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notizia del 20/11/2011 messa in rete alle 18:46:05
Raffineria della legalità
La “legalità” è la condizione sociale alla quale tutti noi, legittimamente, aspiriamo. Il termine, negli ultimi anni, è balzato agli onori della cronaca e si è diffuso in ogni luogo: dalla politica (ovviamente) all’imprenditoria, dalla magistratura (altrettanto ovviamente) alla scuola (perché già da bambini è bene educare alla legalità). Sotto l’ombrello della “legalità” sono fiorite fulgide carriere e coloro che hanno cavalcato l’argomento hanno incassato consensi e fortune sociali.
Fin qui tutto bene, anche se, a pensarci , non c’è nulla di più facile di elogiare la legalità: chi potrebbe, al contrario, non essere d’accordo con chi la propugna? Ma una cosa è propugnarla, ben altra è applicarla.
A proposito di legalità, in tutta Italia è famoso il “modello Caltanissetta”, quello che ha permesso alla Confindustria nissena di porsi all’attenzione dei media e di inviare i propri rappresentanti ai vertici di Confindustria nazionale e al governo della Regione siciliana. Tra i maggiori soci della Confindustria nissena c’è la Raffineria di Gela, il cui peso è determinante negli equilibri provinciali dell’associazione di categoria, e che, ovviamente, ha firmato il protocollo di legalità, qualche anno fa, dal Prefetto di Caltanissetta. E’ naturale, quindi, che alla Raffineria di Gela non si faccia nulla che esca dai canoni della “legalità”.
Ma tenebrosi pensieri si affollano nella mia mente: sarà veramente così? Vediamo. La Raffineria di Gela, negli ultimi mesi ha rinnovato diversi contratti dell’indotto, e si è verificato che parecchie aziende e cooperative di Gela, che lavoravano tranquillamente al petrolchimico da anni, mantenendo gli standard qualitativi richiesti, siano state espulse dal ciclo produttivo. Pare che le aziende che, vincendo le gare, sono subentrate (quasi tutte non gelesi) abbiano offerto ribassi dal 40% al 55% sui prezzi esistenti.
Ora, delle due una: o i prezzi precedenti praticati dalle ditte dell’indotto erano “gonfiati” (ma non è così perché anzi spesso erano tirati al massimo) oppure è in atto una manovra per espellere le aziende e le cooperative gelesi, perché è impensabile che determinati lavori si possano eseguire a metà prezzo, con il costo del lavoro e dei prodotti che aumenta giornalmente, e contemporaneamente mantenersi nella “legalità”.
Ma c’è di più. Il decreto Morese, secondo cui l’azienda subentrante deve assorbire i dipendenti dell’azienda cessata. Risulta che questo non sia avvenuto, in modo tale che la ditta cessata mette i dipendenti in mobilità e solo allora la ditta subentrante , usufruendo delle agevolazioni previdenziali, assorbe il personale, con grande risparmio sul costo del lavoro che permette, comunque, di rientrare nei prezzi proposti col ribasso stratosferico. Va da sé che in alcuni casi (vedasi i tre ex Cedis) neanche questo sia avvenuto, e il decreto Morese sia rimasto inapplicato.
Dunque si sta consumando la rovina di aziende e lavoratori gelesi senza che questo meccanismo sia stato realmente contrastato: la Raffineria di Gela fa ciò che vuole, come vuole, senza che la politica e il sindacato riescano a porre un freno.
Ho raccontato una storiella, amara, della nostra Gela, e pongo una domanda: è legale non applicare il decreto Morese? Probabilmente sì, dal momento che la Raffineria di Gela è firmataria del “protocollo di legalità” ed è uno dei più autorevoli soci di Confindustria nissena.
Autore : Giulio Cordaro
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