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notizia del 04/03/2012 messa in rete alle 18:59:26
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L’ansiolitico degli dei
Una condizione insopportabile quella dell’Uomo costretto a convivere con la sua imperfezione , pur intuendo la possibilità di una vita perfetta, di una esistenza senza dolore, ne malattia. Una condizione miserabile, tragica, costretto a sopportare il dolore della perdita dei propri cari, della propria giovinezza, dei propri sogni impossibili, vivendo da eterno insoddisfatto. Separato dagli altri uomini, separato dalla natura, solo nel mondo, l’uomo convive con il fardello angosciante della consapevolezza esistenziale del proprio essere incompiuto. Nel buio della notte dei tempi, nell’antro delle caverne, l’ansiolitico più antico del mondo, l’alcool restituiva all’uomo la sua perfezione divina, lo riappacificava con la Natura e con gli altri uomini. Una esistenza nel mezzo, fra Natura e Dio, una feroce lotta fra la nostalgia della inconsapevolezza, della incoscienza, mescolato all’Essere, da un lato, ed un impegno continuo, una continua concentrazione mentale , uno sforzo prometeico , verso la propria evoluzione divina.
L’alcool, strumento della colliquazione della propria individualità, restituisce l’Uomo alla Madre-Natura, lo fa un tutt’uno, in commistione con l’Essere apportando calore, forza, coraggio, e comunione spirituale, prerogative divine, che non sembrano soddisfare nemmeno gli dei dell’ Olimpo, se financo loro non disdegnano le coppe di vino, se financo loro stessi, gli dei sommi dell’Olimpo, tanto cari ai Greci, si sono dotati di un Dionisio festante e godereccio, che consentisse una effimera ebbrezza edonistica , una ipomaniacalità bipolare. Che gli Dei siano stufi della propria eternità? Che gli Dei siano affetti dal tedium vitae? Da un male che corrode l’anima, da cui non è possibile fuggire, e non c’è Olimpo che protegga dall’angoscia di esistere? In tempi di crisi economica l’alcool, la droga dei poveri, 1 euro per un litro di vino, risana le ferite dell’anima, e trasporta l’uomo nella beata incoscienza primordiale, prima che l’uomo fosse individuo, e lo restituisce alla Madre. E l’Uomo muore beato fra le braccia della Madre, quando ubriaco s’accascia nel fango umido dei maiali.
Prima delle benzodiazepine fu l’alcool etilico a rendere più sopportabile la condizione dell’uomo metà natura e metà cultura, metà animale e metà divino. In tempi di crisi esistenziale oltre che economica e materiale, l’’alcool rida una pausa ,fra una corsa e l’altra, permette di trarre un respiro, fra una apnea e l’altra. La droga dei poveri, già delizia degli Dei, la cui astinenza è causa prima del delirium tremens e delle allucinazioni zooptiche, come recita l’I.C.D. 9 C.M. , oggi attraversa tutte le classi sociali ed entra in tutte le case, come fine tequila o “nero d’avola” sfuso, nelle feste in casa, nei locali pubblici, nei pubs, o nei ristoranti a 5 stelle, mescolandosi nelle vene dei reali oltre che dei poveri cristi delle stazioni metropolitane, in attesa di nuovi valori , di un nuovo ordine che dia senso e dignità alla vita.
Autore : Francesco Lauria - medico chirurgo,specialista in Psichiatria
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