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notizia del 27/09/2009 messa in rete alle 19:12:02
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L’Antimafia regionale e il “Caso Gela”
La definizione di “estate gelese”, almeno per questo 2009, ha potuto fregiarsi di due frequenti usi: il primo, oramai abitudinario, inerente la descrizione dell'insieme di eventi, spettacoli e manifestazioni distribuiti, su input dell'amministrazione comunale, nel corso della stagione dominata da afa e sole; il secondo, al contrario, non ha alcun connotato in comune con il precedente, costituendo il principale epiteto, normalmente accompagnato dalla specificazione “di fuoco”, attribuito dalla stampa e dai media in generale, a mesi trascorsi tra continui allarmi, determinati in prevalenza dai molteplici attentati incendiari e dai continui avvertimenti aventi quali destinatari operatori economici e semplici cittadini.
La stagione dedicata per eccellenza alle vacanze ed al relax è, oramai, alle spalle, e proprio in una fase di decisa transizione per l'intera città giunge la Commissione Regionale Antimafia, presieduta da Calogero Speziale (nella foto mentre parla con i dirigenti della Procura di Gela) e composta, inoltre, da Roberto Corona, Salvino Caputo, Fortunato Romano, Giuseppe Picciolo, Concetta Raia e Salvatore Cordaro. Si tratta di un organo ispettivo e d'inchiesta, ideato seguendo la scia tracciata dalla Commissione nazionale antimafia varata per la prima volta nel 1962, istituito dall'Assemblea regionale siciliana; lo stesso ha avuto modo di affrontare ogni fattore connesso al fenomeno mafioso isolano, fissando obiettivi primari da perseguire, anche per il tramite di visite alle principali istituzioni dei territori assoggettati ai pericoli criminali.
La tappa di Gela si situa proprio in una simile dimensione programmatica, collocandosi subito dopo quella di Agrigento e precedendo la visita al capoluogo nisseno.
I membri della delegazione regionale sono stati protagonisti di approfondite riunioni nelle quali loro controparti sono stati i massimi vertici della Procura gelese, del Tribunale , delle forze dell'ordine nonché delle entità sindacali ed istituzionali operative sul territorio.
La volontà perseguita dalla Commissione è stata, indubbiamente, quella di riassumere i risultati raggiunti da tali istituzioni in un anno, il 2009, di certo prolifico nella lotta al crimine organizzato.
Lo stiddaro Vincenzo Pistritto, l'emissario presso il territorio nisseno dello storico boss di cosa nostra Giuseppe “Piddu” Madonia, Carmelo Barbieri, gli “affronti” patiti dal clan capeggiato fino alla morte da Daniele Emmanuello, la disfatta di un imprenditore di primo piano come Sandro Missuto, prestanome del boss ucciso nelle campagne tra Villarosa e Villapriolo, la scelta assunta da diversi attori della storia criminale locale di sostenere con le proprie dichiarazioni l'azione degli inquirenti: tutti tappe di un periodo storico, il 2009, costellato di iniziative giudiziarie finalizzate al contrasto della criminalità organizzata.
Purtroppo ad iniziative di tal fatta si sono, al contempo, aggiunte prove di un diffuso malessere sociale: il coinvolgimento, anche se solo “etico-morale”, di un consigliere comunale nell'indagine “Cerberus”; l'aumento del numero di attentati incendiari, soprattutto ai danni di soggetti economici; la devianza giovanile, spesso indotta dall'ambizione di far breccia entro i meandri di stidda e cosa nostra; gli interessi sempre più intensi della criminalità organizzata nei più disparati settori economici, dall'edilizia alla gestione dei rifiuti.
Ma la visita deve inquadrarsi, ancora, in un ulteriore capitolo di riflessione; l'avvento alla presidenza del gelese Speziale ha coinciso con una decisa inversione di tendenza, manifestatasi soprattutto a seguito dell'approvazione, risalente allo scorso mese di novembre, di una dettagliata normativa in materia di contrasto al fenomeno estorsivo, la legge n. 15 del 2008, in particolare a quello capace di fagocitare persone giuridiche ed operatori economici.
