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Corriere di Gela | Gela, luogo della memoria... dimenticata
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notizia del 23/01/2005 messa in rete alle 17:41:04
Gela, luogo della memoria... dimenticata

Attualità 4 Gela, luogo della memoria... dimenticata La spiaggia di Gela non gode certo della notorietà delle normanne Omaha o Utah beach, ma sui mezzi stampa e su qualche documento ufficiale comincia ad essere riconosciuta come luogo della memoria dell’evento epocale che vi si svolse l’Operazione Husky (ben altro che una carica di cani).
La sera del 9 luglio del 1943 dai porti del Nord-Africa iniziò una delle principali campagne della seconda guerra mondiale. L’impellente necessità di aprire il secondo fronte europeo di quell’immane conflitto era sollecitata con insistenza dalla coppia Stalin-Molotov che nonostante preferissero uno sbarco in grande stile sulla costa azzurra si sentirono comunque sollevati quando Churchill e Roosevelt decisero di alleviare il peso sopportato dall’armata rossa nel primo fronte, scaraventandoci addosso mezzo milione di soldati.
Il 10 luglio del 1943 intorno alle 4,00 am la 7ª Armata Usa iniziava a sbarcare sulle spiagge del Golfo di Gela. Nelle stesse ore nell’area di Siracusa sbarcava l’8ª Armata anglo-canadese. Quindi a Gela e Siracusa iniziò la lunga campagna d’Italia condotta dalle truppe alleate e terminata dopo quasi due anni con la liberazione dal nazi-fascismo il 25 Aprile del 1945.
Luglio 2003. In una sonnolenta e afosa Gela il 60° anniversario dello sbarco passa abbastanza in sordina. Passando in città per le ferie noto che la commemorazione dell’evento consiste solo nell’organizzazione di una piccola mostra fotografica, l’emissione filatelica di qualche francobollo, le rituali pose di corone di fiori da par-te delle autorità civili e militari. In chiusura, vado a un convegno presso il castello di Falconara dove quattro occhialuti professori cercano di spiegare l’evento a una dozzina di convenuti.
Maggio 2004. La scorsa primavera mi ritrovo ad assistere agli eventi svolti ad Anzio per commemorare lo sbarco alleato del ‘44, e sarà che gli inglesi sono più cerimoniosi degli americani ma la città era invasa dai visitatori, un paio di musei tematici aperti per l’occasione, combriccole di simpatici reduci ottantenni con la giacca e le medaglie al petto, e pure i soldati scozzesi del reggimento lancieri con i gonnellini e le cornamuse in giro per le strade. Insomma ad Anzio tutta la città è impegnata a commemorare l’evento, per la felicità di albergatori, baristi e ristoratori.

