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notizia del 24/03/2013 messa in rete alle 19:04:02
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Arte e antiarte, la lectio magistralis di Mario Perniola
«L’arte non si crede più, non ha più fiducia in se stessa, ma nonostante ciò si desidera ardentemente». È in questo modo che il Prof. Mario Perniola (nella foto a destra, di Rosi Antonoro), filosofo, saggista e teorico dell’arte contemporanea, descrive il fenomeno enigmatico dell’antiarte, durante la conferenza intitolata Arte e antiarte nel manierismo e nel contemporaneo, che ha tenuto venerdì 15 presso Tropicomed.
L’evento, organizzato dall’associazione culturale Daterreinmezzoalmare, ha costituito il secondo grande appuntamento inserito nel calendario della rassegna Cunta.13. L’antiarte, intesa prima come autodenigrazione e poi come annullamento dell’arte, continua ad occupare da quasi un secolo un ruolo molto importante nell’esperienza estetica.
«La frattura – ha dichiarato il prof. Perniola – con l’arte contemporanea in cui si dava ancora molto importanza all’artefatto avvenne nel 1960. Da allora si è stabilita una contrapposizione, così come asserito da Benjamin, tra il regime tradizionale dell’opera d’arte caratterizzato dal valore culturale attribuito ad un oggetto unico e duraturo ma distante nei confronti del fruitore, e il regime disincantato inaugurato dalla riproduzione tecnica dell’opera, che inaugura un rapporto di prossimità con il pubblico, quindi un’opera massmediatica».
Il precursore di tale tendenza artistica è stato l’artista francese Marcel Duchamp, esponente del movimento Dada, che nel 1917 presentò come opera d’arte un orinatorio rovesciato, che lui battezzò con il nome di fontana. Con la sua opera, Duchamp metteva in discussione la funzione stessa dell'arte, e con lui inizia quella tendenza all’autodenigrazione di se stessi.
«Altre due figure carismatiche dell’antiarte – ha sottolineatoto Perniola – sono state John Cage, compositore americano che ha aperto alla musica orizzonti nuovi, e Guy Debord, fondatore del movimento situazionista. A differenza di Duchamp, tali due icone della cultura alternativa del ventesimo secolo hanno attribuito all’antiarte un significato fortemente politico, quindi non possono essere considerate come manifestazione del nichilismo occidentale, che trova nelle arti un terreno fertile».
Nel saggio L’arte e la sua ombra il filosofo afferma che il mondo dell’arte oggi sembra essere dominato da interessi mercantili che riducono l’arte alla produzione e alla promozione di opere da sfruttare economicamente. E «l’arte non consiste più nel fare un quadro ma nel venderlo» così come viene riconosciuto dall’artista americano Jeff Kroons. E se un quadro prodotto a regola d’arte tra il quattrocento e il settecento dura per molti secoli e acquisisce con il passare del tempo, un crescente valore estetico e economico, dovuto a ragioni tecniche come l’assestamento dei materiali e la formazione della patina che rende l’opera più pregevole, tutto il contrario avviene nel novecento per l’utilizzo di materiali nuovi come acrilici, vernici, vinavil. Si può essere artisti a pieno titolo sono producendo idee e progetti alternativi e rivoluzionari, compiendo atti vandalici.
«Per molti artisti l’arte non è una produzione dell’artefatto – ha affermato Perniola – ma un’azione, come spostare l’oggetto, o cambiare l’orientazione o modificare un nome. Persino la smaterializzazione e addirittura l’autodistruzione dell’artefatto sono state considerate come operazioni artistiche. L’arte è tale solo se allo stesso tempo è meta-arte e antiarte ».
Il rifiuto dell’arte stessa si è manifestata già nel Manierismo. Questa corrente artistica è considerata il punto più alto dell’arte occidentale, perché all’interno di essa c’è un atteggiamento di meta-arte, di arte che riflette su se stessa, e di dubbio sulla propria attendibilità e necessità, che derivava dalla Riforma protestante. Sotto questo aspetto l’opera del Parmigianino ingloba tutti gli aspetti della critica dell’arte. Tale argomento è stato affrontato dalla ricercatrice Laura Albers (nella foto, al centro) che ha presentato una tesi sul Parmigianino e il suo autoritratto in uno specchio convesso.
«Il manierismo – ha detto Laura Albers – nel sedicesimo secolo è il precursore dell’antiarte, così come si conosce nel ventesimo secolo. Nel caso dell’autoritratto del Parmigianino in uno specchio convesso, vi è un’affermazione dell’anticonformismo autobiografico. Il Parmigianino si colloca in un momento in cui i valori armonici dell’arte del Rinascimento avevano raggiunto il loro culmine. Armonia, misura esemplare e moderazione erano norme riconosciute come premessa essenziale per l’arte. Con il suo autoritratto, non in uno specchio piano, ma convesso, Francesco Mazzola, viola tali principi».
La postfazione è stata curata in maniera eccellente dal filosofo Francesco Pignataro, che ha affermato come con il Dadaismo non vi era più una ricetta dell’arte, e questo perché si usciva dalla prima guerra mondiale, che rappresentava il fallimento di un modello di razionalità e certezze che aveva prodotto molti obbrobri. Quindi la salvezza non era più stare dentro i canoni, ma era nella ricerca dell’irrazionale e dell’anarchia.
Un folto pubblico ha assistito alla conferenza, nonostante il Prof. Mario Perniola, libero pensatore, non sia un personaggio di grande popolarità
«Per noi – ha affermato Emanuele Tuccio, direttore scientifico dell’associazione – è stata una grossa scommessa avere un esperto di nicchia, e vedere la sala gremita mi fa comprendere quanto il Prof. Perniola, personaggio scomodo per molti, sia più conosciuto di quanto si possa pensare. Ascoltare il punto di vista di un grande filosofo, è sicuramente un arricchimento per tutti»
I tre ospiti sono stati presentati dal Sovrintendente dei Beni Culturali di Caltanissetta Salvatore Gueli.
Autore : Filippa Antinoro
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