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Corriere di Gela | Amnesty chiama Gela risponde
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notizia del 10/01/2009 messa in rete alle 18:31:05
Amnesty chiama Gela risponde

Il generale clima festivo di quest'ultimo periodo ha certamente attenuato la spinta verso l'organizzazione di eventi culturali di elevato spessore: un'interessante eccezione si è, invece, manifestata attraverso una conferenza dedicata ai sessant'anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (approvata in sede Onu il 10 Dicembre 1948), svoltasi presso i locali della Casa del Volontariato di via Ossidiana.
Il merito di questa pregevole manifestazione è da attribuire alla sezione gelese di Amnesty International, presieduta dal prof. Luciano Vullo, a sua volta affiancato da un cospicuo numero di personalità, provenienti prevalentemente dal mondo della scuola, che ha scelto proprio questa occasione per avviare la propria attività, destinata a procedere sulla scia del coinvolgimento della cittadinanza, attraverso la promozione di ulteriori eventi. La conferenza, svoltasi proprio a ridosso delle festività natalizie, alla presenza di un folto ed interessato pubblico, ha visto la partecipazione di una giovane esule iraniana, la dott.ssa Ighany Galanaz, e del docente dell'Università di Catania, Roberto Fai, coordinati nei loro interventi dallo stesso presidente Vullo.
L'incontro si è aperto con la proiezione di una serie di drammatiche immagini, a testimoniare l'assoluta attualità del tema dei diritti umani, sempre più messi in discussione, non solo in realtà socio-culturali martoriate (da regimi autoritari, emergenze medico-sanitarie, ecc.), ma anche in contesti apparentemente pacificati e democratici.

L'apertura dei lavori è stata caratterizzata da una breve riflessione introduttiva svolta dal prof. Vullo, incentrata sul ruolo cruciale dell'area del Mediterraneo, potenzialmente centro di raccordo fra molteplici culture ed esperienze: proprio questo spazio dovrebbe rappresentare il vero catalizzatore di un'integrazione, ancora difficile da attuare concretamente. L'introduzione è stata così seguita dalla relazione, intitolata “Diritti umani: ambiguità ed opportunità di un progetto”, presentata dal prof. Roberto Fai, il quale ha cercato di trattare varie questioni, seguendo, però, un unico filo rosso: quello del nucleo teorico della dottrina dei diritti umani.
Egli ritiene, infatti, che la stessa categoria dei diritti umani non sia affatto semplice da definire, poiché prodotto di eterogenee strutture socio-culturali; allo stesso tempo definisce inscindibile il legame tra evoluzione di simili diritti e presenza dello Stato-nazione, sistema sempre più in crisi a causa dell'affermazione del processo di globalizzazione politico-economica.
Il medesimo relatore utilizzando, già nel titolo della propria dissertazione, due termini come ambiguità ed opportunità, ha voluto far risaltare la doppia dimensione presente alla base della dottrina dei diritti umani: alcuni studiosi (Habermas, Bobbio, Bauman), infatti, considerano il pieno riconoscimento di questi, come condizione irrinunciabile ai fini della piena affermazione democratica, spingendosi, proprio per tale ragione, fino ad ammetterne l'imposizione forzosa (mediante il sistema della guerra umanitaria); altri pensatori (Zolo, Boaventura de Sousa Santos, Negri), al contrario, descrivono lo sviluppo di tale dottrina alla stregua di un cavallo di Troia, destinato ad imporre valori tipicamente occidentali, anche in scenari completamente opposti, al solo fine di estendere, ancor più, l'egemonia di taluni Stati su altri.

Aldilà della sua evidente ineffettività, confermata da più accadimenti, la dottrina dei diritti umani svolge pur sempre una funzione garantista in diverse realtà: nelle quali, in sua assenza, si assisterebbe ad azioni di violenta sopraffazione, perpetrate nei riguardi di precise categorie di individui.
L'ultimo intervento è stato quello della giovane esule iraniana, Ighany Galanaz, incentrato prevalentemente sulla persecuzione subita, in terra persiana, dagli appartenenti alla confessione religiosa Bah’ai’: ufficialmente inesistenti per le autorità islamiche iraniane, convinte di dover necessariamente eliminare ogni espressione teologica diversa da quella islamica (in violazione dell'articolo 18 della Dichiarazione Universale), soggetti a vessazione di ogni tipo (arresti arbitrari e non solo), esclusi da ogni tipo di carica pubblica, ricevono appoggio esclusivamente dai milioni di fedeli presenti nel resto del mondo.
Ighany Galanaz ha, inoltre, denunciato il generale stato di oppressione sussistente in Iran, causa prioritaria del ridotto sviluppo del paese; senza dimenticare la ferrea applicazione della pena capitale nei confronti dei detenuti, fra i quali anche oppositori interni, che colloca il paese islamico ai primi posti della triste classifica degli Stati che la applicano.
Un'occasione in più per richiederne la completa abolizione, seguendo la moratoria approvata dall'assemblea generale dell'Onu nel 2007, su proposta italiana.


Autore : Rosario Cauchi

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