Ora se compariamo bene le dimensioni aero-navali di tali operazioni anfibie, ad Anzio e Nettuno niente successe in confronto a quello che avvenne a Gela, dove la prima ondata di sbarco impegnò il fior fiore dell’esercito americano con i suoi migliori battaglioni: per esattezza il 1° e 4° Rangers sbarcarono sulle dorate spiagge di Gela, a quel tempo più che dorate pericolosamente minate, mentre il 3° Rangers sbarcò tra Manfria e Licata. Insomma proprio davanti a Gela sbarcò gran parte della “1st Infantry Division” la gloriosa “Big Red One” celebrata in tanti film, a uno ha dato il titolo con il mitico Lee Marvin, nell’ultimo “Salvate il soldato Ryan” con Tom Hanks, i primi cinque atroci minuti del D Day spiegano bene il motto della divisione “No mission to difficult, no sacrifice to great”. 1
Bene, a me continua a non calarmi giù che a nessuno a Gela (e non solo) gliene freghi un fico secco di quel maledetto sbarco. Vor-rei quindi provare a convincere i lettori che una notte ventosa del luglio ’43 avvenne qualcosa che meriterebbe d’essere non solo commemorato, ma anche festeggiato, ricordato, discusso, riesumato e spiegato, perché no ogni anno; anche per la gioia dei ristoratori e degli albergatori. Mi chiedo: perché in tutti i luoghi delle grandi battaglie, pure in ogni sperduta isola del Pacifico, ci sono degli enormi monumenti come gli US Memorial e a Gela c’è solo qualche lapide nascosta e una piramidina bianca sul ciglio della statale per Catania? Peraltro, sono legato a quella piramidina da una foto che mi ritrae da piccolo accanto a mio padre che la inaugura accanto a una schiera di militari impettiti.
Saprete bene che Guadalcanal, luogo della famosa battaglia tra Americani e Giapponesi dell’estate ’42, è nelle isole Solomon. Bene, potenza di google (vedi appendice) scopro che in quelle isole 5.300 persone parlano il “Gela”, classificato dagli etnologi come una lingua della famiglia delle lingue polinesiane. Vuoi vedere che gli amministratori locali di Gela possono tentare di fare un gemellaggio con quelli di Guadalcanal parlando in gelese (?)
Ma ritorniamo alla nostra beach: Winston Churchill (il mastino) e Dwight D. Eisenhover (Ike) decidono che Gela e Siracusa siano le prime città europee liberate dal nazifascismo, quindi a testa o croce si dividono i punti di sbarco. Eseguendo gli ordini del gen. Alexander, accanto all’attuale pontile monco di Gela, mettono piede tutti i principali attori della macchina bellica americana, i registi come John Houston arriveranno dopo. Come se tutti avessero deciso di darsi appuntamento a Gela per fare la prova generale del fuoco, prima di tentare lo sbarco in Normandia verso l’ultima tappa, Berlino. Con le prime truppe sbarcano i generali Omar Bradley, Terry Allen, Theodore Roosevelt e last but not least, George Patton, il generale d’acciaio (vedi il film omonimo), il mito americano più conosciuto dopo Marilyn Monroe. Colui che con le sue strategie e tattiche è sta-to il mito di tutti gli alti ufficiali dell’esercito americano, da Mc Namara a Colin Powell, da Gela a Saigon fino a Baghdad.
Nella scelta di Gela contarono in buona parte i soliti fattori geo-politici e geo-strategici: le sue coste si trovavano davanti ai porti africani appena conquistati (dopo sessant’anni sempre a Gela è giunto il nuovo oleodotto libico), Gela era anche equidistante dai porti estremi di rifornimento, il punto mediano del traffico marittimo passante da Suez tra il porto di New York (4.191 miglia) e quello di Bombay (3.978 miglia). Proporrei di porre agli ingressi della città questa frase: Gela, tra New York e Bombay (anzi Mumbai) con le miglia marine.
Un'altra chicca di google: Bombay è la hollywood indiana, nel musical bollywoodiano “Atraaz” la danza principale del film ha un ritornello che fa “Gela-Gela-Gela!” si può pure scaricare come suoneria per il telefonino.

