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notizia del 11/07/2010 messa in rete alle 21:08:57
Gela, città indagata
Per meriti e per demeriti, ma comunque sempre sotto attenzione. Ricercatori e studiosi inseriscono Gela tra le città da cui trarre ipotesi e modelli di sviluppo territoriale partendo dall’analisi dei “patrimoni negativi”, sviluppo territoriale che è stato appannaggio della politica e che ora varie discipline cercano di affrontare e dirimere. Purtroppo Gela viene vista, dalla letteratura scientifica e sociologica, come patrimonio negativo del Sud Italia, sin dal famoso libro di Eyvind Hytten e Marco Marchioni “Gela. Industrializzazione senza sviluppo”, passando dal più recente “Spazi e società a rischio. Ecologia, petrolio e mutamento a Gela” dello studioso messinese Pietro Saitta.
Recentemente il Dipartimento di Studi Urbani presso la facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre si sta interessando a Gela e alla sua storia urbana e sociale di “mancato” o “anomalo” sviluppo. Cercando di indagare e capire l’attuale Gela, ma usando nuovi e più attuali paradigmi.
Un gruppo di ricercatori del dipartimento citato si è infatti recentemente recato, a fine giugno, a Gela per approfondire i temi dello sviluppo urbano con particolare attenzione ai processi di sviluppo economico, ai problemi della legalita' e dei sistemi di regolazione urbanistica nonché all'organizzazione territoriale di vasta scala. L’indagine si è avvalsa anche di colloqui diretti, alcuni istituzionali con rappresentanti della macchina comunale, altri informali ed indipendenti con cittadini gelesi. Chi scrive ha avuto il piacere di essere stato coinvolto in tale indagine, svoltasi con colloqui informali basati su domande ed attinenze ragionate.
Il gruppo di ricercatori è costituito da quattro ricercatrici italiane ed un ricercatore cileno. I nomi: Anna Paola Di Risio, dottoranda del Dipsu si occupa di politiche di sviluppo e Urban redevelopment e coordina il team di ricerca; Daniela De Leo, dottore e assegnista di ricerca in campo urbanistico e territoriale; Marcella Iannuzzi dottore in Storia e conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali allo IUAV; Claudia Meschiari, dottore di ricerca in Politiche territoriali e sviluppo locale; Juan Carlos Santa Cruz Grau, dottorando, laureato in sociologia.
Un gruppo ben strutturato di specialisti, multidisciplinare e molto motivato.
Li ho raggiunti, nel primo pomeriggio, presso un bed & breakfast del lungomare ove alloggiavano per quei pochi giorni che sarebbero serviti per i contatti da intraprendere e le interviste da effettuare. Ci siamo presentati, alcune ricercatrici erano del nord ma con genitori del sud stabilizzatisi nelle regioni settentrionali. Alcuni (compreso il ricercatore cileno) non erano mai venuti in sicilia. La giornata era soleggiata, una normalità per noi, una novità per loro. Mi hanno chiesto un rapido passaggio in un bar per un caffè, forse per svegliare l’attenzione prima del colloquio.
Ne ho approfittato per suggerirgli di assaggiare i nostri gelati con la brioche o, meglio ancora, una granita con brioche, che in sicilia è uno status prima ancora che un piacere del palato. Hanno accettato, ed è servito per prendere confidenza. Abbiamo iniziato a parlare di Gela, di potenziali chiavi di lettura, dello sviluppo forzato dall’industria di Mattei, della disordinata e repentina crescita economica, dell’attuale assetto sociale che vede varie categorie sociali emergere e riconoscersi, della capacità di adattamento e di lavorare del cittadino gelese, della conflittualità sociale, delle potenziali lobby economiche e professionali presenti in città. Insomma una discussione volta alla ricerca di nessi che interpretassero Gela oggi, con le sue contraddizioni ma con le sue potenzialità.
Devo dire che mi sono permesso di sostenere una tesi differente da quelle che si riscontrano nei giudizi su Gela, ormai assunti a luogo comune anche in ragionamenti che si spacciano per analisi. La tesi di una città disordinata e complessa, etichettabile come città “alla deriva” o “città sospesa” o “città deviata”, mi è parsa ormai troppo semplificatrice. Metafora troppo utilizzata e perciò ripetitiva. Per noi siciliani il pessimismo è linfa vitale. E se non lo si contrasta con qualche ragionamento più attuale la conclusione è deprimente ed ovvia: Il sud non ha potenzialità.
Ho invece sostenuto che la città ha un’energia inespressa, potenziale e pertanto non orientata e non governata. Concetto che si sposa e non collide con la constatazione dei mali di Gela che però non possono occultare questa energia vitale. Ne scaturisce pertanto la necessità di esprimere politiche di “orientamento” della cittadinanza intorno ad un progetto comune di azioni orientate al futuro.
E’ una tesi di cui sono convinto. Tanto da aver usato un paradigma del seguente tipo. Se si potesse spostare, gli ho detto quasi gesticolando da buon siciliano, una città del nord come ad es. Bologna e affiancarla a Gela, nel senso di far vivere insieme i cittadini delle due città, sono convinto che nel giro di un mese non avremmo più gelesi ma solo bolognesi. Volevo dire che i Gelesi hanno in più una energia rivolta all’emulazione e all’adattamento che supera quella media di una normale città italiana. E’ una città giovane di indole e avvezza alle novità.
Loro stessi hanno voluto visitare, dall’esterno, la raffineria, osservare il lungomare, percorrere le strade di Macchitella e quelle dei quartieri più popolari. Il giro in macchina mi ha consentito anche di rispondere a domande più mirate e a quesiti che venivano posti con una tecnica professionale consistente nell’ annotarsi la ripetizione di parole e frasi, come potenziali tracce da indagare. Un particolare paradigma mi ha colpito, discutendo con una di loro: l’indagare se i processi di aggregazione e di sviluppo producessero obiettivi che, raggiunti, potessero essere anche mantenibili nel tempo. Questo concetto della raggiungibilità ma della contestuale non mantenibilità dei progressi che Gela compie, mi è sembrata una intuizione vicina alla realtà e degna di indagine.
Avevo previsto di passare con loro una abbondante oretta. Ma siamo stati insieme quasi tre ore, con piacere, penso reciproco. Mi sono messo a disposizione per eventuali necessità di approfondimento, manifestando nel contempo interesse sugli esiti dello studio. Ci siamo congedati, con reciproci ringraziamenti. Credo che loro porteranno un’immagine di Gela meno grave di quel che si tramanda e soprattutto quella di una città che vuole ancora essere scoperta e che forse può insegnare ancora qualcosa.
Da parte mia porto la consapevolezza che, grazie al lavoro di indagine, laborioso ed entusiasta, di ricercatori e operatori del mondo dell’Università, ancora si conserva la voglia di decifrare e di leggere l’anima delle cose e delle società di uomini e donne, nel divenire mai lineare e mai banale delle comunità cittadine.
Autore : Sebastiano Abbenante
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