Lo stesso Lillo Speziale (nella foto), a colloquio con i giornalisti, a conclusione di una giornata fatta di incontri e continue visite ai luoghi simbolo delle locali istituzioni, si è lamentato della scarsa diffusione di notizie ed analisi concernenti i dettagli più salienti di una legge che potrebbe indubbiamente aprire un varco decisivo tra le maglie delle diffusa omertà: generata nella maggior parte dei casi non da contiguità, bensì da vivido timore nei riguardi di estorsori e uomini d’onore di ogni ordine e grado.
Gli incentivi in favore di tutti gli operatori economici decisi ad affrontare la sfida della denuncia, le zone franche della legalità, il conto corrente unico: tutti componenti di un progetto complessivo, destinato, su volontà della medesima Commissione Regionale Antimafia, a mutare i rapporti di forza tra cittadini e crimine organizzato.
L’obiettivo, troppo importante per essere destinato verso il baratro dell’oblio, verrà perseguito anche mediante l’organizzazione di un ampio convegno in materia, la cui sede sarà Gela, capace di raccogliere i maggiori esperti del settore, affiancati da tutte le associazioni antiracket regionali, da svolgersi, molto probabilmente, nel mese di dicembre: destinato a divenire base di partenza essenziale per la formazione di un vero e proprio testo unico delle norme antiracket.
Ma il presidente della Commissione non ha trascurato ulteriori dettagli; una delle richieste emerse durante lo svolgimento dei colloqui, indotta dalla visita ai vertici di Procura e Tribunale, è quella dell’istituzione nella nostra città di una sezione distaccata della Corte D’Assise, in grado di determinare continuità anche innanzi a procedimenti penali di rilevante incidenza; così come non bisogna trascurare l’idea, lanciata dai componenti dell’organo regionale, di permettere a tutti i comuni sciolti per mafia uno sforamento del patto di stabilità, idoneo ad assicurare l’assunzione di un maggior numero di vigili urbani.
Ma Speziale, inoltre, punta con evidenza alla revisione delle modalità di prevenzione del fenomeno criminale nella città di Gela, convinto che quella attuale non costituisca una recrudescenza dell’offesa mafiosa, bensì il frutto di un inusitato disagio sociale, prevalentemente minorile: l’unica risposta non può che essere quella fondata sull’investimento, anche economico, in direzione di un graduale recupero di tutti coloro che si trovino ad affrontare uno stato di sradicamento familiare (in particolare tutti i minorenni nati da famiglie mafiose o, in ogni caso, legate al crimine).
Ma uno degli aspetti più preoccupanti dello spaccato sociale gelese si situa in quella che comunemente si definisce “vertenza lavorativa”, quanto mai di stretta attualità: riconversione industriale in chiave ecocompatibile; stretta collaborazione tra Eni ed istituzioni locali e regionali; investimenti finalizzati all’aumento degli occupati sia nell’indotto che nel diretto; tutela delle imprese locali all’interno del sito produttivo; queste le priorità condivise da parti sociali, Commissione Regionale Antimafia, e vertici Eni.
Mentre, oramai nel tardo pomeriggio, le auto blu degli ospiti iniziavano ad allontanarsi, sembrava chiudersi una fase della recente storia gelese, fatta di antimafia, lotte per la dignità sociale, e, purtroppo, incoerenze, ed aprirsene una nuova, ancora difficile da definire: congiunte, però, da indicatori comuni, quali il bisogno economico e l’emergenza occupazionale, sintetizzati dall’ennesimo gruppo di lavoratori in difficoltà intento a cercare di capire, nelle vicinanze della stanza che fu del sindaco Rosario Crocetta, a chi rivolgersi per avere un colloquio riservato.
Autore : Rosario Cauchi
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