Ma per alcuni la scelta di Gela è stata invece fatta da George Patton che per molti era un pazzo scriteriato infarcito di miti classici che credeva nella reincarnazione, tant’è che a Gela dovette sentirsi nei panni di Dionisio il vecchio o di Himilcone, i due condottieri della battaglia di Gela del 405 a.C. tra siracusani e cartaginesi. Non riesco a valutare a quanti turisti che passano dalla statale che porta ai templi di Agrigento piacerebbe saperlo, ma a me si, vorrei sapere se quegli antichi eserciti si schierarono sulle sponde del fiume Gattano o del Gela. Non ci starebbe bene una targa con una mappa che indica bene i luoghi dell’avvenimento del 405 a.C.?
Patton a West Point aveva forse studiato la battaglia del 405 a.C., pare sia importante quanto quella di Maratona e delle Termopili. Era forse un estimatore di Ippocrate, tiranno di Gela (498/491 a.C.), considerato nei manuali di guerra, insieme al suo comandante e successore Gelone, come uno dei principali strateghi nell’uso della cavalleria. Patton era innamorato della cavalleria di cui divenne il principale innovatore grazie al pieno utilizzo di quella corazzata, con i carri Shermann al posto dei cavalli, poi evoluta nella cavalleria aerea. Ricordate gli elicotteri che distruggono i villaggi Vietcong al ritmo della cavalcata delle valchirie?
Poco più in la nei dintorni del castello di Falconara, dove fino al 1848 risiedeva un tedesco, il conte Wilding, discendente della famiglia Branciforte e all’epoca dei fatti di proprietà dei Chiaramonte Bordonaro, sbarca un altro mito questa volta della cultura con la C, Robert Capa, il grande fotografo del D Day, in assoluto il più famoso reporter di guerra, un affascinante ebreo ungherese morto in Indocina negli anni ’50, dopo tante guerre e molte amanti, tra queste anche Ingrid Bergman, che poi sposerà Rossellini. Giusto per capirci, Capa è pure l’autore dei famosi ritratti di Pablo Picasso, Ernest Hemingway ed Henry Matisse.
Nel frattempo a est di Gela le cose si mettono male e due giorni dopo lo sbarco, la Big Red One quasi deve reimbarcarsi sulle navi sotto la reazione delle truppe corazzate di H. Goering, asso tedesco della guerra, secondo solo a Rommel. Ma all’ordine di arretramento il Gen. Roosevelt risponde: “Why go back to the sea? We just got here. Do you know who those bastards are? The Hermann Goering Division. We beat their asses in North Africa and we're going to do it again!”. 2
La stessa risposta arrivò dal Gen. Terry Allen comandante della Big Red One: “Retreat? Hell, no. They haven't overrun our beach yet”.3
Propongo di porre in evidenza frasi del genere su alcune targhe installate a Gela in piazza Umberto I e nel lungomare, per ricordare che nel ’43 nei suoi dintorni un pugno di pazzi scatenati venne a morire sulle sue spiagge per cambiare la nostra e l’altrui storia. Sarà pure vero come si sta scoprendo dagli archivi che nei giorni dello sbarco per eccessi commessi dai soldati americani morirono centinaia di innocenti civili e tanti militari disarmati e arresi, ma è pure vero che nella prima settimana di sbarco si scontrarono, in un territorio di pochi Km quadrati, centinaia di migliaia di soldati e ne morirono circa 3000 tra gli anglo-americani e altrettanti tra i soldati italo-tedeschi. Nella piana si fronteggiarono centinaia di carri Tiger, Renault e Sherman. Mentre nell’aria volteggiavano aerei Messer-micht e Hurricane, certo non per scambiarsi saluti dagli oblò.
A proposito, può essere mai che nessun imprenditore siciliano è interessato a comprarsi alcuni esemplari di tali residuati bellici per riporli in qualche punto della piana, accanto alla SS 115 o 117 per farne un piccolo “auto grill memorial”? Credo di aver visto tali memorial nei miei giri in Francia e alcuni hanno pure piccoli musei annessi con le salette dove i motociclisti di passaggio giocano a Risiko e i più bravi ad Axis & Allies.

Per chiudere bene, va detto che la guerra non è mai un gioco ne una passeggiata e per capirne gli effetti basta contare le migliaia di croci e leggere sulle lapidi gli anni dei soldati morti. In Sicilia, come in tutta Italia ci sono vari cimiteri militari, uno vicino a Regalbuto in provincia di Enna, altri vicino Siracusa e Catania. Ma anche se qualche pacifista, e io sono stato pure obiettore di coscienza, potrebbe storcere la bocca, va pure detto che la seconda guerra mondiale è oramai da tempo un ambito consolidato della cultura e del consumo di massa, con i suoi film, i suoi gadget, i mercatini di capi di vestiario e di residuati bellici, fotografie, giochi di strategie, libri, fumetti, riviste, video…
A Catania dove gli inglesi sono entrati dopo quasi un mese di scontri al centro “le ciminiere” hanno aperto un museo dello sbarco; l’avete visitato? Io ancora no.
Note
1. “nessuna missione troppo difficile, nessun sacrificio troppo alto”.
2. “Perché dobbiamo tornarcene a mare? Abbiamo appena conquistato la spiaggia. Lo sa chi sono quei bastardi? La divisione Hermann Goering. Li abbiamo sconfitti in Nord Africa e stiamo per farlo di nuovo!”
3. “Ritirata? Al diavolo, no. Non hanno ancora circondato la nostra spiaggia.”


Autore : Giuseppe Clementino

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