natura umana.
Se violenza ed odio vengono quotidianamente trasmessi dai titolari di responsabilità pubbliche, l'effetto scontato è quello, già descritto da una grande pensatrice del '900 come Hannah Arendt, della totale banalizzazione del male: generando prassi tese a negare il valore dell'altrui dignità.
Autore : Rosario Cauchi
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