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notizia del 31/01/2005 messa in rete alle 17:23:33
L’impatto della comunicazione sulle coscienze e sulla vita sociale
Attualità 14 L’impatto della comunicazione sulle coscienze e sulla vita sociale
Non c’è dubbio che la Chiesa ha sempre attenzionato il mondo dei mass-media, riconoscendo quale forte impatto gli strumenti della comunicazione hanno sulle coscienze, e quindi sulla vita sociale, il costume, la politica. Così, nel 1895, alla nascita del cinematografo, Leone XII – il Papa della Rerum Novarum – si faceva fotografare benedicente accanto ad una macchina da presa, mentre quasi un secolo più tardi Paolo VI avrebbe detto: “abbiamo questi importanti mezzi di comunicazione per evangelizzare il mondo. Sarebbe un peccato contro Dio non utilizzarli.”Ed ancora, Giovanni Paolo II sull’Enciclica Redemptoris Missio scrive: “Il primo aeropago del tempo moderno è il mondo della Comunicazione”.
In quest’ottica, anche le chiese locali si sono dotate dei nuovi strumenti di comunicazione (Internet è arrivato anche nei conventi), ed anche nella nostra diocesi funziona da anni un efficiente ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, che anche quest’anno ha organizzato un importante incontro con la stampa, svoltosi lo scorso 22 gennaio e incentrato sulla presentazione del libro Il Direttorio delle comunicazioni sociali, recentemente pubblicato dalla Santa Sede. Relatore, il diacono prof. Pino Grasso, capo ufficio stampa dell’Università di Palermo e direttore delle comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Siciliana.
Ed è in quest’occasione che, poco prima dell’inizio dei lavori, abbiamo incontrato mons. Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina per rivolgergli alcune domande.
– Mons. Pennisi, dal suo insediamento in diocesi, il 3 luglio 2003, ha riservato una crescente attenzione ai mass-media, e questi incontri annuali con i giornalisti – ormai divenuti una felice tradizione – ne sono la conferma.
«Per la verità l’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali già da diversi anni opera con molto impegno, e questo grazie al suo direttore don Giuseppe Rabita, che non lesina energie per rendere sempre più incisivo questo servizio. La Chiesa, come insegna il Papa, ha l’obbligo e il dovere di evangelizzare e portare Cristo al mondo anche attraverso i più moderni mezzi di comunicazione. Per quel che mi riguarda poi, sentendomi anch’io un pò giornalista per avere scritto di tanto in tanto su L’Osservatore Romano e altri giornali cattolici, mi sento vicino alla categoria; per questo sono sempre disponibile ad una proficua collaborazione con la stampa e le televisioni; strumenti attraverso i quali è necessario dare alla gente dei precisi messaggi anche sull’impegno sociale della Chiesa, a sostegno dei bisognosi, dei malati, e anche dei lavoratori laddove ci sono dei problemi da risolvere. In questo senso, vorrei ricordare come proprio a Gela io sono stato molto vicino alle problematiche occupazionali e di sviluppo del petrolchimico, e mi pare che insieme alle istituzioni si siano superate molte difficoltà».
– Negli anni Sessanta, il 50% delle sale cinematografiche in Italia erano parrocchiali, e spesso il cinema lo si vedeva in oratorio. Ha qualche particolare ricordo di quel periodo?
«Certo, a quel tempo le Edizioni Paoline avevano avuto il merito di portare il cinema di qualità nelle parrocchie, e molti cineasti, giornalisti e critici cinematografici si sono formati davvero all’oratorio. Io ricordo con nostalgia le proiezioni che si tenevano al seminario di Caltagirone. E’ lì, che ho visto in prima visione I dieci comandamenti e Ben Hur e ogni volta era sempre un momento emozionante».
– Ma negli anni ‘60, la Chiesa aveva dei grandi comunicatori anche in televisione. Basti ricordare padre Mariano da Torino.
«Padre Mariano da Torino con il suo pace e bene entrò nel cuore di tantissime famiglie italiane, ed è stato il capostipite di tutti i comunicatori cattolici della televisione. I suoi indici d’ascolto erano sempre altissimi. Oggi abbiamo padre Raniero Cantalamessa, che ricorda molto padre Mariano, ma non mancano brillanti cronisti e commentatori cattolici anche fra i laici, per quanto sia oggetivamente difficile lavorare oggi per un operatore della comunicazione al di fuori dei media cattolici, e a volte anche la Chiesa non valorizza abbastanza chi opera in questo settore. C’è però anche un problema oggettivo, ed è quello di formare i nostri operatori della comunicazione, perchè spesso manca una seria e qualificata formazione professionale, senza la quale oggi non si può ambire a ricoprire un ruolo in una redazione giornalistica, un ufficio stampa o una televisione. Ecco perchè, la raccomandazione ai giovani che intendono lavorare nel mondo della comunicazione, e in particolare nei media cattolici è quella di studiare e di conoscere a fondo i problemi della Chiesa, la sua dottrina, ed il suo impegno sociale nel mondo».
Autore : Gianni Virgadaula
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