|
notizia del 18/03/2012 messa in rete alle 21:27:30
I due sindaci
Si può dire che una città ha due sindaci? Per i comuni italiani, no di certo. Per Gela, forse, sì.
Se usiamo una lente di ingrandimento speciale, che invece di ingrandire le etichette che anticipano i nomi, ingrandisce gli effetti dell’agire delle organizzazioni nel territorio, scopriamo che Gela ha almeno due sindaci.
Due ruoli confrontabili per valenza anche se differenti per collocazione e scopi: l’attuale Sindaco di Gela e l’Amministratore Delegato della Raffineria di Gela SpA. Due ruoli che “amministrano” due popoli, due comunità, due organizzazioni.
Non è questa una tesi retorica, è invece un paradigma che può aiutare a guardare il territorio di Gela in termini di “politiche”, la prima prettamente cittadina ed istituzionale, intrisa di retaggi locali e di condizionamenti culturali, la seconda dettata da strategie industriali globali che si concretizzano in un sito produttivo che rientra nella categoria dei poli energetici regionali e italiani.
Se usiamo questo paradigma forse possiamo scoprire nuove metriche e nuove combinazioni di temi che la lettura tradizionale dei ruoli non ci consente di vedere con chiarezza.
Il consiglio comunale ha recentemente dibattuto sul tema delle royalties che si potranno assestare in 10 milioni di euro l’anno solo per Gela, nel quadro di circa 400 milioni di euro di tasse in 10 anni per le casse della Regione Siciliana. Si sono cioè accorti che le casse comunali sono in buona parte sostenute dal business petrolifero estrattivo nel momento in cui i comuni sono stati lasciati soli da un federalismo interrotto ed incompleto. Gela ha riscoperto che il petrolio, pur dopo 50 anni, regge parte rilevante dell’economia cittadina e comprensoriale. I consiglieri comunali, dibattendo il tema, lo hanno ammesso implicitamente. E pur tuttavia l’attenzione che la macchina comunale rivolge all’industria di processo continua ad essere destrutturata ed occasionale.
Ma cerchiamo di capire quali paradigmi animano i due sindaci per capire, anche superficialmente, le volontà in campo.
La dirigenza di raffineria ritiene che il sito produttivo sia di proprietà di Eni ed appartenga ad Eni. Sembra una affermazione scontata, che però non va letta in termini legali. Ovviamente è un sito Eni. Dall’altra, il sindaco e la città ritengono che la raffineria sia di proprietà dell’Eni ma, qui sta la differenza, ritengono che non appartenga all’Eni. E’ su questa sottile verbalità che nascono atteggiamenti e convinzioni, a volte contrasti, raramente collaborazioni.
Sentire che un sito produttivo “appartiene” alla città ed al comprensorio non è di per sé un’anomalia, anzi può essere un’opportunità. Solo se questa opportunità è vissuta in maniera adulta o, per dirla senza eufemismi, “moderna”, si può pensare di rivendicarla legittimamente. Rivendicare un rapporto di appartenenza è sempre un atto di attenzione, ma lo si può fare con atteggiamento infantile, volto a ricercare dipendenza e risorse, o con atteggiamento adulto, volto a confrontarsi per coniugare politiche di sviluppo che possono collimare e intensificarsi. Sta qui la differenza. Con una variante, anch’essa non banale: se il rapporto evolve verso una appartenenza infantile, la controparte, invece di condividere l’appartenenza la rivendica a sé e si chiude.
E’ proprio quello che sta accadendo. I due sindaci dialogano l’indispensabile. L’appartenenza del sito produttivo al territorio viene rivendicata in maniera infantile. Le legittime istanze del territorio prendono strade improbabili, si esauriscono in sessioni monotematiche inconcludenti e non vengono coniugate le politiche di sviluppo industriale con le opportunità di sviluppo cittadino.
Eppure la crisi generale stimola a ragionare di questo. Infatti, l’aumento del prezzo del barile di petrolio, innescato principalmente per le politiche di embargo iraniano e la generale frenata dei PIL nazionali europei, spingono a rendere convenienti esplorazioni non convenzionali alla ricerca di giacimenti di metano, ed oggi, di shale gas e sabbie bituminose, rese convenienti dallo scenario generale e dalle tecnologie di lavorazione ormai avanzate. In quest’ottica va letto il recente accordo tra la Regione Siciliana e l’ENI, nel facilitare nuove ricerche soprattutto nell’area off-shore siciliana. Credendoci, si potrebbero trovare nuove strade di sviluppo energetico che prima non era conveniente percorrere e che oggi potrebbero riservare opportunità rilevanti.
Le due culture, quella cittadina, assediata dal patto di stabilità ingessante, da un commercio sempre chiuso e territoriale, da una mediocrità operativa che stride con le potenzialità che stentano a diventare sistema e quella industriale, che combatte per sopravvivere alla crisi della raffinazione con strategie di ricomposizione organizzativa e tecnologica e che sta ripensando a se stessa e alle ricadute che tali politiche industriali stanno inducendo, sono ancora due territori separati. Non condividono le loro politiche di proiezione al futuro e, se lo fanno, non ne condividono i perimetri.
Gela continua ad avere due sindaci, due popoli, due organizzazioni, fino a quando qualcuno o qualcosa rivendicherà un’appartenenza “adulta” che fino ad ora non ha attecchito.
Autore : Sebastiano Abbenante
» Altri articoli di Sebastiano Abbenante
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|