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notizia del 05/12/2005 messa in rete alle 17:54:32
Geopolitica dei triangoli con Caltagirone e Licata
Da anni il Corriere di Gela pubblica articoli sul tema delle nuove province, l’ultimo è di Filiberto Alessi, Coordinatore del Comitato Provincia Gela-Caltagirone, che argomenta le ragioni di una sintesi tra le due principali ipotesi del comprensorio. Prima e dopo di lui, è stato Filippo Franzone che ha speso fiumi d’inchiostro sull’argomento, dimostrando (ah, ce ne fossero come lui...) quanto a cuore gli stia la questione.
In Sicilia sulle nuove province si creano comitati da decenni, sotto ogni campanile di città o paese con più di ventimila abitanti, ne è nato almeno uno. Intanto, la Lombardia è passata da 9 a 12 province, la Toscana da 9 a 10, l’Emilia-Romagna da 7 a 9, il Piemonte da 6 a 8, la Sardegna da 4 a 7, la Puglia da 5 a 6, la Calabria da 3 a 5, le Marche da 4 a 5.
In un quindicennio sono state create in Italia 16 nuove province. Si è così giunti ad averne 108, di cui tre autonome: Aosta che coincide con la Regione Valle d’Aosta, Trento e Bolzano.
Almeno altre 4 province hanno buone probabilità di essere create, ma sempre in altre regioni. La Sicilia rimane con le sue 9 province: 7 storiche, più Enna (20 comuni) e Ragusa (12), create nel ventennio fascista.
In Puglia, per mettere d’accordo tutti, si sono inventati la provincia “trina”: la Barletta-Andria-Trani, tre città che da sole arrivano a 250.000 abitanti.
In Piemonte ne hanno ideato una con 77 piccoli comuni, distribuiti su tre valli incuneate in Svizzera: quella di Verbano-Cusio-Ossola.
Poi ci sono le province “a due teste” come: la storica Pesaro-Urbino (67), e le nuove: Forli-Cesena (30 comuni), Monza-Brianza (50), Carbonia-Iglesias (23), Olbia-Tempio (26).
Questa rapida panoramica sulle nuove province mi consente di entrare nel merito: dichiaro subito che auspico anch’io una strategia comune tra i due principali giocatori, l’ipotesi della Provincia di Gela-Caltagirone (o Calta-Gela), secondo la forma associata “a due teste”, mi sembra buona, ma temo non sia quella risolutiva.
Qualcuno potrebbe aver dubbi che Gela sta a Pesaro, come Caltagirone sta ad Urbino. All’inverso funziona ancora meno.
Forse sarebbe meglio orientarsi verso il modello “trino” lanciato in Puglia, con il triangolo/ventaglio “Gela-Caltagirone-Licata”, con l’aggiunta del territorio d’oltremare di Lampedusa/Linosa: “l’overseas department” della nuova provincia, la sua proiezione marittima verso sud-est, nel cuore del Canale di Sicilia.
Per prudenza, circoscriverei le ipotesi dentro i confini delle province di Catania, Caltanissetta e Agrigento, poiché quelle di Enna e Ragusa sono già ridotte all’osso, con un numero esiguo di Comuni.
In funzione delle complementari specializzazioni produttive dei tre comprensori, potremmo declinare diverse terne strategiche di sviluppo, ad esempio le seguenti:
1. Gela con la medio-grande industria, la medio-grande distribuzione, i servizi di aereo-portualità;
2. Caltagirone con la promozione delle tipicità, l’alta formazione, le piccole e medie imprese artigianali;
3. Licata con il Turismo, l’Agroindustria del biologico, i servizi da inventarsi.
La nuova Provincia di Gela-Caltagirone-Licata (il triangle) assocerebbe un nu-mero più che sufficiente di Comuni e di cittadini (dati istat 2001):
1. il Comprensorio di Gela – 5 Comuni: Gela, Butera, Mazzarino, Riesi (101.762 ab.) + Niscemi (27.564 abitanti)
2. il Comprensorio di Caltagirone (CT) – 13 Comuni: Caltagirone, Grammichele, Mirabella Imbaccari, Mazzarrone, San Cono, Mineo, Licodia Eubea, Vizzini, Ramacca, Raddusa, Palagonia, Militello Val di Catania (121.792 abitanti)
3. il Comprensorio di Licata (AG) – 3 Comuni: Licata, Campobello di Licata, Lampedusa/Linosa (51.730 abitanti)
Totale: 21 Comuni e 302.848 abitanti
L’obiettivo del superamento della soglia dei 300.000 abitanti darebbe al progetto della nuova provincia l’adeguata forza e ambizione. Nel caso di mancate adesioni, assicurerebbe comunque il raggiungimento della soglia fissata dalla normativa in evoluzione.
