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notizia del 11/03/2011 messa in rete alle 21:15:43
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Università, altro vuoto a perdere
Andare all’università è un sogno che molti giovani non possono realizzare: trasferirsi nella sede universitaria comporta infatti dei costi aggiuntivi che non tutte le famiglie possono permettersi, né l’ intervento pubblico per il diritto allo studio risulta adeguato alle esigenze economiche degli studenti fuori sede. Sono, infatti, insufficienti le sovvenzioni (borse di studio, rimborso spese alloggio, casa dello studente) erogate annualmente dagli enti regionali per il diritto allo studio universitario (Ersu). A tanti, volenterosi studenti non resta che iscriversi senza poter seguire le lezioni o vivere la vita universitaria. In media in ogni regione italiana ci sono tre o quattro atenei. Anche a causa di questa limitata presenza di atenei nel territorio alla fine degli anni ‘80 è nato e si è diffuso il decentramento universitario: non erano più gli studenti che si trasferivano nelle città universitarie ma era l’università che si spostava in periferia. Gli obiettivi di questo nuovo fenomeno erano multipli: riequilibrare territorialmente il sistema universitario; aumentare l’offerta universitaria adeguandola ai fabbisogni formativi; decongestionare gli atenei più affollati. Per raggiungere questi obiettivi e ottenere nuovi fondi le università hanno avuto più autonomia. Interlocutori principali degli atenei sono diventati i consorzi universitari, costituiti tra enti pubblici e privati.
Negli ultimi vent’anni tutte le università statali hanno decentrato facoltà e corsi di laurea, seguendo vari modelli: sono nate nuove università autonome; sedi decentrate dipendenti dall’università che le ha create (gemmazione); università con più sedi a rete, senza una sede principale. Tra questi, il modello che appare più apprezzabile è il multicampus a rete creato nel 2006 dall’università di Bologna, la quale ha costituito quattro poli didattico-scientifici in Romagna, a Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini. In questo modo l’ateneo bolognese, pur avendo avuto in questi anni un aumento del numero degli iscritti, non ha avuto ulteriore sovraffollamento poiché il 20% del totale degli studenti dell’università emiliana è decentrata nelle sedi romagnole. La politica siciliana del decentramento universitario è stata alquanto varia.
Nelle Provincie di Agrigento e Trapani, l’università di Palermo ha creato i “poli universitari territoriali” che hanno proiettato in quell’area della Sicilia occidentale il modello organizzativo dell’ateneo palermitano. Basta collegarsi ai rispettivi siti internet, per verificare il livello che hanno raggiunto le due realtà. Diversa è l’esperienza del decentramento adottato dall’università di Catania. L’ateneo etneo, tra la fine degli anni novanta e l’inizio del duemila, ha creato sedi decentrate a Caltanissetta, Enna, Modica, Ragusa e Siracusa; in tutti questi casi sono state decentrate soltanto le funzioni didattiche (lezioni ed esami), escludendo i servizi agli studenti e l’attività di ricerca gestiti dalla sede centrale di Catania. Attualmente l’università di Catania ha quasi completamente chiuso i corsi decentrati. I motivi di questa drastica decisione sono diversi, principalmente, secondo le ragioni espresse dal Rettore, riconducibili a motivi di natura economica. In particolare, l’università accusa i consorzi e gli enti locali di non avere onorato gli impegni finanziari che si erano assunti. Il risultato è che sono sorti diversi contenziosi con conseguenti strascichi giudiziari. Anche a Gela, sin dal 1999, la Provincia di Caltanissetta è l’università di Catania avevano creato una “cellula universitaria”.
L’esperienza gelese di decentramento, attraverso delle azioni di orientamento e sostegno didattico, ha rappresentato nel contempo un modo “unico di fare università” e un esempio di buona amministrazione. L’iniziativa avviata alla fine degli anni novanta è stata interamente sovvenzionata dalla Provincia, con un primo finanziamento biennale di duecentocinquantamilioni di lire (circa 125.000 euro). Il progetto, formalizzato attraverso un accordo di programma tra l’università e l’amministrazione provinciale, è stato inizialmente attuato con la facoltà di economia;
successivamente lo stesso accordo è stato più volte rinnovato, per i corsi di laurea di economia ed economia aziendale, ed esteso, dal 2002, alla facoltà di lettere e filosofia per il corso di laurea in scienze della comunicazione. Le lezioni e le prove intermedie d’esami di tutte le materie previste nel piano di studi venivano svolte da un “pool didattico” formato dal docente titolare dell’insegnamento e da due tutor, per ogni disciplina, selezionati attraverso un bando di evidenza pubblica. Nel corso degli anni il progetto si è affermato riscuotendo la fiducia dei docenti delle facoltà coinvolte; un migliaio di studenti di Gela e di altri Comuni vicini (Acate, Butera, Licata, Mazzarino, Niscemi e Vittoria) hanno frequentato le attività didattiche nel decentramento gelese; molti di loro hanno già conseguito almeno la laurea di primo livello. Tutto questo, con un impegno finanziario abbastanza relativo: nell’anno accademico 2005/2006 (con tre corsi di laurea triennale a pieno regime) per 400 studenti si è speso circa 350 mila euro, per un costo annuo inferiore a mille euro procapite. A Catania il costo per ogni iscritto è di 4000 euro. In sostanza, pochi soldi ma spesi bene.
