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Corriere di Gela | La sostenibilità non è un prodotto
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notizia del 18/09/2012 messa in rete alle 18:57:39
La sostenibilità non è un prodotto

Quasi in silenzio, senza alcun clamore mediatico, è stato recentemente reso pubblico uno dei documenti più pregnanti per il territorio gelese. Un documento che vale almeno una decina di sessioni monotematiche del nostro solerte consiglio comunale. Uno di quei documenti che, normati dall’organizzazione Global Reporting Iniziative (GRI), definisce tutti gli indicatori che sostanziano la sostenibilità perseguita dalle aziende nel loro percorso di business. Trattasi del Bilancio di sostenibilità della Raffineria di Gela 2011.

Un documento che è soggetto ad una strutturazione codificata da norme certificate dal GRI e che le aziende utilizzano per rappresentare se stesse verso azionisti e territorio e, più in generale, per competere anche su ambiti etici oltre che produttivi. Il documento dichiara anche un livello di completezza C+ su una scala di 6 livelli codificati.

La sostenibilità è principalmente un processo di apertura verso i vincoli esterni che vengono “incorporati” nella gestione industriale del business. Il business pertanto non rinuncia a produrre valore (economico) ma integra, meglio dire incorpora, quei fattori di condizionamento che, altrimenti trascurati, possono tradursi in fattori di inibizione del business. E’ un metodo che si aggiunge a quello economico-produttivo condizionandolo, ma acquisendo elementi di compatibilità del business che, nel lungo periodo, sono remunerativi. E’ proprio da un documento siffatto che possono essere intuiti i cambiamenti organizzativi e produttivi, fino a poter comprendere i cambi di paradigma che le grosse organizzazioni industriali operano nell’anno produttivo e che ricadono, come effetti diretti ed indiretti, sui contesti in cui operano.

Dal bilancio di sostenibilità si intuisce che la raffineria sta ultimando il passaggio da petrolchimico a raffineria, sta riducendo la sua complessità infrastrutturale e quindi ottimizzando l’assetto energetico complessivo. Si legge che la popolazione del diretto, dal 2009 al 2011, è diminuita del 13% mirando ad un assetto di mille unità (-26%) entro il 2013. Questo obiettivo viene definito con il termine di una raffineria “normale” per confrontarlo con assetti di analoghe raffinerie italiane. Tutti gli indicatori contenuti nel bilancio vanno inquadrati rispetto a tale obiettivo e chi vuol discutere di industria a Gela non può prescindere da un documento di tale genere.

Purtuttavia questo consuntivo 2011 va anche incrociato con i macrotemi del lavoro e dello sviluppo che hanno una connotazione regionale e, nel contempo, globale perché, se è vero che gli stakeholders della raffineria fanno principalmente parte di un comprensorio, le strategie generali sono indotte dagli scenari mondiali e dalla normativa del settore del petrolio. Le recenti dichiarazioni del ministro Passera, che vuole raddoppiare la capacità di estrazione di greggio italiano passando dal 10% al 20% di grezzo nazionale estratto, e la possibile diminuzione del limite delle 12 miglia marine per le ricerche off shore, pongono prospettive di rilancio della raffinazione, ma in condizioni di competitività ambientale maggiori che in passato. In realtà la crisi produttiva che l’Europa, più di tutte, sta attraversando, sta mutando la natura intrinseca delle aziende. La crisi sta imponendo di mantenere presidi di business perdendo utili il meno possibile. Perché la crisi può generare opportunità di prodotto che potrebbero rilanciare il business. Inoltre il valore di un’azienda oggi si gioca anche sulla sua integrabilità con nuovi business anche collaterali e la Sicilia, con la sua disponibilità di apprezzabili giacimenti di gas e potenziali campi petroliferi da coltivare, costituisce ancore un’attrattiva. Beninteso nella prospettiva che i consumi possano riprendere anche lentamente ma decisamente. Se questa prospettiva si allunga troppo negli anni i business possono cambiare ed è per questo che in molte raffinerie vengono privilegiati investimenti nelle aree logistiche e di produzione di energia che candiderebbero i siti a mega-depositi di prodotti finiti e a produttori di energia ed utilities. Ma questo lo deciderà lo scenario ed i condizionamenti sociali e di politica industriale.

Lo scenario generale regionale e nazionale è destinato a cambiare a valle delle elezioni regionali e politiche prossime e si può dire che i fattori che influenzeranno le politiche industriali saranno principalmente tre, due di contesto e uno di normativa: le ricadute economiche dirette, basate su tassazioni e royalties, sui comuni che ospiteranno industrie pesanti a fronte di una drastica diminuzione dei flussi economici pubblici e, non secondariamente, le opportunità occupazionali in termini di volumi e qualità del lavoro che le aziende potranno offrire ai comprensori. Quest’ultimo punto però con una variante. I posti di lavoro saranno sempre più caratterizzati mansionalmente e saranno sempre meno mediati dalla politica e dalle istituzioni. Il terzo punto, a carattere normativo, riguarda l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che le industrie pesanti nazionali, e la raffineria di Gela in particolare, hanno richiesto per esercire gli impianti in modalità certificata e che, alla luce del recente caso ILVA, è diventato uno strumento prescrittivo che può oscillare tra la garanzia di compatibilità ambientale e l’imposizione di vincoli insormontabili per l’esercizio tecnologico degli impianti. Questi tre fattori influenzeranno le prospettive a breve e a lungo termine degli insediamenti industriali.

Per far fonte ad un recupero di margini il business della raffinazione è alla ricerca di business complementari, tali cioè da mettere a profitto ogni derivato della produzione. La qualcosa, a Gela, sta innescando l’interesse di nuovi imprenditori nell’insediarsi nelle aree dimesse del perimetro della raffineria. E’ in questo processo che si annidano molte opportunità future e nuovi rapporti con le amministrazioni territoriali.

E’ chiaro comunque che la molla sociale è compressa e rimane una variabile quasi insondabile in merito alle reazioni che possono innescarsi, ma la crisi sta mettendo a nudo varie aree di inefficienza e di insostenibilità.

Gela dovrà ripensare bene al suo futuro, mettendo in conto anche una contrazione della sua demografia se la crisi avrà tempi ampi, ma quello che gli stakeholders di Gela non potranno più fare è promettere un futuro che è sfuggito di mano a tutti.


Autore : Sebastiano Abbenante

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