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notizia del 16/02/2013 messa in rete alle 21:59:42
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Come i nuovi media digitali hanno cambiato l’informazione
La sovrabbondanza delle notizie offerte dai new media sta conducendo da una lato alla disinformazione, poiché si stenta a distinguere i fatti importanti da quelli banali, le informazioni credibili da quelle inventate, e dall’altro ad un’informazione alternativa, libera e principalmente immediata.
E l’audience stessa diventa notizia quando, a prescindere dal valore sociale dell’informazione, suscita una curiosità collettiva. Questo è stato il tema affrontato dal prof. Davide Bennato, venerdì 8 febbraio, in una conferenza che si è tenuta presso l’ex chiesetta S. Biagio. L’evento, promosso da Emanuele Antonuzzo, è stato organizzato dqll’associazione Daterreinmezzoalmare e del Corriere di Gela. Davide Bennato, docente di sociologia dei media digitali all’Università di Catania e studioso del mondo dei social network ha messo in evidenza come l’av-vento dei nuovi media ha ridefinito spazi e tempi dell’informazione, ma ha soprattutto cambiato il rapporto con il sapere.
«Tradizionalmente – ha dichiarato Davide Bennato – i mezzi di comunicazione veicolavano i contenuti e il pubblico li fruiva. Nelle migliori delle ipotesi, il canale di ritorno più interattivo era la lettera al direttore. Nell’universo dei media digitali tale barriera esplode, il pubblico sceglie, commenta, estrapola. Le idee possono essere confrontate e discusse. In questo caso la notizia non viene più solo fruita dall’audience, ma è l’audience stessa, cioè persone che leggono e scrivono, che diventa notizia».
Quasi a conferma delle teorie di Mc Luhan, ancora oggi dobbiamo ricordare che il medium è il messaggio. E se il medium nuovo che ha incalzato altri media, provocando mutamenti nel sistema della comunicazione, è internet, il messaggio che porta con sé è quello di libertà e coinvolgimento attivo da parte del pubblico fruitore. Altro discorso è quello legato alla qualità dell’informazione. La tendenza a personalizzare l’accesso alle fonti e la selezione dei contenuti comporta il rischio di generare su ogni desktop, telefonino o tablet. un giornale composto solo dalle notizie che l’utente vuole conoscere
«L’archetipo di tale rapporto con l’informazione – ha detto il prof. Bennato – è rappresentato dai social network e principalmente dai blog, sia personali che giornalistici. La distanza tra questo mezzo e il giornalismo si sta molto accorciando, dopo aver affrontato parecchie controversie, e c’è una certa simmetria per quanto riguarda le newsmaking. Se c’è un fatto che esiste su twitter o su un altro social network e se ha un alto engagement da parte del pubblico fruitore, l’episodio diventa uno strumento per essere notiziato. Spesso una non notizia diventa notizia, solo perché accade in un posto particolare che si chiama internet».
Quindi le notizie assumono rilevanza se sono molto cliccate e i media tradizionali fanno da cassa di risonanza su ciò che viene detto su internet. Aveva dunque ragione Umberto Eco quando scriveva: “Se il cane morde il padrone, non fa notizia; ma se il padrone morde il cane, tutti ne parlano”. La rivoluzione elettronica ha però in tal senso provocato il distacco dell'informazione dalla fonte, anche perché su internet c’è una vasta mole di informazione su temi e settori non affrontati normalmente da altre fonti.
«Sempre più spesso – ha commentato il relatore – i social media sono utilizzati come fonti informative; sta poi alla professionalità del giornalista saper valutare la veridicità della notizia e in che contesto sia stata utilizzata. C’è una nuova forma di narrazione giornalistica che è la content curation, in cui il giornalista raccoglie frammenti di informazione su twitter e facebook, li monta per dare senso alla notizia. Il data journalism è una forma di giornalismo che a cavallo tra ricerca e inchiesta giornalistica fa uso di database digitali, quindi si sta imponendo nel panorama internazionale solo perché esistono i media».
Autore : Filippa Antinoro
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