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Corriere di Gela | Gli Italiani dalla lunga memoria
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notizia del 19/03/2011 messa in rete alle 21:33:17
Gli Italiani dalla lunga memoria

Siamo saturi. Il declino dell’Italia ha assunto una connotazione che il rapporto 2010 del Censis, sulla situazione sociale del paese, riassume con l’individuazione di tre fenomeni: cresce l’indistinto, cresce la configurazione indisciplinare del sistema, cresce la sregolazione delle pulsioni e dei comportamenti individuali. Un bel dire per la nazione culla della civiltà occidentale.

Se l’analisi statistica porta a dedurre tali fenomeni, l’analisi politica porta a dire che la soglia è stata varcata. La soglia che ci separava dal duro scontro tra opposte visioni della società e del benessere da un lato e l’eversione istituzionale basata sulla delegittimazione di pezzi dello Stato, e quindi dello Stato stesso, dall’altro. Il viver civile ci può far dire che siamo ancora in democrazia ma è meglio dire che siamo in una democrazia malata, sovvertita dalla sfida finale tra il cavaliere ed il resto del mondo.

La imprevedibile ribalta di tante popolazioni, dal nord Africa alla penisola arabica, che si ribellano ai regimi dispotici e corrotti, invocando una libertà laica e governi più etici ci dice che siamo al centro di una frattura storica che ci riguarda e ci stupisce.

A noi popoli occidentali, orgogliosi del nostro benessere (ormai in declino) e delle nostre forme di governo (anch’esse in declino), arriva una lezione che è bene imprimere o, meglio ancora, rispolverare nella nostra memoria. Perché anche noi proveniamo dal sacrificio dei nostri avi, dalle loro lucide visioni e dalle loro lotte cruente e di pensiero.

Il 150° anniversario dell’unità d’Italia sembra non più solo una commemorazione ma un’occasione per sincronizzare pensiero ed azione sul solco dei padri che pensarono alle generazioni future con lungimiranza.

Di fronte al gigantesco conflitto di pretese (di interessi è dir poco), alla criminalizzazione dei poteri dello stato, ad una politica estera non più atlantica e occidentale, ad un accentramento dei media ed un contestuale annichilimento di ogni competitore alternativo, alla riduzione della rappresentanza politica a mera rappresentanza avvocatizia, all’impoverimento dei servizi basilari come la scuola, l’università, la cura del patrimonio culturale, le infrastrutture, alla non più velata secessione leghista intrisa di xenofobia nazionale ed extranazionale, insomma di fronte all’aziendalizzazione del paese in una SpA a socio unico, l’Italia compie i suoi 150 anni. Più che una commemorazione di una realtà in salute, una commemorazione di un vecchio malato che più nessuno vuole curare ed assistere.

Ma è veramente così triste un’occasione che si ripete dopo più di una generazione di padri fondatori? No, non dovrebbe e non è così. E l’adesione di molti Italiani, dalla lunga memoria, lo testimonia. Il tricolore ha sventolato in tutta Italia il 17 marzo, anche nelle roccaforti leghiste del nord. Segno di un popolo che non cerca il nuovo uccidendo il meglio del passato.

Quale valore dobbiamo allora riscoprire per rimuovere la decadenza morale ed individualistica che rende oggi gli Italiani indistinti e complici? Quale virtù, ancora efficace, può essere giocata in questo teatro quasi bellico che rischia di cambiare la nostra carta costituzionale e i diritti ivi sanciti? I popoli non sono solo portatori di bisogni e di istanze. I bisogni generano richieste, le istanze generano attese. Utili spesso ad asservire la dignità a chi ne può fare un uso personale e utilitaristico. Occorre riscoprire un’altra caratteristica che un popolo libero può porgere sul tavolo della storia.

Questa caratteristica è la deterrenza. La deterrenza è ciò che la controparte deve sapere di rischiare se supera certi limiti, è la reazione che può innescarsi se vengono compromessi i principi cardine su cui si fonda l’uguaglianza dei cittadini, l’opportunità di lavorare, l’opportunità di crescere una prole, l’opportunità di competere pariteticamente nelle occasioni della vita. La deterrenza non è solo reazione, è anche premeditata pianificazione di iniziative, messaggi e comportamenti tesi a non far varcare soglie di inaccettabilità del viver civile, sapendo anche che qualcosa va sacrificata. Noi Italiani osiamo ancora pensare che la nostra storia ha già vissuto quella che i giovani popoli arabi ed africani stanno vivendo attualmente, con coraggio e ferrea volontà. Ed invece la nostra agonia è più lenta, più dialogante, apparentemente compatibile, ma rimane un’agonia: un governo di dipendenti che competono nel deliziare il loro amministratore delegato solo interpretando i suoi bisogni innominabili.

I 150 anni della nostra cara vecchia Italia servano anche a risvegliare la nostra deterrenza, quella che deve far pensare a chi crede di potere tutto, perché ha sostituito l’opinione con i sondaggi, che gli Italiani dalla lunga memoria non accetteranno mai lo squallore dell’attuale rappresentanza al potere. Come i nostri padri, se servirà per il bene dei figli d’Italia, potremmo sacrificare il presente per riscattare il futuro. Questa è la deterrenza, da non sfidare, degli Italiani dalla lunga memoria.


Autore : Sebastiano Abbenante

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