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Corriere di Gela | Quaranta euro o poco più...
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notizia del 02/05/2009 messa in rete alle 19:13:22
Quaranta euro o poco più...

Il lavoro a Gela, come testimoniato da molteplici accadimenti, costituisce, nella maggioranza dei casi, una vaga aspirazione, difficilmente esaudibile.
La nostra città, del resto, riassume in sé stessa tutte le manchevolezze ed i bisogni di una provincia debilitata da un tasso di disoccupazione pari al triplo della media nazionale: si arriva a sfiorare la soglia emergenziale del 34%, a fronte di una statistica nazionale non superiore all’8%.
Da un simile ritratto possono innestarsi solo due opzioni: lasciarsi alle spalle il proprio passato, tentando la fortuna presso territori occupazionalmente più proficui; oppure inventarsi soluzioni capaci di garantire un minimo di dignità, altrimenti impensabile.
Ma la crisi strutturale del territorio gelese non ha di certo attutito la voglia, sempre più sfrenata, di lasciare in disparte ogni negativo pensiero per concentrarsi sul puro divertimento.
I fine settimana a Gela sono, oramai, sinonimo di locali colmi all’inverosimile, discoteche all’interno delle quali spopolano eroine del teatro mediatico, strade, soprattutto quelle dei quartieri residenziali, occupate da giovani e giovanissimi.
Ma abbiamo mai riflettuto sui presupposti, atti ad assicurare il successo di un tale “spettacolo”?
In parole semplici: chi rende possibile tutto questo?
Molti tra gli abitudinari della “movida” locale avranno sicuramente notato la presenza, all’interno dei principali luoghi del divertimento cittadino, di giovani e meno giovani (uomini e donne), intenti ad operare febbrilmente, senza un momento di tregua.
Chi sono esattamente?
Conformandosi alle normative vigenti in materia di lavoro, si dovrebbe trattare di addetti del settore commercio e ristorazione, così come definiti dal contratto nazionale di lavoro.
Purtroppo, in questi casi, il CCNL costituisce una mera sigla, priva di senso, del tutto anonima.
Stiamo infatti parlando di lavoratori in nero, privi di ogni tutela sociale e previdenziale.
Spesso ci si trova innanzi a giovanissimi camerieri o barman, utilizzati, però, per lo svolgimento di ogni mansione (dalla pulizia dei locali al lavaggio delle stoviglie), retribuiti con somme di poco superiori ai venti euro per giornata, se non, addirittura, per l’intero arco della settimana.
F.M., appena diplomatosi presso l’Istituto Alberghiero, nonostante la giovane età, svolge servizio in un noto pub, sito presso il lungomare Federico II di Svevia, da diversi anni, senza aver notato alcun miglioramento della propria condizione lavorativa: iniziò l’attività, quasi per gioco, di modo da poter disporre di somme idonee per l’acquisto dei jeans o degli occhiali delle griffe più note, concordando con il gestore un pagamento, per un totale di tre giorni lavorativi, di quaranta euro. Da quel momento, però, nonostante la sopravvenienza di un nuovo gestore, le condizioni non mutarono, ed il suo lavoro in nero continua ad essere retribuito con la medesima paga.
M.S., invece, non si limita a muoversi freneticamente tra un tavolo e l’altro del bar ove presta servizio, ma nel fine settimana si “trasforma”, repentinamente, nella pierre di una nota discoteca locale: il suo compito, rigorosamente non regolato da nessun contratto, è quello di convincere propri coetanei o ragazzi di età maggiore ad accedere al locale acquistando un biglietto di entrata, ottenendo, così, una percentuale derivante dal numero di ingressi indotti dalle sue capacità di convincimento.
Lei, forse a causa della giovane età, non si considera una lavoratrice sfruttata, anzi, soprattutto in relazione al suo compito all’interno dell’organizzazione del locale da ballo, si ritiene una “privilegiata”, sempre a contatto con persone diverse, molte delle quali, a suo dire, la invidiano. Ma come può realizzarsi un così ampio dispiegamento di manodopera irregolare? La risposta, semplice ed immediata, mi viene fornita da una commessa, ormai avvezza, a causa di svariati anni trascorsi nel settore, ad assistere all’utilizzo di lavoratrici pagate a cottimo, prive di regolare contratto: mancano i controlli da parte delle autorità competenti; per tale ragione diversi esercenti si sentono quasi legittimati ad impiegare braccia completamente sconosciute agli enti previdenziali. Lo stesso F.M., riguardo alla propria esperienza, tiene a ribadire una simile asserzione: solo una volta, infatti, gli è capitato di dover sottostare ad un controllo a sorpresa, divenuto inefficace poiché il proprietario del locale riuscì a farlo passare per un nipote resosi disponibile per fare un piacere allo “zio”.
Peraltro richiedere, in assenza di una pur minima rappresentanza sindacale, la tanto agognata assunzione, correlata alla stipulazione di un regolare contratto, può costituire causa di un rapido allontanamento, con tutte le conseguenze che ciò comporta per chi lo patisce: così ci si accontenta di un’esistenza precaria, anche perché vi è sempre qualcuno pronto a subentrare.
Le offerte, con l’imminente arrivo della stagione estiva, sono destinate a moltiplicarsi, in conseguenza dell’esponenziale crescita, registratasi negli ultimi anni, degli stabilimenti balneari, all’interno dei quali opera manodopera stagionale, composta principalmente da giovani, nella gran parte dei casi contrattualizzati solo per il periodo necessario, oppure totalmente privati di qualsiasi copertura e retribuiti in base a semplici accordi stretti con il proprietario dell’impianto. Non solo l’edilizia, dunque, assume le fattezze di uno sterminato contenitore di piccole e grandi irregolarità, ma anche altri settori, seppur con minori ricadute (soprattutto in termini di vite spezzate), assorbono l’esistenza di individui, consapevoli di dover sopportare condizioni sfavorevoli, ed al contempo certi dell’assenza soluzioni alternative.


Autore : Rosario Cauchi

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