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Corriere di Gela | Turismo tra dubbi e perplessità
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notizia del 10/04/2005 messa in rete alle 21:57:31
Turismo tra dubbi e perplessità

Quando sento parlare di sviluppo turistico per la nostra città, nascono in me mille dubbi e mille perplessità. Ma su quali basi può essere sviluppato questo auspicato sviluppo? Possiamo noi competere con Taormina o Cefalù? Oltre le bellezze naturali di notevole interesse queste città godono di una adeguata attrezzatura alberghiera e di altri servizi che rendono piacevole un soggiorno anche prolungato. Gela non possiede né le une né le altre. Offre solo una natura piatta senza alcuna attrattiva e senza alcun servizio.
La città poi, nel suo insieme, non ha ne piazze né vie di particolare interesse. Si, é vero, abbiamo una spiaggia meravigliosa, ma un mare inquinato, spesso sporco e ancora più spesso troppo esposto ai venti. Il turista dopo aver visitato il ricco museo e le mura di Caposoprano e dopo aver consumato il pasto, cos’altro può fare se non andarsene via? Tutt’al più, se ha un particolare interesse, può andare a vedere i nuovi quartieri abusivi che certamente non offrono un aspetto edificante.
L’altro giorno sono stato a Montelungo. Tutte le spese di piantumazione e do edifici sono state distrutte dai vandali. Alla punta estrema c’é un angolo veramente suggestivo dal quale si gode un bel panorama su Gela. Ma anche quell’angolo è stato occupato e deturpato dal “fungo” che fornisce l’acqua ad alcuni quartieri della città.
Una buona occasione sarebbe stato l’aeroporto, ma pare svanito nel nulla. C’é pure il porto rifugio. Debitamente attrezzato potrebbe attirare qualche natante, ma sempre con la solita prospettiva del “mordi e fuggi”. Forse per incrementare lo sviluppo turistico della città e per incoraggiare le belle tradizioni popolari, l’amministrazione comunale ha pensato bene di stampare dei volantini con l’elenco e l’ubicazione delle varie cene per aiutare coloro che volevano visitarle. Il guaio é che quelle cene, così come sono gestite, non sono affatto una tradizione né pia né raccomandabile.
E’ piuttosto una tradizione ridicola, umiliante, anacronista: é la pubblica berlina della povertà e solo un certo tipo di persone può beneficiarne. Non ho potuto accertarmi se i cosiddetti “ patriarchi” son ancora vestiti da pagliacci con vestaglie da notte di donna nascoste in vecchi armadi e rabberciate alla meglio. Conoscevo non poche famiglie veramente bisognose di aiuto e che sono state invitate a rappresentare in quel modo strano San Giuseppe, la Madonna e Gesù bambino. Giustamente rifiutavano perché non volevano sottoporsi a quella pubblica umiliazione. Intanto quel modo di fare l’elemosina ai poveri é contro lo Spirito del Vangelo. Gesù dice espressamente : “Quando fai l’elemosina non metterti a suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per averne la gloria presso gli uomini. In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Ma mentre fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, in modo che la tua elemosina rimanga nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto te ne darà la ricompensa”. Insegnamento e parole inutili, forse perché nessuno ormai legge il Vangelo o non vuole adeguarsi. Chi organizza le cene, piuttosto che disturbare la gente casa per casa, farebbe bene e prendere del proprio e in occasione della festa di San. Giuseppe dovrebbe distribuire l’elemosina alle famiglie bisognose che lui conosce, allora si che avrebbe un senso il principio ispiratore delle cene che é l’elemosina ai poveri.
L’unico vantaggio di quella consuetudine era (o é ancora?) l’aspetto negativo-positivo per alcune famiglie povere di sbarcare il lunario in una maniera occulta e decorosa. Non per niente si cominciano a raccogliere le offerte già molto tempo prima di Natale. Si faceva la cena ma buona parte del raccolto restava in famiglia. Come si fa a condannarli? E’ la cosiddetta civiltà cristiana che li costringe a questi sottosfugi per sopravvivere.
E’ perlomeno strana la consuetudine di “guardare” la cena, magari ballando? E’ assurdo, come lo é la credenza che ci mezzanotte la “palombella” rappresenta lo Spirito Santo occorre benedire la cena. Un pò tutti sanno che i moscerini sono attratti dalla luce che abbondantemente circonda tutte le cene. La superstizione é insita nell’uomo.
Al tempo mio tutti i “patriarchi” erano obbligati a confessarsi il giorno prima della festa ed esibire il relativo certificato. Che supplizio, quel giorno! Ma anch’io ho dovuto adeguarmi. Precise disposizioni ecclesiastiche imponevano al confessore di accertarsi, prima di dare assoluzione, se il penitente conosceva almeno sommariamente i principali rudimenti della dottrina della Chiesa.
Quando venne a confessarsi “Ninu Mpopa” gli chiesi: “Nino chi é Gesù Cristo?”. Rifletté per pochi istanti e poi mi disse: “Quello che hanno messo in croce”. “Bravo, gli dissi, e ora dov’é?”. Riflette un pò più a lungo e poi mi rispose: “ Ora é ammucciatu”. Come facevo a negargli l’assoluzione e impedirgli di godere dei beni della cena? Senza titubanze gli concessi l’assoluzione e gli rilasciai il relativo certificato. Quel furbacchione, vistosi trattato con benevolenza, tornò dopo un’ora per confessarsi di nuovamente per ottenere un nuovo certificato da dare a qualche amico che, forse non riusciva ad ottenerlo. Naturalmente non potei accontentarlo e lo rimproverai dolcemente. Lui non protestò, anzi ogni volta che mi incontrava mi diceva invariabilmente: “Ninu é l’uomo dalla foresta, ma a vossia ‘u volu bene”. Non mi chiedeva sigarette, perché sapeva che non avevo, ma qualche soldarello l’accettava.
Malgrado tutto, la “pia” tradizione delle cene continua ed il Comune si preoccupa perfino di mantenerla e proteggerla. Non mi convince. Come non mi convince quel manifesto affisso in occasione della festa delle donne: “Non solo mimose”. Cosa forse unico in Italia. Ma c’era veramente bisogno? E’ cambiato forse, dopo quel manifesto, qualcosa nella mentalità e nelle abitudini del popolo gelese? Ho i miei dubbi. Non era meglio mettere da parte quei pochi soldi e assommandoli ad altri utili risparmi, destinarli, per esempio, a rendere meno degradato il quartiere di Carrubbazza?


Autore : Antonio Corsello

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