1 2 3 4 5
Corriere di Gela | Senza sviluppo o post-sviluppo?
Edizione online del Periodico settimanale di Attualità, Politica, Cultura, Sport a diffusione comprensoriale in edicola ogni sabato
notizia del 21/05/2006 messa in rete alle 17:37:29
Senza sviluppo o post-sviluppo?

“La storia è storia degli uomini, non dei ‘grandi", e quando è possibile arrivare fino alla realtà quotidiana, meglio si decifra il passato, fino a coglierne con senso di immediatezza i problemi, le connessioni con l'oggi”. Così è riassunto l’approccio di Carlo Ginzburg alla ricerca storica in un suo pregevole saggio. Ripenso a Ginzburg rileggendo i tanti articoli pubblicati dal Corriere di Gela, un giornale che cerca di presidiare da solo un originale dibattito a distanza sulla storia e le sorti della nostra città, con vari concittadini, tra cui molti come me “gelesi della diaspora”, che dai quattro angoli del mondo-paese si interrogano sul macro tema “Gela”.
Come un caparbio attaccamento alle sorti del “paese mio che stai sulla collina” che a volte necessariamente assume i contorni di struggenti memorie e tristi rimpianti o di felici intuizioni e analisi. Cittadini di varia estrazione e provenienza che si sforzano di ricordare, capire e segnalare ipotesi di sviluppo, pericoli, errori, indizi da cogliere, miti da sfatare.
Peccato che il “Grande assente”, e qui faccio autocritica, è un’analisi severa che affronti con coraggio lo spinosissimo problema della qualità ambientale e della qualità dei servizi pubblici locali, quasi come se a Gela parlare di beni e servizi collettivi fosse un tabù, una cosa su cui è meglio sorvolare per non deprimersi. Come se immaginando il futuro della nostra città potesse essere sconveniente parlare di qualità dell’aria e dell’acqua, dei rifiuti, di acque reflue e condotte fognarie. Eppure i miasmi organici e inorganici, l’acqua che sa di cloro e che non deterge, l’immondizia bruciata e quant’altro arde per “auto-combustione” condiziona la vita quotidiana di tutti e alimenta le ansie di chi ha l’onere e la responsabilità di amministrare il comprensorio. Pochi amano parlare di queste spiacevoli cose, mentre molti preferiamo le visioni di una città piena di storia, climi e spiagge ideali, turismi possibili, agricolture fiorenti, strade brulicanti di giovani pieni di speranze. Poi torni a casa, dopo mesi o anni, e come (troppo) spesso capita l’aria è pesante, la gola ti raschia e ti viene pure il mal di testa.
Alle soglie dell’importante appuntamento politico costituito dall’insediamento di un nuovo governo regionale, e prima ancora nazionale, mi sembra dunque utile ed opportuno proporre che la redazione del Cor-riere di Gela si faccia promotore della organizzazione di un Forum di discussione e confronto che superi l’episodicità e i limiti della carta stampata o delle pagine web. E qua lo dico subito: Regione, Provincia e Comune, Asi, Ato, Unioncamere… le banche, e finanche la Diocesi, dovrebbero elargire il loro onesto contributo per organizzare questo forum. In cash, poichè con gli alti patrocini non si canta messa.
Ogni anno si dovrebbe organizzare a Gela un forum in cui “opinion & policy maker” si mettono a confronto sui destini delle nostre città e sui temi dello sviluppo. E siccome, come mi disse un sociologo tedesco (direttore di progetti di sviluppo in Centro America finanziati da Nazioni Unite e Ue): “i problemi di Gela, per noi “professionisti del sottosviluppo”, sono emblema di tutti gli errori commessi sulla terra sotto la parola “sviluppo”, il nostro forum potrebbe forse ambire a divenire famoso quanto quello di Porto Alegre o di Davos. E se qualcuno vedendoci discutere a Gela dovesse pensare che siamo dei provinciali, campanilisti e gretti, possiamo istruirlo ricordandogli i saggi e gli interventi di tanti autorevoli “maître a penser” che concordano tutti nel ritenere Gela come un luogo in grado di evocare in chi lo osserva un'idea o un'emozione non necessariamente esplicita ma chiara di cosa vuol dire sottosviluppo.
Gela è dunque emblema delle patologie di tutti i meridioni. Con il forum faremmo capire a tutti che vuole pure diventare un emblema del post-sviluppo, senza aggettivi, che oramai non se ne può più di sviluppi sostenibili, duraturi, auto-propulsivi, etc…
