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notizia del 19/04/2008 messa in rete alle 19:49:13
Agòn Eschileo, Umanesimo e industria
Sempre autorevole e ben riuscita la manifestazione conclusiva della gara nazionale di Greco antico, nata nel 1993 dall’intuizione del Preside Luciano Vullo e di un ristretto gruppo di suoi collaboratori, oggi, ancor di più, segno di orgoglio e di capacità organizzativa per la nostra città di Gela.
La prolusione alla premiazione dei partecipanti all’Agòn Eschileo del Liceo Classico di Gela, tenuta dal prof. Salvatore Nicosia – ordinario della cattedra di Letteratura Greca dell’Università di Palermo – è stata un’occasione per riscoprire o riconfermare delle tesi già sperimentate nell’esperienza di molti che, dopo aver conseguito la maturità classica, hanno proseguito con lauree scientifiche ed impieghi in organizzazioni aziendali legate a processi industriali.
Il prof. Nicosia è partito dalla constatazione generale che un buon 60% delle nostre parole proviene dal Greco antico e che la nostra lingua sostanzia lo sforzo di rappresentare la realtà nella sua complessità. E poiché la realtà è di per sé complessa ed articolata, la lingua, per colmare questo scarto, deve essere altrettanto articolata e varia, ne va della nostra “rappresentazione” della realtà che verrebbe penalizzata e amputata da un Italiano scarsamente complesso di termini e significati.
Questo concetto è quasi un assioma, è il desiderio legittimo di usare uno strumento di comunicazione all’altezza del nostro umano sentire e della complessità del reale. E’ per questo che una lingua, l’italiano, che trae origine dal mondo classico, cioè da una cultura ricca di tremila anni di storia, non può essere un patrimonio di poco conto, anzi le sue origini ne chiariscono il valore ed il potenziale.
In questi termini si è sottolineata la contrapposizione tra il mondo reale e l’efficacia del nostro esprimersi, intesa come capacità di non perdere nulla nella rappresentazione della realtà tramite il linguaggio, pur sapendo che la complessità della realtà procura sempre un divario tra la sua essenza e la sua rappresentazione. In termini moderni diremmo che l’italiano, in quanto trae fonte dalla classicità greca e dal greco antico, è una lingua che minimizza il “gap” tra la complessità della realtà e la sua rappresentazione verbale e scritta.
Mirabili gli esempi di attinenza tra Cosmos e cosmetici: entrambi condividono il significato di ordine, o il termine “dolo” che trae origine dal significato greco di “verme” o “esca” e condivide pertanto il senso di “inganno” pensato e perpetrato. Posta la questione in questi termini Il Professore ha fatto seguire delle ulteriori considerazioni circa il valore della cultura classica, nel senso di cultura pervasiva, intesa come formazione trasversale che non esclude il sapere scientifico ma che lo integra e lo arricchisce. Ha citato infatti uno studio condotto dall’Università di Palermo circa l’incidenza nelle lauree scientifiche della formazione classica, dichiarando che dai risultati di quest’indagine emergeva che proprio nelle specializzazioni scientifiche la maturità classica determinava indicatori di maggior efficacia nei risultati finali.
D’altra parte non considero “di parte” questa tesi in quanto riscontrata tra amici e conoscenti senza peraltro confonderla con assunzioni di “primato” di una cultura “classica” rispetto ad una “scientifica”, cosa a cui non credo perché non credo che ci sia una “cultura” classica ed una scientifica.
Può essere utile aggiungere a queste suggestive considerazioni alcuni riscontri e ragionamenti che, partendo dalle tesi del Professore, si incrocino con le esperienze lavorative in industrie di processo e di produzione, come rappresentative del mondo del lavoro, per capire “che fine fa” la cosiddetta formazione classica, un modo di dire sintetico che sostanzia però la domanda che ognuno può porsi.
Soffermiamoci sulla gestione della tecnologia e della produzione nelle aziende moderne: il meccanismo può essere definito per “livelli” più simile al meccanismo delle matrioske russe ove ogni livello ingloba il precedente e viene inglobato dal seguente. In altri termini i processi lavorativi possono essere percorsi nei due sensi: per brevità li indicheremo come processo di analisi e processo di sintesi. Ogni approfondimento analitico di processo o tecnologico viene a beneficiare del contributo di specialisti interni all’azienda o esterni ed i risultati vengono aggregati con operazioni di sintesi che convergono verso l’assunzione di decisioni di business.
Si può dire pertanto che il meccanismo “pregiato” per il business diventa quello che va dal particolare alla sintesi piuttosto che quello che va verso l’analisi dei temi, ciò perché quest’ultimo, pur importante per il problem solving, è supportato da specializzazioni di nicchia che possono reperirsi nel mercato tecnologico e che da sole non fanno business. Il meccanismo di sintesi è invece quello che “crea” il business e lo condiziona. Ciò significa che entrambi i processi innervano l’azienda ma mentre il secondo (l’analisi) scende verso una granularità sempre più spinta, il primo effettua sintesi (quindi assunzione di decisioni) che hanno valore per il business.
Ma se è vero che la “sintesi” è percepita come pregiata per il business ne consegue che la competenza più ricercata è la “decifrazione di significati” come massima espressione della sintesi e della conseguente assunzione di decisioni. Gli Inglesi la chiamano “Decision Making”.
E’ proprio qui il nesso con la cultura classica: essa stessa è per definizione decifrazione di significati, decifrazione dei versi dei classici, decifrazione delle etimologie, decifrazione delle figure retoriche, decifrazione del pensiero filosofico delle varie epoche, insomma, a suo modo, la maturità classica è un cimento nel ricercare i significati più veri del pensiero umano. Se poi si aggiunge che la conoscenza della lingua italiana viene coltivata in tutti i sui aspetti sia filologici che letterari ci si impossessa di uno strumento che crea veicolazione di persuasione e suggestione, strumenti utilissimi nell’azione manageriale dentro le aziende.
I contenuti scientifici risultano così meglio veicolati e correlati all’interno di un patrimonio che beneficia di questa “contaminatio”.
Ecco, il discettare di cultura scientifica contrapposta ad una cultura umanistica in realtà ha poco senso, anzi non ne ha affatto. I contenuti scientifici sono meglio maneggiabili se si è dotati di strumenti provenienti dalla formazione umanistica ed il lavoro specialistico nell’industria, pur tecnico e deterministico, conduce a conclusioni che confermano la tesi. Lo sanno bene i manager che sulla loro capacità di assumere decisioni per il business operano sintesi in continuazione, pur basate sulle preziose analisi di validi tecnici.
Autore : Sebastiano Abbenante
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