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notizia del 24/10/2008 messa in rete alle 22:28:53
Inaugurata L’Araba Fenice, la prima libreria in città
“L’Araba Fenice. L’esperienza di un libro” sembra il titolo di un libro e invece è il nome di una libreria. Domenica 19 ottobre, al n. 5 di via Cadorna, a due passi dal Corso Vittorio Emanuele, abbiamo assistito in serata a uno di quegli eventi che, pur nella loro ordinarietà, possono assumere l’aspetto magico ed emozionante, oltre che un po’ ridicolo, di un’iniziazione a un qualche mistero. Come quando si inaugura una fontana nel deserto o una scuola in un villaggio del Terzo Mondo. Domenico Seminerio, apprezzato autore calatino di tre romanzi pubblicati da Sellerio (Il cammello e la corda; Il manoscritto di Shakespeare; Senza Re, né Regno), ha avuto l’ottima idea di venire ad aprire con la figlia una libreria qui a Gela, la città celebre in tutto il mondo civilizzato anche per il fatto di non averne mai avuto una. È vero, tuttavia, che quello della scandalosa assenza di una libreria a Gela è per molti versi solo un luogo comune, molto popolare soprattutto presso quelli che solitamente non comprano libri. Lamentare questo fatto è in genere una di quelle cose che fanno fare un’ottima figura nelle chiacchiere da salotto e nel contempo creano un alibi illusorio per la colpa, portata alla coscienza una volta l’anno, di non leggere. I quattro gatti che amano i libri, infatti, sanno come e dove trovarli e le cartolibrerie di Randazzo, Pollicino e Trainito sono ampiamente in grado di soddisfare le loro esigenze minime sulle ultime novità editoriali. Per il resto, c’è la Biblioteca Comunale (poco frequentata), c’è l’acquisto on line (accessibile ai frequentatori abituali della rete) e ci sono le librerie di città come Catania e Palermo (alla portata soprattutto degli studenti universitari). Chi legge abitualmente e conosce gli snodi della circolazione dei libri a Gela non può non notare che la libreria aperta in via Cadorna è sorprendentemente piccola. Entrando vede subito che vi sono meno libri di quanti se ne possono trovare, per esempio, nelle cartolibrerie storiche del Corso ricordate sopra e, se è un buon lettore, si rende conto di avere a casa molti più libri di quelli contenuti in quella stanzetta. Perché, allora, la neonata libreria di via Cadorna, cui auguriamo lunga vita, ha suscitato una certa emozione anche in chi scrive, che pure ha l’occhio particolarmente disincantato? La ragione sta nel fatto che quel piccolo locale del centro storico è finalmente un “negozio” dedicato esclusivamente alla vendita dei libri. Ed è qui la novità. Le nostre ben note cartolibrerie sono diventate negli anni dei luoghi in cui si vendono anche i libri e chi vi entra trova un po’ di tutto, da Il pendolo di Foucault alle bambole, dai giornali alle maschere di carnevale, dalle penne alle valigie. Naturalmente non si tratta di una colpa, ma è un fatto che in quei negozi i libri perdono la loro “aura” e a uno può capitare di uscire con un libro in mano pur essendo entrato con l’intenzione di comprare le figurine dei calciatori o “La Sicilia”. La situazione è simile a quella dei film: tutti sappiamo che un conto è andare al cinema e un conto è vedere un film alla televisione, perché si tratta di due esperienze percettive ed estetiche profondamente diverse. Entrando in una libreria, invece, anche se minuscola come quella di via Cadorna, si ha la sensazione di varcare la soglia di un luogo magico, perché ci si trova in una spece di santuario profano dedicato solo al libro. E così, domenica scorsa, i lettori gelesi che hanno assistito all’inaugurazione hanno avuto la possibilità di vivere un’esperienza insolita, una specie di incantesimo in cui sembrava di re-incontrare per la prima volta copertine e titoli stranoti o visti distrattamente altrove. Persino gli ultimi libri di Bruno Vespa e Federico Moccia, ormai puntuali come virus influenzali di stagione, apparivano attraenti in vetrina accanto a Gomorra. I pochi libri esposti negli scaffali erano tutti alla portata di uno sguardo rapido. Libri letti e posseduti da tempo immemorabile o semplicemente sfogliati in altre librerie, ben più fornite e labirintiche, sembravano rinascere a nuova vita ed emanare un fascino misterioso. Ecco gli adelphini gialli dedicati a Nietzsche e agli scritti minori, o ritagliati dalle opere maggiori, di Schopenhauer, o quelli multicolori che riproducono singolarmente le opere di Sciascia; ecco i mondadorini dedicati a Calvino; ecco i sellerini blu di Camilleri o i bompianini con le opere di Eco e Bufalino; ecco Il signore degli anelli e I pilastri della terra; ecco le copertine oro delle edizioni Rizzoli delle vecchie opere della Fallaci che fanno da corteo a Un cappello pieno di ciliege, il massiccio “bambino” postumo della scrittrice; ecco le Categorie di Aristotele, le Metamorfosi di Apuleio, I fratelli Karamazov e Guerra e pace nei classici Bur. Poi ci sono i best-seller del momento che ti fanno sentire in colpa perché non li hai ancora letti, come i romanzi di Hosseini e la saga di Harry Potter, e quelli che per mestiere dovresti leggere ma che non riescono a fare presa su di te, come quelli di Galimberti e della Mastrocola; poi c’è il Ken Follett che ti manca e c’è il solito Vespa, che ti manca tutto e non te ne frega niente.
Essendo andato all’inaugurazione con degli amici, ho avuto modo di parlare con loro dei libri che ci capitavano sotto mano. E così, guidati dal caso, abbiamo avuto la rara possibilità di scambiare qualche parola su La scomparsa di Majorana, su Le menzogne della notte e su Il maestro e Margherita, come se si trattasse di libri nuovi di zecca e appena letti, e di gustare il piacere civile e intellettuale di assistere a un evento insieme insignificante e sublime per una città desolata che ha sostituito il culto di Eschilo con quello di Padre Pio.
Autore : Marco Trainito
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