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notizia del 18/04/2009 messa in rete alle 22:06:53
Le esigenze delle regole nel settore edilizio
Nelle ultime settimane proprio questo foglio ha ospitato un dettagliato dibattito incentrato sul tema, peraltro assai attuale, del piano-casa progettato dal governo in carica.
Due esimi architetti, Francesco Salinitro e Saverio Scicolone, si sono dedicati alla formulazione di personali opinioni circa gli effetti, architettonici ed urbanistici, di una corretta applicazione delle paventate norme (allo stato non definitivamente approvate) sull'intero equilibrio della pianta cittadina.
Aldilà di ogni disquisizione tecnica, una conseguenza appare palese: la nuova normativa, al momento della sua conversione in legge dello Stato, amplierà a dismisura gli interventi di rifacimento o, ancora, di integrale costruzione di ogni sorta di edificio.
D'altronde è proprio questo lo scopo di fondo di una simile iniziativa istituzionale; la prospettiva del Presidente del Consiglio e dei suoi ministri non può prescindere dalla stretta connessione tra liberalizzazione edilizia e rinascita dell'intera economia nazionale.
La cosiddetta “carta bianca” fornita dal governo al mondo dell'edilizia pone, certamente, taluni dubbi (gli esiti dei sommovimenti tellurici in Abruzzo sono vivi nei nostri occhi), acuiti in un territorio, gelese e non solo, da decenni meta privilegiata di speculazioni e cattiva gestione dei cantieri.
Le imprese operanti nel settore sapranno mantenere a pieno tutti gli obblighi sussistenti a loro carico, oppure verranno travolte dalla sbornia del massimo profitto con il minor costo?
Utile ad una corretta disamina dell'oggetto di discussione è la considerazione di alcune evidenze.
Il settore edile ha da sempre costituito una dimensione assolutamente variegata, priva di confini univoci; ogni imprenditore agisce seguendo codici, purtroppo, difformi; le norme, consistenti e dettagliate, vengono frequentemente disattese; i lavoratori del settore sono, in molti casi, costretti ad accettare condizioni inique, ed al contempo precarie, causa scatenante dei frequenti incidenti, il più delle volte sottaciuti.
I dati, come suole dirsi, difficilmente traggono in errore: nel 2007 il totale delle morti registratesi nei cantieri nazionali è stato pari a 235; nel corso dell'anno precedente, il 2006, il numero si attestava a 258.
Ovviamente vengono riportati dati ufficiali, tradizionalmente imperfetti, in quanto incapaci di ricomprendere tutti quei casi registratisi, puntualmente, nel famigerato “sommerso” edile: centinaia di episodi sottratti alla statistica, poiché fatti passare per incidenti stradali, domestici o addirittura non denunciati.
I soggetti economici maggiormente propensi ad infrangere le imposizioni legislative sono le piccole e medie imprese, le quali, consapevoli della scarsità dei controlli, oltre che della minore esposizione pubblica delle rispettive attività, cercano di assicurarsi appalti di notevole importo attraverso la presentazione di offerte eccessivamente ribassate, segno emblematico della volontà di ridurre i costi necessari alla realizzazione dell'opera commissionata (utilizzo di materiali scadenti, retribuzioni basse in favore dei dipendenti, inosservanza delle regole atte alla salvaguardia dell'incolumità personale dei lavoratori).
Corso Vittorio Emanuele, centro nevralgico della vita cittadina, è attualmente interessato da almeno due cantieri, gestiti da imprese locali diverse, contraddistinti, al contempo, da un comune fattore: l'applicazione di misure di sicurezza deficitarie, se non, in certi casi, totalmente assenti.
Gli operai si muovono tra le strutture portanti dell'impalcatura privi delle necessarie cinture di sicurezza, fondamentali per evitare cadute da altezze elevate; i caschi protettivi appaiono sempre più dei veri e propri feticci, da indossare solo al momento opportuno (magari durante il passaggio di una pattuglia della Polizia Municipale); guanti speciali e calzature rinforzate, realizzati allo scopo di impedire lacerazioni agli arti, mancano del tutto all'appello, prova ne sia il fatto che i dipendenti delle due imprese indossano per l'intero turno comuni scarpe (spesso da ginnastica) e protezioni per le mani non consone all'attività prestata.
Tutto ciò, è utile ricordarlo, in pieno centro, constatazione che induce a riflettere sulle condizioni esistenti all'interno di cantieri decentrati o comunque ubicati fuori città.
La conclusione è ovvia ma assolutamente scevra da banalità: prima di attuare forme di totale o limitata liberalizzazione del settore edile sarebbe opportuno riflettere su consuetudini culturali, sempre più riscontrabili sui luoghi di lavoro, ove si accede trascinandosi con sé il timore di non potervi più uscire.
Autore : Rosario Cauchi
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