In un contesto regionale connotato da una forte competizione, sia pure infruttuosa, tra i diversi sistemi territoriali, il vantaggio competitivo del “triangle” gelese/calatino/licatese starebbe proprio nella potenziale forza demografica e nella coesione territoriale, acquisita con un numero limitato di Comuni e di province “tributarie” (3).
Situando Niscemi nel comprensorio gelese (benché tale città aspiri a un ruolo di “giocatore libero”, distando 15 km da Caltagirone e 19 km da Gela), i due principali comprensori avrebbero un peso equivalente (circa 125.000 abitanti cadauno). Mentre il terzo, quello di Licata, è decisamente più piccolo.
Ma se quest’ultima fosse trattata “alla pari” dagli altri due, potrebbe essere incentivata a portare, dentro la partnership istitutiva della nuova provincia, i suoi comuni limitrofi: innanzitutto Campobello, e chissà anche Ravanusa. Con la possibile integrazione delle isole Pelagie (Lampedusa/Linosa), che rafforzerebbero una strategia di cooperazione territoriale con Pantelleria, ed esternamente con Malta/Gozo e con Djerba (Tunisia).
Immaginiamo una sorta di accordo di cooperazione tipo “Imesud”– isole del mediterraneo meridionale (da negoziare a Gela o a Licata), sul modello del più importante “Imedoc” stipulato ad Aiaccio dalle isole occidentali Sardegna, Corsica e Baleari, con la Sicilia aggiunta in corso d’opera.
Bisognerebbe muoversi subito, con spirito aperto e deciso. Pare che altrove stiano già lavorando ad aggregazioni più ampie, oltre l’ombra dei propri campanili: forse Acireale negozia già con Paternò; Taormina con Barcellona Pozzo di Gotto; Cefalù con Termini Imprese; Sciacca con Castelevetrano; etc…
L’ipotesi della nuova provincia di Gela-Caltagirone-Licata, per incidere sugli equilibri politici regionali e nazionali, dovrà “volare alto” e non spaventare nessuno. Dovrà far capire a tutti che il suo è un progetto interamente nuovo e positivo che disegna scenari inediti: le attuali province “tributarie” dovranno convincersi che essa non leva, ma aggiunge forza ai loro territori.
In nuce, la nuova provincia dovrebbe essere presentata come il “nucleo duro”, l’embrione della “Città Regione della Sicilia Centrale”: il sistema urbano di 1.268.000 abitanti del “triangolo” più grande Ragusa/Enna/Agrigento, identificato nel 1998 da una ricerca promossa dalla Commissione Europea.
Potremmo intanto cominciare a convincerci (e a convincere) che Gela è al centro di uno dei quattro sistemi urbani siciliani (gli altri tre fanno perno su Palermo, Catania e Messina). L’8° per dimensione tra i 21 Sistemi Urbani italiani (minori), il 20° se consideriamo anche i Sistemi Urbani delle aree metropolitane (dalla “grande Milano” alla “grande Firenze”).
La nuova provincia dovrebbe presentarsi come un’aggregazione frutto di felici intuizioni che ipotizzano solidi sviluppi futuri. Prima d’essere tale sulla carta, la nuova provincia dovrebbe vivere tra la gente, tra i residenti/produttori/proprietari del capitale territoriale. Essa non dovrebbe essere percepita come un ennesimo ente pubblico, ma come una vivace area di “cooperazione rafforzata” inter-comunale, un’opportunità di sviluppo per le stagnanti economie dell’entroterra nisseno/agrigentino/catanese.
Prima di negoziare con gli altri, con le attuali Province, con la Regione e con lo Stato, bisognerebbe sforzarsi un po’ di più per condividere al nostro interno una visione possibile e un forte orizzonte comune. Non mille ipotesi tra loro divergenti. Chi risiede e lavora nei tre Comprensori sa bene quanti e quali siano i motivi per stare insieme, meno invece comprende le ragioni per dividersi.
Sarebbe, dunque, certamente utile identificare un serio “piano strategico” intercomunale che anche (ma non solo) in funzione dell’obiettivo provincia, avvii in parallelo un processo di “governance” (una volta si diceva di “governabilità”) per tenere insieme attori e politiche, perseguendo obiettivi di governo e trasformazione del territorio, mobilitando gli investitori, in un quadro di competitività sovra locale, di lungo periodo e di area vasta.
Se leggiamo bene quello che stanno scrivendo nei documenti strategici della nuova politica di coesione, per il prossimo ciclo di programmazione dei fondi strutturali (2007/2013), nelle nostre città e nei nostri sistemi produttivi proprio questo dovremmo fare.
Autore : Giuseppe Clementino
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