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Corriere di Gela | I frati di Mazzarino, vergognosa montatura
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notizia del 31/10/2009 messa in rete alle 18:58:36
I frati di Mazzarino, vergognosa montatura

Lunedì 16 ottobre su un quotidiano regionale si riferiva sul libro “I misteri del saio”, di Adriano Nicosia“ e si concludeva con l’interrogativo “Colpevoli o innocenti? Quale sarà mai la verità?”. La verità non riusciremo mai a trovarla se non la cercheremo sul serio. Si vede bene che anche l’autore del libro è succube di quella vergognosa montatura innalzata da uomini disonesti. Non c’è una sola persona in Italia che non sappia che quattro frati di Mazzarino in collusione con la mafia, si siano resi colpevoli di numerose estorsioni e di vari delitti. Ancora nel 1988 lo stesso giornale avallava queste indegne menzogne con un articolo dal titolo “La vicenda dei cappuccini estortori. Il miracolo dei frati mafiosi e gli oboli dei fedeli divennero taglie”. E’ grave disinformazione. Allora il muro di Berlino era ancora in piedi e le sinistre erano ancora vivacemente presenti in Italia. Ma ora è tempo di ristabilire la verità contro le indegne macchinazioni politiche che hanno imbastito questo enorme castello di menzogne. Frati estortori? Falso! Frati vittime. Semmai si può attribuire loro una buona dose di dabbenaggine, perché, se avessero voluto, potevano sottrarsi all’ingrato compito. Ma quando il Padre Agrippino fece un debole tentativo di rifiutarsi, fu rimproverato dal farmacista Colaianni che gli disse: “Padre, lei da sacerdote non può sottrarsi a questo suo dovere. Questi fanno sul serio. Ha visto come hanno ucciso il possidente Cannata?”. Padre Agrippino è andato a finire in galera, l’istigatore Colaianni no. Bella giustizia! Intanto vediamo chi sono gli attori di questo penoso dramma.
Padre Agrippino, figura molto debole, due volte ricoverato in psichiatria e quando fu spaventato da un colpo di fucile sparato dalla porta della sua stanzetta dal diabolico Lo Bartolo, quale aiuto ebbe dai carabinieri ai quali fu esporta regolare denuncia? Solo belle parole consolatorie. Secondo attore: Padre Carmelo, vecchio ottantenne, del quale è stata rivelata una relazione amorosa, nella quale il magistrato ha voluto affondare il suo bisturi impietoso, ma allontanandosi dal vero obiettivo del processo. Terzo attore: Padre Venanzio, il più intelligente, spaventato però dalle minacce rivolte ai suoi fratelli proprietari di un mulino. Padre Venanzio ha un torto: vistosi arrivare quella tegola in testa, cercò di scansarla e farla cadere sui frati suoi nemici. Quarto ed ultimo attore: Padre Vittorio, che nella vicenda c’entra come i cavoli a merenda. Era il guardiano del convento ed aveva il torto di tenere una macchina dattilografica davanti alla porta della sua stanzetta e della quale il Lo Bartolo si serviva per scrivere le sue lettere minatorie.
A chi sono state trovate le grosse somme di denaro frutto delle estorsioni? A Lo Bartolo che col malloppo stava cercando di rifugiarsi in Francia. Messo in carcere, vinto dal rimorso (i frati l’avevano aiutato e gli avevano fatto ricoverare i figli in istituti vari) si è suicidato. I disonesti orchestratori di questa tragedia affermano che è stata la potenza dei frati a penetrare nel carcere ed uccidere il Lo Bartolo. Quei frati pur così potenti sono diventati poi così deboli da farsi arrestare e condannare! I frati non sono estortori, ma vittime.
Dalle indagini bancarie non è risultato nulla a carico dei frati, assolutamente nulla Un giorno, confessandomi col P. Sebastiano che allora era Provinciale, gli chiesi spiegazioni su quello che avevo appreso dalla stampa. Mi disse: “Io solo posso dirle che ho dovuto sborsare un milione e trecentomila lire”. Venni poi a sapere che il P. Enrico, ottimo guardiano di Gela che molti gelesi ricordano con grande stima, dovette sborsare un milione e mezzo. Solo chi è stato dentro come me può capire certe cose: i frati non avevano alcun interesse ad accumulare denaro. Lo stesso avvocato Carnelutti, nella sua appassionata difesa, ebbe ad esclamare: “Se dovreste trovarvi in una situazione simile, quell’errore rifatelo!”.
Ho detto che i frati sono stati abbastanza sciocchi e lo confermo. A me sono bastati pochi minuti per conoscere e capire chi era il famigerato ortolano Lo Bartolo. Proprio in quel periodo in cui si svolgevano i fatti, andai al convento di Mazzarino per invitare il P. Vittorio a venire a predicare gli Esercizi Spirituali nella Chiesa di S.Agostino. Erano le ore 17,30. Bussai a lungo senza avere alcuna risposta. Non riuscivo a capacitarmi che proprio in un giorno festivo non ci fosse nessuno dei padri. Pensavo già di andarmene via quando all’improvviso si aprì un piccolo spiraglio nella porta dalla quale si affacciò l’ortolano che con voce sgarbata e dura mi disse; “Perché continua a bussare? Non vede che non c’è nessuno?”. Gli risposi; “Lei è un villano. E’ questo il modo di trattare con la gente? Non si può dire che non c’è nessuno dal momento che è venuto Lei stesso ad aprirmi.” Fu questo il mio primo ed unico incontro con Lo Bartolo. Mi colpì il suo agire circospetto, il non avermi invitato ad entrare e l’aver voluto lasciare l’uscio appena appena aperto. La sera stessa telefonai a P. Vittorio per manifestargli il mio vivo disappunto. “Ma come fate, dissi, a tenere in portineria quel villano? Quando vi deciderete a cacciarlo via”. Parlando con amici, un po’ per celia e un po’ per convinzione, dicevo: “Se quei frati invece di nascere a Mazzarino fossero nati a… Canicattì, si sarebbero subito accorti con chi avevano da fare e con una buona dose di bastonate avrebbero scoperto tutti i misteri”. Io non sono affatto tenero verso l’istituzione ecclesiastica (nessuno ha il coraggio di diffondere i miei libri rivoluzionari) ma mi indigno di fronte a tante calunnie ormai così diffuse. Troppe sono le cose da contestare nelle varie religioni, ma per i frati di Mazzarino sono state dette solo indegne falsità.


Autore : Antonio Corsello

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