Per capirci, penso ad un evento di tre giorni, anche internazionale, in cui rappresentanti della società civile, Ong, parti economiche e sociali, associazioni e reti di enti locali, imprese e mondo finanziario, si incontrano accanto ai gelesi “al di qua e al di la del faro” in sessioni plenarie e tecniche, titolo del forum: “Gela 2010 – scenari di post sviluppo”. Oppure – tout court – “Gela 2006: scenari senza sviluppo”. Temi:
– Qualità dell’aria, dell’acqua e del cibo – oltre la sopravvivenza; – Sole, vento, traffico e rifiuti - oltre il petrolio;
– Dall’alto o dal basso, dall’interno o dall’esterno: oltre i miracoli e i salti culturali; – Uovo o gallina, vaniglia o cioccolato, ogm o bio, case o servizi, pubblico o privato; – Scelte e opzioni di governo, competenze locali e nuovi saperi;
– Varie ed eventuali
Insomma, come ebbi a dire in un precedente articolo su questo giornale, potremmo anche dalla più disgraziata delle città proporre che non è solo di strade e infrastrutture che abbiamo bisogno, ma anche di un territorio/comunità coesi, sicuri e serviti. Un territorio in cui le idee possono tradursi in innovazione, per l’impresa di qualsiasi tipo e dimensione, e poi di nuovo per la comunità e per lo stesso territorio.
Potremmo convincerci che Gela può divenire un incubatore territoriale per la nascita di nuove imprese e che per farlo vuole coniugare la soluzione dei suoi gravi problemi ambientali, con l’innovazione, la disponibilità di lavoro qualificato e di capitali di rischio. Potremmo affermare che Gela ha l’urgenza di scrollarsi di dosso le attese di altri miracoli, per condividere, innanzitutto al suo interno, una visione che si traduca in alleanze per l’ambiente, per lo sviluppo, per la solidarietà e per la politica.
Potremmo pure spiegare che la permanente difficoltà di città come Gela nell’offrire e promuovere servizi collettivi e nel ga-rantire condizioni generali di concorrenza, è un danno per la competitività dell’intero paese, perché qui più gravi che altrove sono i problemi del dissennato sviluppo italiano. Perché i nostri problemi hanno l'effetto di deprimere la qualità della vita dei cittadini e di accrescere i costi delle imprese. Perché la qualità e quantità dei nostri servizi pubblici locali, negli ambiti dei rifiuti, dell’acqua e dell’aria innanzitutto, come dei trasporti e dell’energia, è un tema centrale per il riposizionamento competitivo del sistema produttivo regionale. E prima ancora, un problema di qualità della vita dei cittadini.
Potremmo infine convincerci che i nostri problemi, in buona compagnia con il resto del paese, sono anche il risultato di precise concause che anche noi abbiamo individuato:
– livello mediamente inadeguato di competenze sia della popolazione adulta, sia dei giovani, che riduce la capacità di trovare occupazione e la capacità degli imprenditori di concettualizzare le proprie intuizioni produttive e di stabilire una proficua relazione con l’innovazione e la ricerca, ovunque essa si produca;
– scarsa innovazione imprenditoriale nei processi, nell’organizzazione, nei prodotti legata certamente a peculiari composizioni settoriali e dimensionali di molte economie locali; – insufficiente o scarsa propensione al rischio, anche delle imprese maggiori e assenza di un “sistema di reti” tra imprese e centri di competenza;
– un mercato dei capitali immaturo e inefficiente e una forte difficoltà a garantire un equilibrio adeguato fra tutela dell'autonomia decisionale di imprenditori e managers e tutela degli interessi collettivi o patrimoniali dei finanziatori, che frenano la crescita delle imprese con capitali di terzi e quindi, di nuovo, l’innovazione e la produttività.
Quattro fattori di freno dello sviluppo complessivo del nostro paese, particolarmente pesanti nel Mezzogiorno e in città come Gela, in cui:
– peggiori che altrove sono la qualità dei servizi collettivi e il livello delle competenze;
– ancora più basso è l'impegno nell’innovazione; più inefficiente il mercato dei capitali. Dunque simili al resto del paese – non diversi – sono i nostri problemi. Ma più grave la loro manifestazione. Come l'effetto di una particolare debolezza del rapporto fiduciario fra Stato e cittadini, accentuato da decenni di errori dell'azione pubblica, che ha generato, da noi più che altrove, un sistema di legalità debole; il radicamento della criminalità organizzata; la stessa percezione negativa dell'area gelese che ne perpetua la scarsa attrattività per persone e capitali. Negli ultimi dieci anni la performance complessiva del Mezzogiorno, seppure su livelli modesti, pare sia stata migliore di quella del Centro-Nord: superiore la crescita del Pil, della produttività, delle esportazioni, degli investimenti privati; in lieve riduzione il divario col Centro-Nord anche in termini di rilevanti servizi a cittadini e imprese. Ma a causa dei fattori prima indicati e delle resistenze incontrate, a Gela, come altrove, tale performance è stata meno brillante, e il nostro ritardo è particolarmente evidente ove si considerino le potenzialità che accomunano la nostra città ad altre del sud in termini di fattori climatici, di risorse artistiche e culturali, di posizione geo-politica.