All’inizio del 2007 questa piccola favola gelese ha segnato un passo decisivo verso la sua fine, decretata dall’attuale Rettore dell’università di Catania, Antonino Recca. Veniva soltanto garantito un ultimo rinnovo per permettere agli studenti già iscritti di completare il loro corso di studi. Nonostante la provincia non dovesse nemmeno un euro all’università e avesse pagato le prestazioni dei docenti e dei tutor regolarmente, Recca fu irremovibile. L’attuale presidente della Provincia, on. Pino Federico, ha garantito un contributo per il completamento del progetto, ma l’ultima proroga è scaduta alla fine del 2010. L’università di Catania, decidendo di abolire le sedi periferiche, ha chiuso anche il decentramento didattico di Gela. Se questa è la storia dell’esperienza universitaria nella nostra città, le cause della sua fine sono essenzialmente politiche: la precarietà dell’iniziativa legata ad accordi triennali rinnovabili e non a convenzioni di durata più lunga; la mancata collaborazione tra enti e imprese del territorio, primi tra tutti Provincia e Comune di Gela che, sulla questione hanno solo litigato senza produrre alcun risultato concreto; l’indolenza della città che non ha avuto alcuna reazione di “rivolta” all’ annunciata chiusura dei corsi. Il timore è che, esclusi gli ordini del giorno proposti di tanto in tanto dal Consiglio provinciale, la vicenda università nella nostra Provincia rimanga marginale rispetto all’agenda della politica locale. Quanto a Gela, l’argomento non viene proposto da nessuno, neppure da chi, in passato, sparava a zero in modo distruttivo su ciò che esisteva. Attualmente c’è un asse politico molto forte tra Provincia e Comune; i nostri amministratori dichiarano di voler attuare tante iniziative. I modi per mantenere e consolidare il “presidio universitario” a Gela ci sono e possono essere molteplici: rilanciare il consorzio universitario nisseno; creare una fondazione che si occupi di cultura, università e ricerca. Determinare un punto di partenza e affrontare i problemi pratici per raggiungere degli obiettivi: in questa maniera si possono superare anche i vincoli e le ristrettezze poste dalle leggi in materia universitaria e dalle ridotte disponibilità finanziarie degli enti locali. La politica ha il compito di dire quello che intende realizzare e farlo, il resto è solo propaganda e a Gela, negli anni scorsi, di proclami se ne sono visti sin troppi. Forse è arrivato il momento di agire diversamente.
TRE REALTA A CONFRONTO
Consorzio universitario della provincia di Caltanissetta
Nato nel 1992, ha come soci fondatori: la Provincia di Caltanissetta, il Comune di Caltanissetta, la Camera di Commercio di Caltanissetta, l’Azienda Sanitaria di Caltanissetta. In tutti questi anni non si sono aggiunti altri soci, il Comune di Gela ha aderito formalmente qualche anno fa. L’adeguamento dello statuto giace dal 2006 in attesa di avere il nullaosta da parte dei soci. Con l’università di Palermo il consorzio nisseno gestisce i corsi di medicina, scienze biologiche, ingegneria elettrica. Mentre è ad esaurimento, tra mille difficoltà, la convenzione con l’università di Catania per il corso di laurea in scienze dell’amministrazione. Nonostante sia stata creata la casa dello studente, il numero degli studenti universitari a Caltanissetta è continuamente diminuito anche ha causa della riduzione dell’offerta formativa. Attualmente il consorzio è privo dei suoi organi di governo.
Consorzio universitario della provincia di Agrigento
Fondato nel 1994, in questi anni è continuamente cresciuto realizzando importanti obiettivi: il soci inizialmente tre (Provincia, Comune e Camera di Commercio) sono diventati 25; gli studenti sono circa 5mila. Nelle tre sedi operative, sono presenti le facoltà di architettura, giurisprudenza, ingegneria, lettere, scienze della formazione, medicina. Sono attivi sette corsi di laurea triennali (ingegneria informatica, ingegneria gestionale, beni archivistici e librari, beni culturali e archeologici, servizio sociale, scienze dell’educazione, tecniche di radiologia medica) e tre corsi di laurea specialistiche (architettura, giurisprudenza, archeologia). Sono inoltre presenti i servizi di segreteria studenti e Ersu Agrigento.
Consorzio universitario della provincia di Trapani
Nato nel 1991, sulle fondamenta del libero consorzio universitario del mediteranno che esisteva dal 1974, l’attuale consorzio ha attualmente 25 soci e gestisce cinque facoltà con otto corsi di laurea triennali (viticoltura e enologia, operatore in relazioni industriali, scienze giuridiche, servizio sociale, infermieristica, ostetricia, biologia marina, scienze biologiche). Oltre alla laurea specialistica in Giurisprudenza.
Autore : Emanuele Antonuzzo
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