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notizia del 13/07/2013 messa in rete alle 22:12:38
SBARCO 4/ Quelle tragiche giornate e il ruolo di zia Virginia
«Carrarmati americani, una jeep e un cannoncino catturato, parcheggiati nella piazza della Cattedrale nel centro di Gela. Fuori dalla città, nello stesso preciso minuto, sta imperversando una furiosa battaglia tra carrarmati. Una folla di civili italiani attorno ai ranger americani mentre chiedono cibo e sigarette. La conversazione è per metà in cattivo italiano e per metà in cattivo inglese». Questa la traduzione italiana della scritta in inglese sulla copertina un po’ sgualcita di Life, custodita dalla dott.ssa Virginia Liscio Comunale che nel corso dello sbarco a Gela fu una protagonista di primo piano, nominata segretaria e interprete del generale italo-americano Poletti. Copiosa la storiografia dell’evento sull’isola, ma anche numerose le testimonianze di semplici cittadini che a vario modo vissero quei momenti tragici.
Dell’impegno sociale e dell’impegno verso il prossimo della dottoressa Virginia Liscio, se n’è parlato qualche anno fa in occasione della presentazione di un libro a lei dedicato da parte della prof.ssa Azzolina presso il liceo scientifico Vittorini di Gela. Qualche giorno fa Giuseppe Comunale, figlio della dottoressa Liscio, ci ha fornito una testimonianza dell’opera svolta dalla mamma nel corso ed alla fine dei combattimenti dei ranger americani contro i soldati italiani e tedeschi che presidiavano la città.
«Mia madre – ci racconta Giuseppe Comunale – ebbe, ancor prima di Salvatore Aldisio, un ruolo predominante durante e dopo lo sbarco degli alleati sul litorale di Gela. Infatti gli americani erano così informati che sono venuti a cercarla nella nostra villetta di Caposoprano dove vivevamo, perché facesse da interprete presso il Comando che si era installato nelle scuole di Santa Maria di Gesù. Io e mio fratello Salvatore non eravamo a Gela.
Dopo qualche giorno ci siamo visti arrivare mia madre accompagnata dagli americani con un permesso speciale. Aveva con sé un ben di Dio: sigarette, caramelle, cioccolato e quant’altro per tutti. A piedi poi siamo andati a Caltabellotta dove due jeep erano a nostra disposizione. Siamo rientrati a Gela, mentre ancora si combatteva a Catania.
A Gela mia madre si prodiga ad aiutare i bisognosi. Lei conosceva molto bene l’inglese, avendo esercitato la professione di farmacista in America, viene nominata segretaria del generale Poletti di origine italiana ma che di italiano non conosce neppure una parola e tanto meno il dialetto. Mia madre ha accesso dappertutto. Ricordo che la jeep veniva a prenderla alle 8 del mattino e la portava indietro alle 15-16. La foto degli americani in piazza, dovrebbe essere datata 11 luglio. In quel giorno, fuori dalla città, gli americani per procedere verso nord impegnano diversi carri armati per distruggere i carri tigre tedeschi nella valle di Priolo oltre il cimitero di Farello».
Giuseppe Comunale ricorda la mia personale esperienza dopo lo sbarco americano a Gela. Infatti c’è un piccolo episodio della mia vita legato a quel periodo a Virginia Liscio Comunale, che è mia zia (mia nonna paterna si chiamava Comunale, di qui la parentela con la dottoressa Liscio ed i fratelli Salvatore e Giuseppe Comunale).
L’unica cosa che ricordo di quel periodo che mi è rimasta fissa nella mente è il colore nero e trasfigurato dei volti dei cadaveri dei soldati caduti vicino al chiosco della piazza Umberto. Il resto è stato tutto cancellato dalla mia memoria. L’episodio accadutomi di cui parla Giuseppe Comunale lo ricordo sol perché mi è stato raccontato da mia nonna, mia mamma e dal povero Rocco Legname (papà del vigile Antonio Legname).
In quel periodo papà era mobilitato come carabiniere in Albania. Mia mamma, nonna ed io eravamo alloggiati in campagna nella villetta di zia Virginia Liscio. Mi è stato raccontato che alla vista dei morti per strada sono stato preso da convulsioni accompagnate da dissenteria. E’ stata mia zia Virginia a chiedere aiuto agli americani che con una jeep mi hanno trasferito subito all’ospedale militare che era in via senatore Damaggio, sede del vecchio ospedale di Gela. Con i farmaci a sua disposizione mia zia non era riuscita a bloccare il mio stato di malessere. Già con il viso cianotico e difficoltà respiratorie, per superare la grave crisi necessitavano farmaci a base di antibiotico che in quel momento solo gli americani possedevano. Giunto all’angolo di via senatore Damaggio, ad attendermi c’era Rocco Legname, mio lontano parente, ma molto vicino e di casa a tutti noi.
E’ stato lui a prendermi in braccio e di corsa mi ha condotto all’interno dell’ospedale dove ero atteso. L’intervento dei medici americani fu determinante per la mia ristabilizzazione. Un vero miracolo. Mi fu fatto un trattamento con antibiotici, molto rari in quei tempi. Dopo qualche ora uscii dall’ospedale con le mie gambe, completamente ristabilito, con grande gioia di tutti – mamma, nonna, zia Virginia e Rocco Legname – che mi attendevano con ansia fuori dal portone. Ero sicuramente rinato.
Autore : Nello Lombardo
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