L'insieme delle tendenze economico-sociali identificate e degli elementi di scenario dovrebbero spingere la politica regionale di sviluppo ad affrontare le cause della crisi di competitività e di sottoutilizzazione delle risorse dell’isola, confermando l'opportunità di incentrare la strategia sull'offerta di servizi ai cittadini e alle imprese, con particolare attenzione alle risorse umane, concorrendo a rafforzare condizioni di concorrenza nei mercati dei capitali e dei servizi di pubblica utilità. Se al centro della nuova politica regionale di sviluppo e coesione del prossimo settennio vi saranno le persone: l’aumento del loro "star bene" sarà l'obiettivo ultimo di ogni intervento. Lo strumento per conseguire questo risultato in modo stabile è l'aumento della competitività delle imprese e dell'intero sistema economico e sociale.
Questi indirizzi poggiano su un corpo crescente di esperienze re-lativo non solo all'Italia, ma anche a paesi europei, asiatici e americani. Esso individua un ruolo rilevante della politica economica nel controbilanciare la tendenza all'apertura dei divari prodotta dall'unificazione dei mercati; indirizza questa politica ad agire attraverso la produzione di beni pubblici; a realizzarla coniugando il momento locale (place based), per promuovere l'intermediazione delle conoscenze necessarie alla produzione di quei beni, con il livello centrale, per sfruttare saperi globali ed esternalità e per dare credibilità al governo dei processi di sviluppo.
La nuova politica regionale può, oggi più che ieri, beneficiare delle esperienze maturate e dei risultati operativi relativi alla governance locale dei trasferimenti delle risorse in un sistema complesso, dove larga parte del patrimonio conoscitivo (su cosa fare e su come fare) risiede presso gli agenti locali (ad esesempio a Gela). Regole certe e meccanismi fiduciari di subdelega fra i livelli di governo possono combinarsi nel dare efficacia alla politica e nel ricostruire un quadro di certezze e di piena legalità ove essa è debole. Questo e quel che recita la nuova strategia 2007-2013 per la programmazione dei fondi strutturali, sulla base delle lezioni scaturite dall'esperienza di politica regionale condotta nel 2000-2006. In sintesi:
– dare centralità all'obiettivo ultimo di migliorare il benessere dei cittadini, per farne il metro del confronto politico e culturale sulla politica regionale; – fissare obiettivi di servizio, per mobilitare su di essi il processo politico di decisione;
– accrescere selettività delle priorità e degli interventi;
– promuovere un ruolo più importante del mercato dei capitali;
– integrare politica ordinaria e politica regionale, affinché gli indirizzi certi, la copertura finanziaria adeguata e la continuità della prima eviti alla seconda di svolgere un ruolo meramente emergenziale;
– tutelare l'aggiuntività della politica regionale, soprattutto isolando gli obiettivi di spesa da interventi emergenziali di finanza pubblica;
– dare dimensione interregionale e extra-nazionale alla programmazione degli interventi. Come dire, rimbocchiamoci le maniche e ritentiamo la sorte nel prossimo settennio. Ma intanto perché il Corriere di Gela non si fa promotore di un bel forum?


Autore : Giuseppe Clementino

» Altri articoli di Giuseppe Clementino
In Edicola
Newsletter
Registrati alla Newsletter Gratuita del Corriere di Gela per ricevere le ultime notizie direttamente sul vostro indirizzo di posta elettronica.

La mia Email è
 
Iscrivimi
cancellami
Cerca
Cerca le notizie nel nostro archivio.

Cerca  
 
 
Informa un Amico Informa un Amico
Stampa la Notizia Stampa la Notizia
Commenta la Notizia Commenta la Notizia
 
㯰yright 2003 - 2025 Corriere di Gela. Tutti i diritti riservati. Powered by venturagiuseppe.it
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120